Le associazioni che gestiscono gli istituti hanno annunciato la fine delle attività a gennaio, circa cento i dipendenti che resteranno a casa. Oggi riunione a Palazzo Alvaro per fare il punto della situazione e chiedere maggiore attenzione alle istituzioni
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L'impegno preso lo scorso 13 novembre per i servizi di psichiatria nel territorio reggino non è servito a nulla. Già la scorsa settimana c'era stata una protesta davanti a palazzo Alvaro. Lo storico palazzo di Metrocity ha ospitato oggi pomeriggio un incontro per fare il punto sulla situazione delle cooperative che da gennaio rischiano di chiudere e di lasciare a casa un centinaio di lavoratori e, cosa altrettanto grave, i pazienti che saranno mandati chissà dove.
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A fare una sintesi di quanto accaduto dalla delibera del 2015 che ha bloccato i ricoveri ci pensa Lorenzo Sibio, presidente di Legacoop Calabria. Un discorso che parte dal ruolo fondamentale che le cooperative, dislocate su tutto il territorio, hanno svolto in questo tempo, divenendo modello anche per altre regioni per i servizi di qualità.
Quello che è emerso è «un cavillo giuridico e amministrativo poiché le cooperative sono state considerate miste pubblico (dipendente dalla Direzione sanitaria) e privato sociale. Nel momento in cui è venuto meno il fatto che dovessero essere miste, nel 2015, è nato un tavolo perché transitassero ad un regime di accreditamento per l'esercizio di servizi sanitari di cui è titolare la Regione Calabria. Percorso ostacolato da difetti amministrativi. Poi per la rete territoriale alcune cooperative sono state escluse».
Riunioni con la Regione si sono susseguite a marzo, giugno, l'ultimo incontro, quello che sembrava risolutivo il 13 novembre con l'impegno della Regione che, aggiunge Sibio, «nasce dai 147 utenti ricoverati fuori provincia con una spesa maggiore per l'Asp e che così sarebbero potuti rientrare. La delibera del 2015 ha provocato un danno enorme sociale e umano, con effetto cascata sulle cooperative che dovranno licenziare lavoratori soci. Più di 100 persone in 7 cooperative. Mentre la cooperazione ha garantito un tessuto economico produttivo, ora non possiamo scaricare sul modello cooperativo le responsabilità. Alla Regione si chiede di uscire dal pantano. Sarebbe un peccato per il territorio. È un brutto Natale, ma porteremo avanti la battaglia e il confronto con la Regione, in cui ognuno si prenda le proprie responsabilità».
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Giuseppe Foti di Coolap traccia una linea «per dire basta alla Regione che ci vuole togliere dai piedi e calpesta tutti i diritti. L'Europa chiede di assumere impegno verso le comunità. La Regione capisca che siamo persone e non oggetti. Si pensa che il disagio mentale sia qualcosa di oscuro, ma non è così».
Giuseppe Marra dell'Usb puntualizza in conclusione che «non si è capito il dramma dei pazienti e delle strutture. Il nostro territorio fa parte si una fase storica in cui aumentano le malattie psichiatriche. Ampliare la rete non è un favore da fare alle cooperative, ma serve a garantire i livelli essenziali di assistenza, lo dice l'Asp alla Regione. Eppure siamo qui e a gennaio rischiamo di vedere i pazienti sballottati chissà dove. E forse a gennaio scopriremo quali sono i reali interessi. Le piccole strutture possono dare risposte ai pazienti ma chi ama il business preferirebbe forse qualcosa di più grande. Abbiamo chiesto un incontro urgente in Prefettura, ma non siamo stati convocati. La risposta dalle Regione non può essere il solito ritornello. Non è un problema dei lavoratori ma di tutta la comunità. Rilanciamo l'invito alla Prefettura che è l'unica che può mettere al tavolo gli interessati».