Perché quando finisce Sanremo ci prende - mannaggia - quella sottile malinconia? È il potere della canzonetta... che ci piaccia o meno. Il momento che in tantissimi attendevano è finalmente arrivato: dopo mesi di anticipazioni, l'addio di Amadeus, notizie, fake news, illazioni e scandaletti vari... si è giunti alla finalissima del festival.

La cinquina fischiata

All'una e mezza, la comunicazione dei cinque finalisti nella manche finale scatena i fischi del pubblico, che non gradisce affatto l'esclusione di Giorgia e Achille Lauro. Per mostrare il suo disappunto li reclama a gran voce... e l'Ariston si riempie dei loro nomi, manco fossimo allo stadio.

Il verdetto: in un poker al maschile vola la "Balorda nostalgia" di Olly

  • 5 - Simone Cristicchi con Quando sarai piccola
  • 4 - Fedez con Battito
  • 3 - Brunori Sas con L'albero delle noci
  • 2 - Lucio Corsi con Volevo essere un duro
  • 1 - Olly vince il 75° Festival di Sanremo con Balorda nostalgia

Cosa resterà di questo Sanremo

Nel bene e nel male si è trattato di un evento che ha tenuto incollati davanti alla televisione milioni e milioni di italiani. Gli stessi che, seduti nelle comode poltrone dell'Ariston o sui divani casalinghi, hanno ballato con Gabry Ponte all'inizio della diretta. Il brano Tutta l'Italia, ne siamo certi, diventerà un vero e proprio inno, da cantare negli stadi, durante i concerti o, più semplicemente, testimonianza di un'edizione memorabile. Il record di ascolti ottenuti allontana ancora di più il ricordo della gestione Amadeus: ora è Carlo Conti l'eroe di Sanremo: un po' vecchio stile, garbato.

Fermo immagine

Nell'album dei ricordi di questa edizione piccoli guizzi, brevissimi e immediatamente smorzati. Bianca Balti, definita «esempio per tante donne», che ci tiene a correggere: «Noi donne siamo sempre di grande esempio per tanti uomini». Il braccio di Katia Follesa che si alza come a fare un certo saluto nostalgico, subito bloccato per poi scoprire che voleva fare solo “No, adoro”. I Duran Duran che cantano, forse un po' criptici: «We got you boys, we got you LGBTQ, we got you girls». Vale LP e Lil Jolie - sulle orme del duo russo t.A.T.u. - che portano sul palco i cartelli «Se io non voglio, tu non puoi», frase poi ripetuta a pappagallo.

Michielin barricadera, Cucciari sarcastica, Mahmood inefficace

E ancora... Francesca Michielin che, al gesto di Conti di dare i fiori a Rkomi dicendo «Così li puoi dare tu a lei», se li prende da sola: «Semmai sono io che li do a lui». La Cucciari che punzecchia Conti: «Quando una donna dice no, è no. Quando un uomo dice no, ricordatevelo, è perché non ce la fa». Mahmood, impacciato durante la conduzione, ci fa salire una macchina nel tempo che ci porta in un futuro pieno di glitch fluidi e meticci durante la sua esibizione. Molto meglio nei suoi panni: che ognuno faccia il suo mestiere, un motto troppo spesso dimenticato.

Tutto cronometrato al secondo

Piccoli strappi colorati in un velo che risulta altrimenti monocromo e uniforme. Il ritorno di Conti non caratterizza il tanto invocato festival della reazione ma, semmai, quello della stazione, dell'assenza di vento, dell'immobilismo. Inspirato al motto gattopardiano "Tutto cambia perché nulla cambi", con l'eliminazione dei monologhi e di tutto quei gesti emozionati e spontanei. Abbiamo assistito ad uno spettacolo completamente cronometrato e scalettato. Nelle serate si è corso velocemente, presentando in rapida successione canzone dopo canzone, per "portare a casa" un risultato che l'Auditel non aveva mai registrato così imponente. Il festival del rigore, della correttezza e della precisione chirurgica.

Un serraglio variegato ma ordinato

Il Festival 2025 sembra un Golem impossibile da abbattere: funziona e fa felici i funzionari Rai, determinando una raccolta pubblicitaria imponente. Bandite le battute politiche ma ben vengano le celebrazioni dei morti, i saluti alle forze dell'ordine, la presenza nello show di bambini prodigio che sembrano dei "piccoli mostri", lanciando pure messaggi edificanti sui “guerrieri” malati o disabili. C'è tempo addirittura per il Santo Padre, forse a sua insaputa. E per Benigni, che risulta essere la fotocopia sbiadita di se stesso, infilato nello spettacolo per promuovere il suo nuovo show su Rai 1.

Come vogliono i poteri forti

A Sanremo 2025 dove tutto è liturgia anche il fashion ridefinisce le regole: i grandi marchi ci sono ancora ed offrono personalizzati percorsi nostalgici, elegantemente sontuosi e brillanti. Un festival verrebbe da dire "governativo" dove, quello che non si capisce, può essere definito - come ha fatto ironicamente Geppi Cucciari - una "supercazzola con scappellamento OVVIAMENTE a destra".