VIDEO | Il direttore della Uoc di Oncologia del nosocomio paolano, Gianfranco Filippelli, ha spiegato: «Terapie sempre più efficaci. Dobbiamo però implementare la chirurgia oncologica per ridurre la fuga dei pazienti»
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“Il tumore della mammella e dell’ovaio: nuovi orizzonti nel trattamento medico”, questo il titolo dell’incontro a carattere scientifico che, organizzato dal provider Xenia di Francesca Mazza, con il dottor Gianfranco Filippelli come responsabile scientifico, si è tenuto nella sala convegni del reparto di Oncologia dell’ospedale San Francesco di Paola.
«È un occasione per parlare del tumore della mammella - ha spiegato il dottor Gianfranco Filippelli, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncologia presso il nosocomio paolano - dalla prevenzione alla diagnosi precoce fino alle cure innovative, per quando riguarda le terapie precauzionali del tumore della mammella e anche delle cure palliative cioè delle cure che si mettono in atto quando purtroppo la malattia è in una fase avanzata».
La qualità della sanità locale
«Da questo punto di vista - ha proseguito il camice bianco operante a Paola - sono di ritorno dall'ultimo congresso europeo tenutosi a Berlino, dove i maggiori esperti della materia hanno portato grandissime novità. Le terapie diventano sempre più precise contro il bersaglio, quindi contro la cellula tumorale, la biologia molecolare sta facendo passi da gigante, identifica i target da colpire, per cui oggi fortunatamente in Europa, ma anche in Italia, abbiamo a disposizione dei farmaci sempre più intelligenti che vanno a colpire direttamente le cellule tumorali».
Sul susseguirsi di nuove metodologie operative, il medico è stato chiaro: «ciò che va bene oggi, magari fra sei mesi, sarà implementato, se non addirittura capovolto. Con orgoglio posso dire che presso il reparto di oncologia dell'ospedale di Paola, e quindi dell'Asp di Cosenza, tutte le terapie che si fanno nel mondo, in Europa, si fanno anche qui. Quindi questo è un messaggio di speranza che diamo ai nostri pazienti, perché bisogna recuperare la fiducia e quindi migliorare la reputazione di tutte le strutture sanitarie calabresi e Paola forse è il fiore all'occhiello da questo punto di vista».
«Bisogna venire con fiducia nei reparti di oncologia - ha detto ancora il dottor Filippelli - ma mi permetto anche di estendere a varie eccellenze che ci sono nel nostro territorio che ingiustamente magari vengono trattate male anche dai media, perché quando c'è un caso di mala sanità questo viene amplificato, quando invece c'è tanta buona sanità, ma è normale che sia così, viene sottaciuto e quindi se ne parla poco. L'oncologia calabrese è veramente il fiore all'occhiello della sanità regionale».
Migrazione sanitaria
«Bisogna dare degli stimoli ovviamente alla politica - è l’affondo del luminare - a chi decide, alla struttura commissariale per far sì che possa migliorare anche da altri punti di vista, perché l'oncologia è a 360 gradi. C'è la chirurgia oncologica che noi dobbiamo assolutamente implementare per ridurre questa fuga che c'è, è inutile che ci nascondiamo. Per gli atti chirurgici, i nostri corregionali si fanno seguire da Roma in su. Il Gemelli, come ho letto su un'importante rivista italiana, è diventato l'ospedale calabrese più grande che c'è in Italia. Mi Fa piacere per i colleghi del Gemelli, però non deve essere così. Noi dobbiamo Far crescere le nostre strutture e tra l'altro, come Rete Oncologica, che ho l'onore di coordinare a livello regionale, diamo degli stimoli continui alla struttura commissariale per far sì che questo possa migliorare».
Le terapie
Riguardo l’incontro vero e proprio, dal razionale scientifico predisposto è stato possibile appurare che «le metastasi si localizzano più frequentemente nei tessuti molli (linfonodi e cute). È comunemente accettato che il trattamento antineoplastico con ormonoterapia e/o chemioterapia possa prolungare la sopravvivenza, indurre la regressione tumorale e ridurre i sintomi nella maggior parte dei casi, migliorando la qualità della vita. Tuttavia, le risposte complete hanno una durata limitata».
«È possibile utilizzare più linee terapeutiche con farmaci differenti in successione - ha spiegato , una volta iniziata la lezione, il dottor Filippelli - considerando che le probabilità di regressione tumorale e la durata della risposta diminuiscono con l’evoluzione della malattia. Anche per le recidive esclusivamente locoregionali deve essere adottata una terapia medica antineoplastica; provvedimenti terapeutici locali possono contribuire al controllo della malattia». Alcuni studi indicano che la combinazione di trattamenti locali radicali e terapie mediche può determinare, sebbene in piccole percentuali, una lunga sopravvivenza.
«La scelta tra ormonoterapia e chemioterapia - ha detto ancora il primario - deve basarsi su dati biologici e clinici che definiscano l’aggressività della malattia e predicano la risposta alle terapie, come lo stato recettoriale o gli indici di attività proliferativa del tumore (anche primitivo), l’intervallo libero da malattia tra il trattamento della neoplasia primitiva e la comparsa delle metastasi, il numero e le sedi delle localizzazioni metastatiche. Le pazienti con malattia aggressiva, rapidamente evolutiva e con localizzazioni viscerali (anche al sistema nervoso centrale), indipendentemente dallo stato recettoriale, devono essere trattate con chemioterapia».
Per altri casi, «l’ormonoterapia deve essere considerata per localizzazioni esclusivamente ossee o ai tessuti molli, con lungo intervallo libero e recettori ormonali positivi o sconosciuti, alla luce delle nuove opportunità con gli inibitori delle cicline». La chemioterapia, invece, «deve essere considerata in caso di breve intervallo libero e recettori ormonali negativi, anche quando le localizzazioni siano non viscerali».