«Una decisione tanto logica quanto semplice, figlia di quella concretezza nell’agire che si sta dimostrando e che dev’essere la stella polare cui traguardare nel difficile processo di riorganizzazione della nostra offerta sanitaria». Così Domenico Minniti, anestesista e segretario regionale dell’Aaroi Emac, benedice l’approvazione in Consiglio regionale della legge che prevede incentivi fino a 100 euro all’ora ai medici che decideranno di prestare servizio in pronto soccorso e nei reparti di anestesia e rianimazione.

La legge approvata di recente presenta però vizi e profili di incostituzionalità già evidenziati, prima di essere licenziata dall’assemblea, dall’ufficio legale di Palazzo Campanella. «È evidente che si tratti di una soluzione, anche questa al pari delle altre fin qui proposte, urgente ed imprescindibile – argomenta Minniti in una intervista rilasciata a Quotidiano Sanità – dato che, almeno per alcuni aspetti - e la drammatica carenza di medici nei Dipartimenti d’Emergenza Urgenza ne è il principale - in Calabria sarà necessario, a lume di naso, che trascorrano non meno di sei o sette anni per riportare il sistema verso la normalità».

«Sempre che, naturalmente, il Governo centrale trovi a sua volta soluzioni semplici a quei problemi complessi che gravano su previdenza, programmazione sanitaria e finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale, oltre che sull’anacronistico tetto di spesa per il personale del Pubblico Impiego, inferiore dell’1,4% rispetto a quello del 2004. Oggi, un’autentica follia. E sempre ammesso che si voglia restituire ai cittadini quel modello di Sistema Sanitario che è sempre stato, per qualità ed universalità delle cure, indicato come esempio.

Nel frattempo l’associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani – emergenza ed area critica, organizzazione sindacale di categoria che proprio sui dipartimenti di emergenza urgenza focalizza le proprie attenzioni, plaude a quello che rappresenta un meccanismo dai molteplici feed back positivi: soddisfazione dei pazienti per la contrazione dei tempi chirurgici d’attesa, soddisfazione della regione per la riduzione della migrazione sanitaria e, last but not least, gratificazione dei medici anestesisti rianimatori e dei medici dell’emergenza urgenza che vedono finalmente riconosciuta una rivalutazione della loro elevata professionalità, indecorosamente ferma al CCNL 2002/2005.

Elevata professionalità - fiore all’occhiello del nostro SSN - così come la recente pandemia ha, purtroppo, dato l’opportunità di dimostrare. Ma v’è di più. Con questa misura è probabile si inneschi una virtuosa inversione di rotta nei confronti della fuga dei medici dell’emergenza dal servizio sanitario pubblico. Un’autentica emorragia che sta devastando le altre regioni, interessando in particolare quei giovani professionisti che sono il presente ed il futuro del sistema, e che per fortuna, alle nostre latitudini è ancora, per il momento, limitata alla fase dello stillicidio.

Ed ancora, a latere delle ricadute positive fin qui elencate e considerato che, giusto o sbagliato che sia, viviamo nella logica dell’aziendalizzazione del sistema sanitario nazionale, è fin troppo facile dimostrare come una seduta chirurgica di sei ore, dal costo aggiuntivo di seicento euro e nella quale siano programmati interventi, ad esempio, per D.R.G. dal controvalore totale medio di una ventina di migliaia di euro, si trattengono in regione risorse finanziarie che potranno (dovranno) essere reinvestite nella nostra sanità evitando o almeno contenendo quelle dispersioni dal riparto del Fondo Sanitario, che ci hanno portato ad un piano di rientro da neverending story.

Per i colleghi dei pronto soccorso, la ricaduta è tutta sulla performance di sistema con prevedibile riduzione degli estenuanti carichi di lavoro cui sono sottoposti, a beneficio della qualità del servizio e della diminuzione dei tempi d’attesa al triage, che si traduce in un miglior rapporto con il cittadino-utente ed una potenziale riduzione dei conflitti che non di rado sfociano in episodi di violenza. Manovra che, anche qui, in attesa di maggiori gratificazioni finalizzate al riconoscimento del valore del loro lavoro, è auspicabile possa contenere quella fuga dalle strutture pubbliche a beneficio delle cooperative, ancor più veloce di quella dei medici anestesisti rianimatori dalle sale operatorie e dalle rianimazioni.

A proposito di cooperative, sul cui antieconomico ricorso, a mente del Testo Unico del Pubblico Impiego (D. Lgs. 165/2001 s.m.i.), nutro non pochi dubbi di legittimità, non ho letto, nei mesi scorsi, le medesime contestazioni sollevate, oggi, da alcuni, in Consiglio regionale. Sono anni che, in diverse regioni, previe convenzioni interaziendali ed in assenza di leggi ancorché regionali, vengono corrisposte, per prestazioni aggiuntive, remunerazioni più alte di quelle, ormai anacronistiche e per nulla appetibili contrattualmente previste.

E ci si scandalizza adesso, di fronte ad un simile stato di necessità? Ottima e certamente condivisibile dunque da parte della nostra associazione, la scelta politica. Auspicabile che l’imminente avvio della fase negoziale relativa al rinnovo del CCNL veda anche il prossimo Ministro della Salute e soprattutto quello dell’Economia e delle Finanze orientati a seguire la linea tracciata dal Consiglio regionale della Calabria dato che qui, sì, la situazione è drammatica, ma nel resto d’Italia, soprattutto con chiaro riferimento ai Dipartimenti di Emergenza/Urgenza, è francamente solo di poco meno peggiore alla nostra.

Ed a questo proposito corre l’obbligo proporre un’ultima considerazione relativa a questo delicato settore della sanità pubblica che riguarda l’esodo dei medici dell’emergenza pre-ospedaliera, il 118 per intenderci, che è, ahinoi, massiccio. Occorre con altrettanta estrema sollecitudine rivedere i meccanismi di gratificazione economica, di tutela contrattuale e di crescita professionale che, in atto, sono fortemente limitati se non addirittura assenti. Magari, anche attraverso un loro inquadramento nel pubblico impiego».