Pare che quasi nessuno voglia lavorare nella sanità pubblica vibonese. Già nel recente passato altri concorsi avevano fatto registrare una scarsa partecipazione
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L’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia bandisce un concorso pubblico, per titoli ed esami, per sei posti da dirigente medico, ma alla fine, su tredici candidati ammessi alle prove finali, si presentano soltanto in due a sostenere le procedure concorsuali finali e l’Asp è costretta a incassare un altro netto rifiuto da parte dei sanitari specializzati a venire a lavorare a queste latitudini.
I motivi? Molto probabilmente il timore di venire a lavorare in strutture sanitarie che non offrono le necessarie garanzie in termini strutturali e di copertura di personale. A firmare la delibera – che ha chiuso la partita riguardate il suddetto bando pubblico – è stato il commissario straordinario dell’Asp di via Dante Alighieri Maria Bernardi. L’assunzione – va sottolineato – era a tempo indeterminato per la copertura di sei posti da dirigente medico all’interno del reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale civile Jazzolino del capoluogo.
Il concorso per Ortopedia e Traumatologia era stato bandito dalla direzione aziendale nel 2019. Esattamente il 10 gennaio. Inizialmente era per la copertura di cinque posti, ma il 29 maggio del 2020 è stata indetta la riapertura dei termini della procedura concorsuale e i posti messi a bando sono saliti a sei. Con delibera del 15 marzo di quest’anno, poi (modificata il 24 marzo e integrata il 6 maggio), l’Azienda ha proceduto all’ammissione dei candidati ritenuti idonei a partecipare al concorso e, successivamente, lo scorso 29 giugno, è stata nominata la commissione esaminatrice. Infine, il 27 agosto sono stati convocati presso la sede dell’Asp i candidati ammessi all’espletamento delle prove concorsuali.
Ma «nel giorno, nel luogo e nell’ora stabiliti, su tredici candidati ammessi se ne sono presentati semplicemente due», i quali hanno eseguito le relative prove (che hanno superato) in un unico giorno: la commissione ha quindi stilato la graduatoria di merito, ha redatto il verbale, poi approvato dal commissario Bernardi. Ei due sanitari – che sono ancora al quinto anno della scuola di specializzazione – sono stati pertanto assunti a tempo indeterminato. Ieri la firma della delibera da parte del commissario Bernardi che sancisce l’inizio dell’impiego dei due sanitari presso l’Asp vibonese.
Nonostante, dunque, la possibilità di una sistemazione definitiva nel sistema sanitario nazionale, gli altri undici candidati ammessi alle prove hanno preferito disertare l’appuntamento. Rinunciare al posto di lavoro. Una storia, questa dei medici che preferiscono voltare le spalle alla sanità pubblica vibonese, già accaduta di recente: ci riferiamo al bando pubblico per la copertura a tempo determinato di tre posti da dirigente medico nei Pronto soccorso degli ospedali di Vibo Valentia, Serra San Bruno e Tropea. In considerazione, proprio della «scarsa partecipazione» all’ultimo Avviso, il commissario ha dovuto allargare la eventuale partecipazione degli aspiranti candidati, facendo inserire nel bando un ulteriore requisito specifico di partecipazione che, di fatto, ha aperto le porte anche a medici ancora non specializzati.
E poi c’è stato il caso dell’Avviso che prevedeva la copertura a tempo determinato, per un periodo di sei mesi prorogabili, di un posto da dirigente medico nel reparto di Nefrologia e Dialisi sempre dello Jazzolino. Nessun candidato, inserito nella graduatoria, approvata con delibera dal commissario, ha comunicato la propria disponibilità ad accettare l’incarico. Tutti i medici hanno rifiutato.
Da qualche anno, insomma, si assiste all’assoluta difficoltà da parte dell’Asp locale di assumere medici specializzati, in quanto il loro rifiuto è ormai più che documentato dalla storiografia sanitaria di questa provincia. Le conseguenze? Eccone alcune: ospedali del territorio che finiscono in ginocchio e personale medico attualmente in servizio presso le strutture sanitarie del Vibonese costretto, al fine di garantire la copertura del servizio, molte ore di straordinario. E cittadini-utenti che pagano dazio davanti a una sanità che, ancora non contenta, opera tagli lineari, riduce i posti letto, ritarda di mesi le prestazioni sanitarie e costringe, infine, molti pazienti a curarsi fuori provincia. Se non in altre regioni d’Italia.