L’analisi del direttore sanitario dell’Asp bruzia Martino Rizzo rivela tutti i vulnus del servizio sanitario: «Stiamo provvedendo per uniformare i codici con un protocollo ma i problemi sono strutturali». Tutti i numeri degli accessi, ospedale per ospedale
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«Alcuni numeri possono chiarire un fenomeno nazionale e non solo della nostra sanità, altri invece, certificano dei cortocircuiti nell’erogazione del servizio sanitario». Esordisce così Martino Rizzo, direttore sanitario dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, nell’analizzare il flusso di dati provenienti dai pronto soccorso degli spoke finiti al centro di un nostro reportage.
Numeri che dimostrano come la sanità non funzioni soprattutto nella Sibaritide, un territorio con i livelli essenziali di assistenza, la disponibilità di posti letto in base alla popolazione, più bassi d’Europa.
Quei dati certificano il fallimento delle politiche sanitarie attuate nei decenni scorsi – tra chiusure di ospedali, soppressione di reparti e quindi di posti letto, personale imboscato – e sono il riflesso dei pronto soccorso. E se in un pronto soccorso, come quelli dello spoke di Corigliano Rossano – i più attivi della provincia dopo Cosenza – in cui su 40mila prestazioni, 36mila sono codici bianchi e verdi, è evidente che la sanità non funziona. E non funziona a partire dalle fondamenta, dai medici di medicina generale che rinviano pazienti e relativi problemi ai pronto soccorso.
Rizzo, quei numeri li ha psicanalizzati e contestualizzati.
I dati, ospedale per ospedale
«Nel 2024 – rivela il diggì dell’Asp di Cosenza – ci sono stati 197.655 accessi ai pronto soccorso del territorio dell'Asp di Cosenza, di cui 65.000 nell'ospedale dell'Annunziata. Dei restanti 132.584 accessi negli ospedali dell'Asp, bel 78.703, ciò il 59% sono stati codici bianco e verde», e solo «il restante 41% di codici azzurro, arancione e rosso avrebbe dovuto ricevere una risposta nei pronto soccorso, perché reali codici di emergenza-urgenza».
Martino Rizzo fa un distinguo anche sugli ospedali utilizzati: 85.617 pazienti si sono rivolti ai tre spoke dell'Asp di Cosenza (Corigliano Rossano, Paola Cetraro e Castrovillari) 65.000 al pronto soccorso dell’hub di Cosenza, 43.000 circa ai «piccoli» ospedali di Acri, Cariati, Praia a Mare, San Giovanni in Fiore e Trebisacce.
In termini percentuali, il 33,6% dei pazienti si è rivolto all’Annunziata di Cosenza, il 20,4% ai presidi di Corigliano Rossano; il 15,7% negli ospedali di Paola e Cetraro; l’8,0 a Castrovillari, il 5,8 % al presidio di Cariati; il 4,5 % a quello di Trebisacce; il 4,5 % ad Acri, il 3,8% a Praia a Mare e il 3,6% all’ospedale di San Giovanni in Fiore.
Il manager dell’Asp di Cosenza rivela anche gli accessi “medi”, la media giornaliera, nei vari pronto soccorso: 178 a Cosenza, 107 a Corigliano Rossano (56 al Giannettasio, 51 al Compagna), 84 a Paola-Cetraro (43 al San Francesco di Paola, 41 al Iannelli), 43 a Castrovillari, 31 a Cariati, 24 a Trebisacce, 23 ad Acri, 19 a Praia, 18 a San Giovanni in Fiore.
«I problemi sono tanti, ed i numeri sono sicuramente impietosi», per cui, secondo Martino Rizzo, una soluzione che sia «immediata, non c'è».
L’analisi
«La questione – spiega il direttore sanitario dell’Asp di Cosenza – va affrontata con una programmazione sanitaria adeguata, inesistente negli ultimi 15 anni, che preveda il rafforzamento della sanità territoriale, utile a garantire risposte consone ai bisogni. Se avessimo più medici di assistenza primaria, forse alcuni accessi potremmo evitarli, ed anche per questo l’Asp ha bandito un avviso per 60 medici di medicina generale, in alcune aree della provincia carenti o addirittura assenti».
«Anche la carenza di medici del 118 resta un problema, perché gli accessi al pronto soccorso potrebbero essere limitati con la visita domiciliare. Ed anche per questo è stato bandito l'avviso per 75 medici di 118. Arriverà qualcuno? – si chiede Rizzo dopo i risultati piuttosto negati ottenuti in altri concorsi andati pressoché deserti o quasi – Non lo sappiamo, ma la coperta è corta, e se arriva qualche medico di medicina generale che probabilmente proverrà dall'emergenza-emergenza, rischiamo di scoprire altrove».
Rizzo sottolinea anche quanto sia necessario «un percorso post-emergenza, che preveda una netta separazione tra pazienti con problematiche acute, da stabilizzare in reparti ospedalieri, e pazienti cronici, più bisognosi di supporto sociale che sanitario. Ed anche in questo caso aspettiamo la conclusione delle opere previste dal Pnrr».
La questione culturale
Il manager in ambito sanitario dell’Asp di Cosenza, affronta forse il problema dei problemi, la questione culturale. «I pronto soccorso servono esclusivamente per l'emergenza-urgenza, ma questa viene dopo, quando ci saranno adeguate risposte territoriali. Nel contesto attuale, qualsiasi soluzione si adotti ha una funzione tampone, temporanea».
Lo scompenso nei triage
«In effetti questi numeri manifestano un grande scompenso nella classificazione in codici bianchi, verdi, azzurri, arancioni e rossi nei triage degli ospedali. Stiamo tentando di uniformarli anche attraverso l’applicazione di un protocollo».
Insomma, i dati stanno passando al setaccio del management dell’Asp per meglio comprendere come e dove intervenire.
«In alcuni ospedali – spiega Martino Rizzo a LaC News24 – si verifica un accesso di codici di livello elevato come l’azzurro, l’arancione ed il rosso, mentre in altri tendono a diminuire; così come emerge chiaramente che i codici bianchi e verdi sono eccessivi rispetto al numero di accessi: è l’espressione di un inappropriato ricorso ai pronto soccorso».
Secondo Rizzo, però, subentrano anche i margini di errore. «Quando si verificano sovraccarichi di utenti è più plausibile l’errore nella valutazione dei codici di elevata gravità che si tendono a sottovalutare. Il protocollo in fase di studio ci aiuterà a fornire interpretazioni univoche degli accessi e questo lo faremo subito».
Il cortocircuito con la medicina territoriale
Le decine di migliaia di codici bianchi e verdi, ancora, alimentano il cortocircuito con la medicina territoriale. «L’intervento per ridurre il numero dei codici minori è strutturale. Stiamo tentando di intervenire soprattutto sui medici di medicina generale per fungere da filtro ed evitare che i pronto soccorso si trasformino in una valvola di sfogo. In tal senso c’è già un accordo coi medici di base. Nel frattempo, però, siamo in attesa che entrino in funzione le strutture territoriali – case e ospedali di comunità – che dovranno essere il punto di riferimento del servizio sanitario».
Il fenomeno degli abbandoni
Il fenomeno degli abbandoni – i pronto soccorso sfruttati per analisi e esami gratis, da abbandonare prima dei referti conclusivi – «è un caso – ammette Rizzo – che stiamo studiando. Se si abbandona, è evidente che non si ha bisogno delle prestazioni di un pronto soccorso. Per questo ho chiesto di attivare un sistema di pagamento del ticket diretto (come avviene in molte regioni, ndr) anche per disincentivare forme di utilizzo improprio delle strutture ospedaliere».
Altra novità in arrivo è il fast track «per evitare che alcuni codici sostino all’interno dei pronto soccorso. Gli ospedali gestiti dall’Asp di Cosenza si stanno organizzando in maniera tale da evitare la sosta per alcune attività come la pediatria, l’ortopedia e le chirurgie minori, a cui si può accedere direttamente ai reparti, per poi essere trattati e dimessi».
Le responsabilità della politica
«La politica in tutto questo ha delle colpe? Non saprei, ma di certo per quindici anni ha lasciato la sanità in mano a commissari che non hanno fatto granché. Oggi recuperare questo svantaggio è difficile; siamo in un punto in cui non si tratta più di recuperare terreno ma di ricostruire ex novo l’offerta sanitaria, ed è molto difficile, oggi, con la carenza ormai cronica di medici».
...e quelle del sistema universitario
«Certo, ci piacerebbe molto rimpinguare le piante organiche dificitarie, come Anestesia e rianimazione, Nefrologia, Psichiatria, ma non si trovano specialisti, né – è l’amara conclusione di Martino Rizzo – risolveremo a breve, perché dalle università non ne usciranno. Il problema è strutturale e di difficilissima soluzione».