Ancora disagi nel presidio montano di Soveria Mannelli in cui da domani il laboratorio analisi rischia di non essere più attivo per l’utenza esterna. La denuncia è del comitato Pro ospedale del Reventino che ricorda come dopo la scadenza di diversi contratti il 30 aprile scorso non siano state ancora fatte assunzioni.

 

Nel laboratorio sono due i tecnici ai quali non è stato rinnovato il contratto e un’altra unità dovrebbe essere trasferita a Lamezia. «Eppure – fa notare il Comitato - nel piano di riordino dei laboratori Soveria è stato confermato come struttura semplice dipartimentale».

 

«Allo stato il laboratorio dispone di un solo tecnico, se non arrivano altre unità a rendere congruo il servizio da domani sarà quasi certo che le prestazioni verranno erogate solo all’utenza interna, mentre il laboratorio potrebbe decurtare l’orario prestazionale».

 


«Anche la reperibilità in emergenza è stata spostata su Lamezia – continua l’associazione - quindi alcune prestazione diagnostiche del Pronto Soccorso vengono evase attraverso una navetta che porta il sangue nel laboratorio lametino. La cappa del “contenimento /contingentamento” pone il territorio, peraltro ubicato in area disagiata e con forte presenza di popolazione con più di 65 anni, in forte difficoltà, per la disposizione che oramai dura da due mesi».


«L’ospedale limitato nella sua offerta diagnostica sta generando una forte contrapposizione sociale con i bisogni reali delle persone che essendo allocati in aree montane dove rimangono privi di un minimo sostegno in loco, cosa che non accade nelle città ove sono presenti diverse possibilità di cura sia pubbliche, che vedono gli hub operanti a 360° erogando tutte le prestazioni, oltre che disponendo di un’offerta sanitaria privata. Essendo l’ospedale ubicato in area disagiata (come tra l’altro altri tre ospedali presenti nella regione, Acri, San Giovanni in Fiore e Serra San Bruno) e non essendo un Centro Covid, potrebbe in ottica Covid in fase 2, essere riabilitato ad erogare le
funzioni che lo caratterizzavano ante Covid, ovvero fino al mese di marzo, usando – conclude -  le forme di tutela del caso, espletando anche il monitoraggio della temperatura che tra l’altro è già in atto all’entrata principale del nosocomio».