Sta facendo non poco discutere negli ambienti ospedalieri, e non solo, la circolare interna firmata dal direttore sanitario dell’azienda ospedaliera universitaria di Catanzaro, Domenico Perri, che prescrive precise modalità di utilizzo delle divise e di fruizione delle pause. In particolare, si prevede di «indossare la divisa aziendale completa in ogni sua parte, incluse le calzature fornite dal servizio di lavanolo, durante l'intero orario di lavoro. Tale misura è inderogabile – si legge nella nota interna – al fine di garantire i più elevati standard igienico-sanitari all’interno della struttura ospedaliera».

Il direttore sanitario va poi oltre raccomandando «l’importanza di mantenere un abbigliamento e un comportamento dignitoso anche al di fuori dell’orario di lavoro e quando non si indossa la divisa». Infine, il capitolo che riguarda le pause lavorative «consentite, nell’ambito di un orario di lavoro continuativo, dovranno essere concordate preventivamente con il coordinatore o con il responsabile del reparto tenendo in considerazione le necessità operative e la necessità di garantire la continuità assistenziale».

Ciò ha dato la stura alle polemiche. L’Usb Calabria in una nota ha stigmatizzato il contenuto delle prescrizioni definendole «grottesche e orrende». Il sindacato critica la posizione del management aziendale che «si premura di richiamare i lavoratori al rispetto delle divise, pause e al decoro da mantenere anche fuori dall'orario di lavoro» senza prestare attenzione invece al «trattamento riservato ai dipendenti e ai pazienti di questa stessa azienda».

Per l’Usb «orrendi sono i turni massacranti a cui è sottoposto il personale sanitario, costretto a sopperire alle gravi carenze di organico senza alcuna sostituzione per malattia o maternità. Orrendo è vedere donne e uomini, semi nudi nei medesimi ambienti promiscui, ammassati sulle barelle nei corridoi dei reparti, vittime di un sistema che li condanna a condizioni disumane e degradanti.

Orrendo è lo stato dell'osservazione breve intensiva del pronto soccorso, dove i pazienti sono costretti a sostare, ben oltre le 48 ore previste dalla legge, in condizioni inaccettabili nonostante l’eroico sforzo del personale sanitario che si scapicolla per garantire loro cure e privacy con i pochi mezzi messi a disposizione dalla azienda.

Orrendo è che la stragrande maggioranza del personale sia in burnout, vessato da coordinatori e capi dipartimento che impongono ritmi insostenibili senza alcuna tutela. Orrendo è che, dopo due anni dalla costituzione dell'azienda, il pronto soccorso del presidio ospedaliero Mater Domini sia ancora chiuso, lasciando un'intera città priva di un servizio essenziale».

Ancora. «Orrendo è il servizio di lavaggio delle divise (non a tutti garantito), che in molti casi restituisce indumenti rovinati e impone tempi biblici di attesa per la sostituzione. La gestione delle attività assistenziali richiederebbe ben altre priorità – critica il sindacato – e non certo una nota che si spinge a regolamentare la vita privata del personale.

Peraltro, non è certo compito dell'azienda ospedaliera indagare sulla condotta dei propri dipendenti al di fuori dell'orario di lavoro: laddove necessario, esistono gli albi professionali a vigilare sul comportamento deontologico». L’Usb ha chiesto l’immediato ritiro della circolare interna.

Di «pesante ingerenza nella vita privata delle persone» parla invece Elena Bova, ginecologa ed ex dipendete dell’ ex azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio. «Denota non solo abuso di potere, ma una antistorica cultura degna dell’epoca della restaurazione, quando l’obbligo di vestire in un certo modo denotava l’appartenenza alle classi in cui era divisa la società e per le donne rappresentava il controllo sui loro corpi come purtroppo avviene ancora in alcuni paesi dai quali il nostro dovrebbe essere lontano anni luce. Purtroppo evidentemente non è così».