Liste d'attesa e mobilità al centro del Rapporto sulla salute di Cittadinanzattiva presentato oggi a Roma. La nostra regione è riuscita a ridurre la quota di persone che rinunciano alle prestazioni rispetto al periodo pre-Covid ma i livelli di accesso ai servizi risultano «molto più contenuti» che altrove e la gente continua a scappare
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Non una novità, ma una triste conferma. Quella di una sanità che arranca, soprattutto al Sud. Il Rapporto civico sulla salute presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva dipinge il quadro drammatico, per alcune regioni, legato alla capacità di soddisfare la domanda di cure proveniente dal territorio.
Le liste d'attesa
Le liste d’attesa risultano tra i principali fattori che costringono gli italiani a rinunciare alle cure. Con numeri allarmanti: 1 su 13, in percentuale il 7,6% nel 2023 – anno a cui si riferiscono i dati riportati nell’indagine – con un incremento dello 0,6% rispetto al 2022. Il 4,5% viene scoraggiato proprio dalle liste d’attesa (nel 2022 era il 2,8%).
I dati si riferiscono al 2023 e questi sono i tempi segnalati dai cittadini: per una prima visita oculistica in classe P (programmabile, cioè da eseguire entro 120 giorni) si può aspettare 468 giorni; per una visita di controllo oncologica in classe non determinata si possono attendere 480 giorni; 300 giorni per una visita oculistica di controllo in classe B (breve, da erogare entro 10 gg); 526 giorni per un ecodoppler dei tronchi sovraaortici in classe P; 437 giorni per un intervento di protesi d'anca in classe D (entro 12 mesi), 159 giorni per un intervento per tumore alla prostata in classe B.
La quota di rinuncia è pari al 9% tra le donne e al 6,2% tra gli uomini. Le rinunce, inoltre, aumentano di più al Centro, dove in un anno si è passati dal 7% all'8,8%, e al Sud (dal 6,2% al 7,3%). Al Nord resta stabile il livello del 7,1%.
Ma c'è un aspetto positivo. La Calabria è riuscita a ridurre la quota di persone che rinunciano alle prestazioni rispetto al 2019 (periodo pre-Covid), con una contrazione di tre punti rispetto a una percentuale che superava il 10%, anche se in un contesto che vede «livelli di consumo di servizi sanitari già molto più contenuti rispetto al resto delle regioni».
Rispetto dei tempi d’attesa
Tra gli aspetti analizzati, la capacità dei sistemi sanitari di garantire «tempi di accesso consoni alla classe di priorità e ai bisogni dei cittadini». I dati sono estrapolati dal monitoraggio realizzato da Agenas sui tempi per i ricoveri ospedalieri programmabili con classe di priorità A («ricovero entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti, o comunque da recare grave pregiudizio alla prognosi»). La valutazione riguarda in particolare patologie tumorali e cardiovascolari. Per quel che riguarda queste ultime, la Calabria è tra le 5 regioni con un trend positivo, che cioè mostrano un recupero (+2,54%) rispetto ai tempi di attesa del 2019. La situazione cambia invece nell’area oncologica, con particolare riferimento ai tumori della mammella e della prostata: qui la nostra regione mostra un andamento negativo: -8,34%.
Tempi d’attesa e trasparenza
Dall’indagine di Cittadinanzattiva emerge che solo 9 regioni su 20 forniscono online l’aggiornamento dei tempi di attesa a giugno 2024, tra queste la Calabria assieme a Lazio, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria, Valle D’Aosta, Umbria, Friuli e Alto Adige); la Lombardia e il Piemonte lo fanno soltanto per alcune Asl; le restanti regioni si fermano al massimo a maggio 2024.
La mobilità sanitaria
Niente di nuovo sul fronte della mobilità sanitaria. Le principali regioni attrattive sono in ordine Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto per quanto riguarda i ricoveri ospedalieri; Lombardia, Veneto e Toscana per le visite specialistiche ambulatoriali. Ma in entrambi i casi le regioni in cima alla classifica per il tasso di fuga sono Campania, Calabria e Sicilia.
«Agenas – si legge nel rapporto – ha calcolato un nuovo indicatore per rappresentare la capacità delle strutture sanitarie della regione di riferimento di soddisfare il bisogno di salute dei propri cittadini: l’Indice di Soddisfazione della Domanda Interna (ISDI)».
L’Isdi calcolato sui flussi di mobilità sanitaria nel 2022 mostra che Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana e PA di Trento hanno un punteggio superiore a 1 e dunque sono regioni in grado di soddisfare la domanda interna di cure ma anche di attrarre pazienti da altre regioni. Nella parte opposta della classifica si trovano le regioni del Sud, con la Calabria a occupare il fondo con un punteggio di 0,81, che indica l’incapacità di soddisfare la domanda interna di cure, con la conseguenza della migrazione sanitaria verso altre regioni. Così è per la mobilità ospedaliera, ma il discorso non cambia per quella ambulatoriale, dove varia solo il punteggio (0,93) ma non la posizione occupata nell’elenco.
La prevenzione
Sette le regioni italiane che non raggiungono la sufficienza rispetto ai criteri del Nuovo Sistema di Garanzia dei Lea nell’ambito della prevenzione. I dati più bassi sono rilevati in Calabria assieme a Sicilia, PA di Bolzano, Valle d’Aosta, Sardegna, Molise e Abruzzo.
Per quanto riguarda la spesa sanitaria per la prevenzione, si legge nel rapporto: «Analizzando la spesa italiana per prevenzione in termini pro-capite nel 2021 essa ha registrato un aumento del 15,9% rispetto al 2020 (passando da € 104,7 a € 121,4) e del 30,7% rispetto al 2019 (anno prepandemico, quando la spesa pro-capite era pari a € 92,9). I dati confermano, quindi, il forte aumento della spesa in prevenzione causato, come più volte evidenziato, dall’emergenza sanitaria per Covid-19 (soprattutto in termini di vaccinazione)».
A livello regionale, nel 2021 si è registrato un aumento in tutte le regioni rispetto all’anno precedente, anche se di diversa entità. Così anche rispetto al 2019, tranne che in due regioni: Campania (-11,5%) e la nostra Calabria, dove si è registrata una riduzione del 23,7%.