Diverse le segnalazioni ricevute nei giorni scorsi dal Garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Luca Muglia. Si tratta di una serie di emergenze in materia di sanità penitenziaria che richiedono interventi immediati.

«Da alcuni mesi negli istituti penitenziari presenti in Calabria – ha affermato il Garante regionale – si stanno verificando svariati eventi critici riconducibili alla situazione della sanità penitenziaria. Il rafforzamento dell’area sanitaria e Sai della Casa circondariale di Catanzaro, nonché dei reparti di osservazione psichiatrica e Atsm, ha determinato la concentrazione a Siano di molti detenuti con pluripatologie ad elevato impatto assistenziale, provenienti anche dalle altre regioni. L’innegabile potenziamento del modello di medicina penitenziaria attuato a Catanzaro, durante l’ultimo anno – ha evidenziato - non è stato tuttavia accompagnato da azioni altrettanto concrete ed efficaci negli altri territori».

Lo squilibrio «ha riguardato, in particolare, il servizio di psichiatria di cui allo stato dispongono solo pochi istituti penitenziari, in pratica due o tre sui dodici esistenti. Negli ultimi giorni, peraltro, anche la Casa di reclusione di Rossano è rimasta priva dello specialista psichiatra, sebbene la stessa ospiti un numero elevato di detenuti che necessitano di tale figura. Al riguardo il mio Ufficio ha segnalato più volte le sofferenze riscontrate nelle aree sanitarie di quasi tutte le carceri calabresi, indicando come caso paradigmatico quello di Vibo in cui, a fronte dell’assenza del servizio di psichiatria, il 30 % circa dei detenuti è in trattamento con psicofarmaci».

«La contestuale carenza di medici specialisti e di polizia penitenziaria – ha precisato Muglia – genera due fenomeni allarmanti. Da un lato, il corpo di polizia penitenziaria si trova a fronteggiare urgenze medico-sanitarie o crisi di natura psichica, svolgendo compiti e mansioni che non gli appartengono. Dall’altro, i medici penitenziari si trovano ad esercitare le loro funzioni senza che vengano assicurate le condizioni minime di sicurezza, mettendo a rischio l’incolumità personale. Operare in queste condizioni diventa difficile, se non impossibile. Le ricadute sono scontate. I nodi irrisolti sopra citati finiscono per aggravare la condizione dei detenuti e contribuiscono all’incremento esponenziale di atti di autolesionismo e tentativi di suicidio che, non a caso, nella nostra regione si sono moltiplicati a dismisura».

«È indubbio – ha concluso il Garante regionale – che il lavoro avviato dal nuovo dirigente del Dipartimento di tutela della salute, Francesco Lucia, risulta importante. L’Osservatorio permanente e il Tavolo sulla sanità penitenziaria, presieduti dallo stesso, hanno messo in campo un progetto di rimodulazione complessiva della medicina penitenziaria che produrrà certamente buoni frutti. Nel frattempo, però, necessitano interventi urgenti in grado di tamponare le emergenze ed una maggiore sensibilità da parte delle Aziende sanitarie provinciali territorialmente competenti. È indispensabile, nel contempo, che l’Amministrazione Penitenziaria garantisca una maggiore attenzione in termini di adeguamento degli organici di polizia penitenziaria e di sicurezza degli operatori sanitari. Occorre cambiare passo, in caso contrario il sistema rischia seriamente di implodere con gravi conseguenze sotto il profilo del diritto alla cura delle persone detenute».