«Per me è stato un gesto spontaneo, normale, non pensavo che venisse su un caso, l’ho fatto senza alcun problema perché era giusto». Biagio Salerno, il 63enne che nei giorni scorsi ha donato il rene alla moglie, Concettina Giunta, è davvero meravigliato. Non si aspettava di finire sotto i riflettori per la vicenda che sta facendo emozionare tutta Italia.

 

Lo loro storia parte da Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia, e arriva a Reggio Calabria dove giovedì scorso i due sono stati sottoposti a un delicato intervento chirurgico, eseguito al Grande ospedale metropolitano, che ha permesso di salvare la vita alla sua compagna. La donna, 53 anni, è affetta da policistosi renale, una patologia molto grave che la vedeva costretta ad effettuare la dialisi e a stare sempre male.
«Adesso starò benissimo sapendo che lei starà bene - ci dice Salerno - starà bene anche perché so che potremmo fare una vita tranquilla». Il loro infatti, è stato un vero e proprio calvario iniziato cinque anni fa e trascorsi tra visite specialistiche e la dialisi continua. È stato proprio Biagio ad avere l’idea del trapianto e, una volta accertata la compatibilità del gruppo sanguigno, i due hanno effettuato tutti gli accertamenti perché anche un solo parametro non idoneo poteva far saltare tutto.

«In molti mi dicevano – ci spiega - di andare al Nord o in altri posti, ma noi qua a Reggio ci siamo sempre trovati bene. I medici ci hanno non solo supportato, ma anche “sopportato” perché la paura era tanta. Non ho mai avuto dubbi né ho pensato di tirarmi indietro». Ci vorranno almeno dieci giorni prima che Concettina faccia rientro a casa e Biagio l’aspetta con ansia. La loro è una grande storia di affetto, speranza, di sentimenti, quelli veri e profondi. «Non si tratta solo di amore - ci tiene a precisare - non è solo questo quello che conta, ma conta avere accanto una persona che sta bene e la cui vita adesso sia migliore».

Biagio Salerno ci tiene anche a mandare un messaggio affinché le persone si sensibilizzino sulla donazione tra viventi. «Occorre che tutti sappiano - afferma - che c’è questa possibilità ed occorre farlo se ci sono le condizioni giuste». Biagio poi è anche un esempio per tanti uomini: «Se ci si vuole bene si è una cosa sola».

 

La loro è una storia davvero emozionate. Da giovani erano già fidanzati poi, però, le circostanze della vita li hanno allontanati e Biagio è emigrato per lavorare. Negli anni scorsi fa rientro a Serra San Bruno, apre un’edicola e rincontra la “sua” Concettina. La donna, in quegli anni, si era sposata e aveva perso il marito e poi, a distanza di tempo, l’amore è ritornato fra loro. «Quando starà bene - conclude Biagio Salerno - la porterò a Praga. Anche se a mia moglie non piace viaggiare molto le ho, però promesso che la porterò lì perché è una città bellissima». Adesso la coppia attende di vivere “solo” una vita normale che gli permetta di avere la giusta serenità.

 

Una bella pagina per la sanità reggina

Ci sono voluti tantissimi esami e soprattutto tante attenzioni da parte dei medici affinchè l’intervento riuscisse, ma anche tanta responsabilità, soprattutto etica, per non compromettere la salute del donatore. «Quanto registratosi al Grande ospedale metropolitano- ha dichiarato il commissario straordinario Vittorio Prejanò, non è solo una bella pagina sanitaria, ma è una pagina che si coniuga con un atto di amore, di altruismo all’interno della famiglia. Per questo ospedale non è una eccezione - sottolinea il commissario - perché qui ci sono tante eccellenze, tante prestazioni di eccellenza e questa si inquadra in una condizioni sanitaria che dà più risposte di quante la cittadinanza pensa di avere da questa struttura». 

 

Il trapianto tra viventi: altruismo ed etica professionale

È stato infatti, un percorso lungo e impegnativo che ha riguardato ben due unità operative, ossia quella di “nefrologia, dialisi e trapianto”, diretta dalla professoressa Francesca Mallamaci, e quella di “Urologia e Trapianto Reni”, diretta dal dottor Pietro Cozzupoli. «È stato un grande lavoro di équipe - ci spiega il dottor Cozzupoli - perché il trapianto è un “lavoro” di gruppo che ha riguardato tantissimi medici, non solo i chirurghi, ma anche i nefrologi e poi tutto il personale infermieristico».
Un percorso iniziato tanti mesi fa e che ha analizzato, in ogni campo, le condizioni fisiche dei due pazienti. «Il primo dato che noi analizziamo - continua Cozzupoli - è di essere certi che il donatore non possa aver nessun danno perché dal punto divista etico, morale e sociale, il nostro primo interesse è quello di studiare in maniera completa il paziente. Una volta ottenuta questa certezza, si analizzano le condizioni del paziente da trapiantare e anche in questo caso sono tanti gli studi che effettuiamo affinché tutto vada bene e i risultaii che il Gom ottiene - sempre sul fronte dei trapianti - sono paragonabili ad altri centri italiani ed europei, cosa di cui andiamo fieri».