Donne e ’ndrangheta. Donne che si ritrovano boss o donne ribelli che spezzando il muro dell’omertà contribuiscono a disarticolare le organizzazioni criminali. Di questo si è discusso all’Istituto statale commerciale “Antonino Calabretta” di Soverato, scuola in prima linea nell’affermazione della cultura della legalità che nel corso di questi ultimi anni ha ospitato numerose iniziative promosse dall’Osservatorio Falcone Borsellino Scopelliti guidato dal presidente Carlo Mellea. Ospiti del prestigioso istituto soveratese i magistrati Marisa Manzini, sostituto procuratore generale di Catanzaro e prossimo procuratore aggiunto di Cosenza, e Giuseppe Lombardo, pm di punta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.

 

 I due magistrati, che nel corso degli ultimi lustri si sono affermati all’attenzione dell’opinione pubblica come alcune delle più alte espressioni della lotta alla mafia, hanno spiegato agli studenti l’evoluzione del ruolo della donna nell’organizzazione di stampo mafioso calabrese e l’elemento di novità rappresentato dalla ribellione di alcune che ha permesso di avviare un’azione di contrasto ai sodalizi ’ndranghetistici grazie ad un contributo senza precedenti nella storia giudiziaria italiana.