Le smentite si rincorrono categoriche ma la paura, in un territorio già falcidiato da oltre dieci anni di tagli sanguinosi, resta. Soprattutto tra i cittadini dei piccoli centri dell’area metropolitana, che quei tagli alla sanità territoriale se li ritroverebbero sulle spalle. La notizia della ventilata (e finora sempre smentita, sia dal commissario Occhiuto che dal management dell’Asp di Reggio) riduzione delle postazioni di guardia medica sul territorio reggino era venuta fuori quest’estate, rimbalzando tra gli amministratori locali e continuando a montare sotto traccia nonostante le continue smentite. Fino al consiglio comunale di lunedì a Palazzo San Giorgio in cui la maggioranza che governa Reggio ha votato un documento con cui si impegna «a opporsi con fermezza alla riduzione di circa la metà del numero di guardie mediche sul territorio».

«Ridurre il numero delle guardie mediche significherebbe lasciare molti pazienti senza neanche la possibilità di ricevere un consiglio. Sarebbe un duro colpo per tanti piccoli comuni che, di notte, quando i medici di famiglia non sono disponibili, rimarrebbero completamente privi di assistenza medica. E poi si costringerebbe l’utenza, anche per cose che non lo richiederebbero, ad ingolfare i pronto soccorso dei nostri ospedali, che sono già in grosse difficoltà». Antonio Comperatore presta servizio nell’ex guardia medica di Portigliola, poco più di mille abitanti appollaiati sulle colline che sovrastano Locri.
In quel piccolo ambulatorio ricavato in uno stabile concesso in comodato d’uso dal Comune, ci lavora con passione da 13 anni, in condizioni che sono andate negli anni sempre peggiorando.

Piccoli e spesso male attrezzati, gli ambulatori delle ex guardie mediche sono circa 70 in tutto il territorio della provincia. Rappresentano il punto di primo contatto medico per i cittadini dei tanti micro paesi della provincia: visite, controlli, qualche piccolo intervento. Sette giorni su sette, un unico turno di lavoro dalle 20 alle 8 del mattino successivo, quattro medici per ambulatorio (uno per turno) che si danno il cambio per fornire prima assistenza. Un servizio che a causa dei tagli orizzontali sulla sanità, negli anni è diventato sempre più essenziale e che, se l’eventualità di una ristrutturazione del servizio si concretizzasse come temuto da molti sindaci del territorio, rischierebbe di venire ridimensionato.

Il problema è sempre lo stesso: la carenza di medici. Già molto grave nelle strutture principali (anche se parzialmente tamponata con l’innesto temporaneo di decine di professionisti cubani nelle piante organiche dei principali nosocomi del territorio reggino) la scarsità di camici bianchi da inserire nelle piante organiche delle guardie mediche diventa ancora più grave a causa di stipendi scarsamente allettanti e condizioni di lavoro sempre più complicate.


«Ho scelto di rimanere in servizio nelle guardie mediche – racconta Antonio Comperatore a LaC News24 davanti al tendone per l’accoglienza ai migranti nel porto di Roccella, dove si occupa di supporto medico nelle fila della Croce Rossa – per passione. Mi occupo di questo da quando ho iniziato a fare il medico e non vorrei fare altro. Da noi non passano grandi emergenze, ma ci siamo sempre quando un bambino si sente male durante la notte o quando un anziano ha bisogno e non può muoversi da casa. Spesso siamo il primo contatto medico del paziente e il nostro lavoro serve anche come filtro indispensabile per ridurre gli ingressi nel pronto soccorso e per l’utilizzo spesso ingiustificato delle ambulanze. Non ho ricevuto comunicazioni ufficiali sulla riduzione delle guardie mediche, ma mi auguro che tutto rientri. Anche perché le guardie mediche, sul bilancio dell’Asp, pesano pochissimo rispetto al servizio che garantiscono».