Continua a fare discutere il pestaggio del medico di Lamezia Terme. La Cgil: «Coro di solidarietà piagnucolante». Ferrari dello Smi: «Ipocrita e falso sdegno. Cosa fa chi dovrebbe vigilare?»
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«Solidarietà piagnucolante». Così la segretaria Fp Cgil, Alessandra Baldari, interviene nel dibattito aperto dall’aggressione subita nei giorni scorsi dal primario del pronto soccorso dell’ospedale di Lamezia Terme, percosso da un uomo, parente di una degente, con un manganello.
Insieme a lei anche Franco Grillo, segretario generale Fp Cgil Area Vasta, e Ivan Potente, coordinatore Fp Cgil Medici e dirigenti sanitari Area Vasta.
Critici soprattutto nei confronti della solidarietà espressa a poche ore dall’episodio dal presidente della Regione definito «penoso coro di solidarietà piagnucolante che tutte le (troppe) volte in cui si realizza un’aggressione al personale medico e sanitario, si leva con grancassa da interlocutori vari, eventuali e, spesso, improbabili».
«Grazie presidente!» è la provocazione lanciata. «Cotanto coro, è sostenuto a gran voce anche da chi dovrebbe preoccuparsi ed occuparsi di come far sì che tali dinamiche mai si realizzino, nonché dai tanti soggetti che, a vario titolo, hanno determinato il clima che incombe sui medici e sui sanitari del servizio pubblico» ammonisce la segretaria della Cgil.
«Naturalmente, per la Fp Cgil non può finire qui. Vogliamo continuare ad esser chiari come nostro costume. Partiamo dai dati: quanto emergente dalla raccolta statistica relativa al 2023 parla di 39 aggressioni in Calabria. Il dato è pesantemente sottostimato a nostro avviso».
«Tante sono le aggressioni che gli stessi operatori non denunciano – continuano i sindacalisti – per i motivi più svariati in cui sono da ricomprendere anche tutti quei fenomeni di indebita pressione che il malcapitato subisce “dall’ambiente” in cui vive e lavora; ambiente che consiglia di soprassedere per evitare altri spiacevoli “inconvenienti”.
Qui si innesta il punto cruciale della nostra riflessione. Come siamo arrivati a questo? Chi sono i responsabili di questa delegittimazione della professione medica e sanitaria che hanno tracciato questa via?»
Per la segretaria a monte vi sarebbe anche «l’incapacità politica di riorganizzare legata a filo doppio dalla volontà della stessa di procedere ad una oramai evidente privatizzazione, da tempo, guida il sistema verso un percorso predestinato.
Basterà qui che i calabresi, per non parlare degli italiani, si facciano una semplice domanda: come mai tutte queste star chiamate a dirigere i vari settori dei servizi sanitari regionali hanno generalmente fatto fiasco in modo clamoroso? Forse più che di star trattavasi di comparse?
«Quindi, il geniale percorso di rinnovamento dettato dal nuovo presidentissimo in salsa romana ha provveduto a modificare tale inveterata, drammatica situazione? Nulla fin qui si è visto, a parte le innumerevoli dichiarazioni di difficoltà legate alla dinamiche ereditate, quasi come se non fosse egli a governare la regione da un triennio abbondante.
Vieppiù la malcelata voglia di continuare a dare addosso alla classe medica regionale che, con senso di abnegazione e, visti i fatti attuali, sprezzo del pericolo, tutti i giorni cerca di dare risposte sanitarie ai bisogni dei cittadini. Ci dica, Presidente, la svolta che lei immaginava passava attraverso Sanibook o attraverso le dichiarazioni di presunta maggiore professionalità, teorica e pratica, dei colleghi cubani? Grazie Presidente, ma della sua sterile solidarietà facciamo volentieri a meno!»
Censure anche da Usb Calabria che pur esprimendo solidarietà al medico del pronto soccorso evidenzia come «non si tratta di un caso isolato». Il personale sanitario, in particolare quello infermieristico, «è soggetto a violenze e aggressioni praticamente quotidiane.
Si tratta di una situazione allarmante, che denuncia il fallimento delle politiche repressive messe in campo dal governo, rivelatesi totalmente inefficaci.Nonostante l’introduzione di norme più severe, le aggressioni continuano, segno evidente che non basta inasprire le pene per risolvere il problema».
Per il sindacato è «ora di cambiare approccio. Le politiche repressive devono lasciare il posto a interventi strutturali che mirino alla prevenzione delle aggressioni, partendo dal rafforzamento del sistema sanitario nazionale». Usb sanità Calabria chiede un incremento significativo del personale nei pronto soccorso, con l’obiettivo di ridurre i tempi di attesa e alleviare la tensione dei pazienti e dei loro familiari.
«Solo potenziando l’organico e migliorando le condizioni di lavoro in tutti i presidi sanitari si può evitare che un numero sempre più elevato di pazienti che si acutizzano per le liste di attesa lunghissime finisca al pronto soccorso, spesso già sovraffollato e sotto pressione».
«Oggi tutti si stracciano le vesti, in primis la politica locale, regionale e nazionale con frasi roboanti ma di ipocrita e falso sdegno per il vile attentato all’integrità fisica e psichica del dottor Rosarino Procopio primario ff del pronto soccorso» aggiunge Saverio Ferrari, delegato provinciale Smi per Asp di Catanzaro.
«È andata bene, direi benissimo perché per fortuna le conseguenze fisiche (psichiche non lo so!) sono state modeste essendo riuscito il collega ad evitare in qualche modo le "bastonate" che un delinquente, subito arrestato, ha cercato di infliggergli.
Una vera vergogna che un professionista venga assalito sul posto di lavoro rischiando così addirittura la vita! Il collega Procopio, ripeto a chi fa finta di non capire, ha rischiato seriamente la vita! A Lamezia è stata "la prima volta" ma i segnali ignorati da tutti sono chiari da anni ed anni così come è lampante l'immobilismo di chi dovrebbe agire (politica regionale e nazionale) o di chi dovrebbe stimolare (politica locale) chi di dovere a risolvere tutti i problemi che affliggono la sanità calabrese e lametina in particolare.
Invece assistiamo ad una corsa a far finta di cercare di risolvere i problemi che invece rimangono intatti, anzi peggiorano mese dopo mese! Medici ed infermieri italiani "scappano" dai servizi di frontiera e la politica che fa? Invece di arrestare la loro fuga incentivandoli a rimanere ed a formarsi in queste discipline continua a penalizzarli oppure, e questo è il caso della Calabria, si rivolge a medici di un altro Continente che non hanno risolto nulla visto che nei pronto soccorso calabresi le attese rimangono infinite e compaiono le aggressioni non solo verbali ma anche fisiche e le liste di attesa per le visite specialistiche rimangono chilometriche. Ottimo lavoro».