È stato presentato nella giornata di ieri a Roma, nell’illustre location di Palazzo Madama, Sala Caduti di Nassirya, il neo Comitato del diritto alla Salute Calabria. Una realtà apartitica, che come spiega l’avvocato Graziano Di Natale, nasce per riunire tutte le singole associazioni, nate nei diversi distretti territoriali della Calabria, che hanno come scopo la difesa del diritto alla salute. Al convegno hanno preso parte numerose associazioni, sindaci, rappresentanti di categoria come infermieri, autisti delle ambulanze del 118, senza dimenticare le importanti presenze istituzionali, che hanno abbracciato la causa del Comitato, come il senatore Alfieri e il senatore Irto, con l’ottima moderazione dall’avvocato Francesca Branchicella.

La difesa del diritto alla salute

La locandina dell'evento

«Nato per creare un unico strumento che rappresenti il front office con le istituzioni, a difesa della salute e per la promozione dei servizi sanitari. - sottolinea Di Natale -L’obiettivo è quello di restare uniti per difendere il diritto alla salute» ad avvallare tale dichiarazione, anche la presenza di diversi Sindaci impegnati in prima linea, e che hanno dato una copertura della Calabria da nord a sud, abbracciando tutte quelle Province della Regione impegnate in prima linea nella lotta per il diritto alla salute. «Noi diamo un taglio a questa iniziativa, - continua Di Natale - che non è un’iniziativa politica o partitica, ma è un’iniziativa che mette insieme quanti sono accomunati da un unico problema, che è quello di creare un momento di dibattito forte e difesa sul diritto alla salute».

Gap insanabile 

Un gap insanabile quello della sanità calabrese che da decine e decine di anni ha creato una distanza in negativo con il resto d’Italia, distacco difficile da coprire. Clientelismi, collusioni e Sanità privata che sono andati e vanno ad appannaggio della Sanità pubblica. Il servizio della Sanità calabrese nella graduatoria italiana si posiziona come fanalino di coda nel raggiungimento dei Lea (Livelli essenziali di assistenza).

I viaggi della speranza

La conferenza stampa a Roma

Durante la presentazione del Comitato emerge che, quando si parla di Lea nelle altre regioni si affronta un argomento di natura prevalentemente tecnica che si basa sul raggiungimento di determinati obiettivi legati alla sanità. Quando invece si parla di Lea nelle regioni del centro sud e in particolare in Calabria si parla di un vero e proprio dramma perché i livelli di assistenza sono assolutamente insufficienti, tanto da sottolineare che “Chi non può intraprendere i viaggi della speranza – per curarsi fuori dai con fini regionali – in Calabria muore” e come sottolineato da Robertino Serpa presidente del Comitato difesa e diritto della Salute: «La salute non è un privilegio, ma è un diritto di tutti ricevere le cure».

Viaggi della speranza che vengono intrapresi verso le regioni del centro-nord, alla ricerca di un’offerta sanitaria adeguata e che in molti casi ci affida alle cure di medici che sono figli della nostra terra. Questo sottolinea anche un altro grave gap, quello della migrazione dei medici e operatori sanitari che osserva numerose eccellenze calabre abbandonare la propria terra per vedere riconosciute, in modo adeguato, le proprie professionalità. Professionalità che vantano medici, infermieri, amministrativi, che vengono formati nelle Università calabresi con grande impegno e sudore e che per cattiva gestione del personale, pessima retribuzione e mancanza di tutele, sono costrette a lasciare la Calabria e in alcuni casi anche l’Italia.

Carenza di sanitari

In Calabria all’attivo ci sono 14mila infermieri per coprire il territorio regionale, ma ne mancano altri 3mila a fronte dei 460mila infermieri che coprono tutto il territorio nazionale. Un altro dato preoccupante, emerso durante gli interventi e che ha ricordato diverse inchieste nei confronti di ospedali calabresi, consiste nella mancanza di prevenzione dei tumori. Elemento emerso in un’indagine della Corte dei Conti nel 2021. Rispetto al 2020 le persone che sono state sottoposte a interventi per lo screening tumorale sono poco più dello 0,5%.

Sarà dunque un Comitato per la difesa del diritto alla salute che darà voce a tutti e che si spenderà per il diritto di tutti. Uniti si va lontano e lo racconta anche la voce di Giuseppe Di Bella, delegato autisti del 118, che ha espresso le difficoltà incontrate anche dagli appartenenti alla categoria, che assieme a medici ed infermieri sono un anello fondamentale della catena sanitaria: «Siamo sempre in prima linea e lo siamo stati anche e soprattutto durante il Covid. Siamo quelli che hanno grosse responsabilità nel guidare un'ambulanza. Spesso dobbiamo gareggiare contro il tempo per recuperare minuti importanti, ma non ci limitiamo solo a questo, poiché partecipiamo attivamente ai soccorsi avendo acquisito i titoli e le competenze per farlo».

Così come accorato è stato l’intervento del senatore Irto, che non ha nascosto la preoccupazione e la rabbia per una situazione sanitaria precaria e irragionevole: «La nostra terra ha tanti problemi, ne potremmo elencare tantissimi, ma si parte dalla sanità e oggi purtroppo il dato è drammatico rispetto a tutto il territorio calabrese». E con un palese riferimento alla chiusura di ospedali e reparti, alla caduta del tetto del pronto soccorso di Vibo, inaugurato un anno fa, alla disfunzione logistica, derivata da ambulanze che non arrivano e al problema legato alla mancanza della prevenzione affonda: «E un sistema in tilt e sentir dire, da parte di chi oggi dovrebbe dare delle risposte, va tutto bene è un insulto all'intelligenza e alla dignità dei calabresi».

Curarsi in Calabria

L'iniziativa a Roma

Famiglie che hanno costituito Associazioni perché non potevano fare terapia ai propri figli colpiti da malattie rare e fuori dalla portata di cure specifiche in Calabria. Ad aggravare la situazione arterie stradali che tagliano fuori numerosi Comuni, e i cui abitanti si trovano a dover attendere tra l’ora e l’ora e mezza prima di raggiungere un primo soccorso o un ospedale, neanche si fosse in Afghanistan, dove certi dati sono tristemente realistici. Si parla di un esempio pratico in provincia di Cosenza, dove 15 comuni con oltre 50mila abitanti, ad oggi non solo non hanno l'ospedale, ma condividono una sola guardia medica ogni cinque comuni, senza dimenticare che non hanno medici e non hanno pediatri di base.

Strutture inadeguate, servizi anti incendio non a norma, macchinari vecchi o del tutto mancanti e lì ove vi siano nuovi macchinari, vi è l’impossibilità di utilizzarli h24 per carenza di personale.

Si pensi, come emerso dall’incontro, che solo nel 2000 furono stanziati circa 9 milioni di euro e 12mila mai spesi. Si sono ottenuti macchinari radiologici all'avanguardia, mammografie, tac che vengono utilizzate solo per le urgenze, favorendo le strutture private a discapito della Sanità pubblica. Non sono mancate testimonianze vive, come quella portata da Felice Daniela, facente le veci del presidente Stefania Abbante, dell’Associazione “Sulla strada di Melissa”, che nasce tra i monti della Sila, nella Valle del Savuto, e racconta le difficoltà vissute da questa bambina, dalla famiglia e dai concittadini riuniti attorno al dolore della famiglia per affrontare la sua malattia.

Si è parlato dei numerosi ospedali che rischiano di essere chiusi come quello di Serra San Bruno e per cui è intervenuto Rocco La Rizza del Comitato San Bruno, o come l’Ospedale di San Marco Argentano declassato a poliambulatorio e dove c'è un punto di primo intervento che sulla carta sarebbe aperto h24, ma che dopo le ore 14 non può effettuare una serie di prestazioni perché il laboratorio analisi si chiude.

Associazioni nate singolarmente per tutelare il diritto alla salute, che attraverso questo Comitato, avranno la forza di continuare la lotta insieme, con la speranza che non siano più le parole a “curare” gli animi ma la concretezza con fatti alla mano. Dunque insieme si può, ma bisogna essere compatti e avere le idee chiare.