Grazie alla struttura di prossimità territoriale, nel 98,6% dei casi il paziente non è finito in ospedale mentre si è registrato un aumento esponenziale delle prescrizioni di farmaci antivirali e anticorpi monoclonali
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«Curare i pazienti con covid-19 in un centro di prossimità territoriale rafforza il sistema sanitario regionale, prevenendo l’aumento della pressione sulla rete ospedaliera. Inoltre, le cure precoci – antivirali e anticorpi monoclonali - contro il virus riducono la progressione della malattia e l’ospedalizzazione dei pazienti».
Sono questi i dati di un recente studio, condotto da alcuni ricercatori dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, coordinati dal professor Carlo Torti, ordinario di Malattie infettive e Tropicali della stessa università. Lo studio pubblicato sulla rivista di settore “BMC Infectious Diseases” è stato condotto nell’azienda ospedaliera universitaria Mater Domini di Catanzaro su pazienti con malattia lieve o moderata da covid ed ha coinvolto oltre che il reparto di Malattie Infettive, la Rianimazione, la microbiologia e il laboratorio di analisi.
In particolare, è stato studiato l’impatto di un centro di cura di prossimità territoriale sul numero dei pazienti trattati con cure precoci per il covid 19. In corrispondenza con l’apertura del presidio di ex Villa Bianca, identificata a partire dal 1° marzo 2022 dalla Regione Calabria, su proposta del gruppo tecnico regionale per l’emergenza, quale centro pilota per le cure precoci, è stato registrato un aumento esponenziale delle prescrizioni di questi farmaci.
Il centro ha accolto pazienti provenienti dalla provincia di Catanzaro, ma anche dalle altre provincie: Vibo Valentia, Crotone, Cosenza e Reggio Calabria. In conclusione, i ricercatori hanno dimostrato come un centro di cura territoriale dedicato alla cura del covid, faciliti l’accesso dei pazienti alle cure, migliorando anche la gestione clinica dei pazienti. Il modello adottato all’Università di Catanzaro ha consentito di evitare il ricovero ospedaliero di pazienti da lieve a moderato nel 98,6% dei casi.