Il proliferare delle segnalazioni di mancati interventi di soccorso, tra mezzi utilizzati per trasporti secondari, mancanze di medici e infermieri e guardie mediche chiuse, riporta in auge il dibattito sulla prossimità dei servizi di Pronto Soccorso che sarebbero irraggiungibili per una larga fetta di famiglie.

Sul tema, di recente, con una pubblicazione su AgendaDigitale.eu, è stata rilanciata la Telemedicina per «comprimere i tempi di soccorso e di cura», e quindi con l’erogazione di servizi a distanza, consentendo anche «risparmi economici significativi». Una pubblicazione a firma del già assessore regionale Demetrio Naccari Carlizzi e della già assessore comunale reggina Agata Quattrone, che hanno rilanciato uno studio svolto da un team multidisciplinare di P4C – Prepare for Change, composto da ingegneri trasportisti, ingegneri clinici, medici, informatici ed esperti di organizzazione, nel quale si è analizzata, in fase pre-covid-19, la rete SCA-Sindrome Coronarica Acuta della Regione Calabria.

«L’accessibilità dei servizi sanitari si legge nella pubblicazione - deve essere ripensata, grazie alle tecnologie digitali e alla telemedicina, in una connotazione anche immateriale». Il che significa che la Regione è chiamata a definire un proprio modello organizzativo attivando appunto la telemedicina per salvare il sistema sanitario dal collasso garantendo parametri qualitativi dei servizi compensando in qualche modo l’inaccessibilità ai servizi stessi di alcuni territori. «Un fattore decisivo nel management dei sistemi sanitari che può consentire decisivi passi avanti nella costruzione di un modello di sanità digitale predittiva, preventiva, personalizzata e partecipativa».

Lo studio e l’esperienza di Cosenza

Come detto nello studio di P4C si è analizzata in fase pre-covid-19 la rete SCA-Sindrome Coronarica Acuta della Regione Calabria, per effettuare una simulazione dei tempi di risposta della rete assistenziale, per valutarne la qualità e la rispondenza delle reti regionali ai target fissati dal D.M. n.70/2015 e alle linee guida di Cardiologia al fine di garantire rispetto alle patologie tempo-dipendenti omogeneità, adeguatezza, appropriatezza, efficacia, qualità e sicurezza.

Proprio in questo campo viene definito «un caso di successo» l’esperienza di Cosenza. Nelle Asl bruzie infatti è presente un sistema di telecardiologia nella rete dell’emergenza 118 che prevede un cruscotto digitale, l’integrazione, la fornitura e l’installazione di moderne ed avanzate Centrali di monitoraggio e di monitor in tutte le unità di Terapia intensiva cardiologica dell’Asp di Cosenza, la messa in rete con elettrocardiografi di tutti i reparti ospedalieri, di tutte le postazioni Ppi e di tutte le postazioni 118.

«Ciò consente di diagnosticare l’emergenza cardiologica sin dal suo insorgere e favorire la scelta della destinazione del paziente verso la struttura più idonea al trattamento della patologia».

Il risultato? Secondo i fautori dello studio oggi è possibile trasferire il paziente colpito da infarto nella struttura più idonea invece che in quella più vicina, «perché il sistema di telecardiologia operante nell’Asp di Cosenza permette di trasmettere il tracciato Ecg direttamente dall’ambulanza al centro cardiologico competente».

Da tenere in conto è anche il tempo massimo fissato a livello nazionale per l’arrivo dell’ambulanza dalla postazione di emergenza territoriale (Pet) sul luogo, che è di 15 minuti. Mentre in Calabria si alza a 18 minuti.

Scelte manageriali e sistemi efficienti

«La simulazione è stata condotta standardizzando il prelievo del paziente (presso la sede del municipio) per ogni Comune, si è proceduto a confrontare il tragitto che si affronterebbe nel caso di invio all’ospedale più vicino con quello necessario nel caso di SCA e infine con il tragitto diretto all’ospedale idoneo al trattamento emodinamico».

Il punto è che le altre quattro Asp della Calabria sono sprovviste di un sistema di telecardiologia. «Il paziente – si legge ancora - viene trasportato dal luogo di chiamata nella struttura più vicina. Se questa non è dotata di un laboratorio di Emodinamica, il paziente non potrà essere perfuso, se manca anche l’Utic non potrà essere nemmeno trattato in maniera appropriata con trombolisi per poi essere trasferito, secondo le linee guida, entro le due ore per avere una perfusione primaria in un centro di Emodinamica. Data la morfologia della Calabria e in conseguenza del doppio trasferimento i tempi di trattamento si dilatano e ciò potrebbe comportare un danno ulteriore irreparabile e invalidante per il paziente».

Insomma, lo studio ha evidenziato che «sistemi digitali di telemedicina possono ridurre significativamente lo spread negativo in termini di sopravvivenza determinato dalla geografia urbana migliorando così alcuni determinanti delle scelte sociali insediative. L’utilizzo della telecardiologia unito alla scelta manageriale di collocare in tutti gli ospedali spoke laboratori di Emodinamica consentirebbe di rientrare nei parametri di sicurezza per molti comuni oggi fuori target».