Nell'ultima puntata della rubrica Tg Salute, in onda ogni martedì all'interno del tg di LaCNews24, grazie ad una convenzione del Dipartimento Scienze Mediche e chirurgiche dell'Università di Catanzaro, lo specialista Davide Bolignano, professore associato di nefrologia, si è soffermato sull'incidenza delle malattie renali, patologie sulle quali c'è ancora scarsa consapevolezza. Il docente, ospite di Rossella Galati, spiega il perché è importante fare prevenzione e in che direzione va l'attività di ricerca dell'ateneo catanzarese.

Incidenza e consapevolezza

Nonostante un italiano su 10 sia affetto da malattie renali, si tratta di un problema di salute pubblica sul quale c’è ancora scarsa conoscenza. È così? «Assolutamente si. Nel mondo circa 800 milioni di persone sono affette da malattie renali, quindi anche a livello globale la stima è di circa 1 persona su 10. Si tratta tuttavia di numeri che sono destinati ad aumentare in maniera esponenziale nei prossimi anni per varie ragioni – spiega Bolignano -. Tra queste, l’invecchiamento della popolazione, l’aumento dell’incidenza globale di patologie quali ipertensione e diabete che frequentemente possono provocare un danno renale e, probabilmente, la scarsa informazione che esiste su questo genere di malattie, soprattutto se paragonate a problematiche più “celebri” quali diabete, cancro o malattie cardiovascolari. A questo va purtroppo aggiunto il fatto che la maggior parte delle malattie renali presenta scarsa o nulla sintomatologia nelle fasi iniziali. Il risultato è che il paziente arriva spesso all’attenzione del nefrologo quando la patologia è già in condizione avanzata e, quindi, con ridotte possibilità terapeutiche».

I rischi legati all'aumento dei casi

Quali sono i rischi e le complicanze delle malattie renali? «Il rischio principale di tutte le malattie renali è rappresentato dalla comparsa della cosiddetta insufficienza renale - sottolinea lo specialista -. Si tratta di una condizione insidiosa in cui le normali funzioni del rene sono progressivamente compromesse fino alla necessità di avviare un trattamento artificiale di supporto rappresentato dall’emodialisi o dalla dialisi peritoneale. Ci sono circa 3 milioni di persone nel mondo che si sottopongono a dialisi cronica per tale motivo e questo numero è destinato a raddoppiare entro i prossimi 10 anni creando un impatto socioeconomico globale non indifferente. La dialisi mantiene in vita i pazienti con malattia renale avanzata, nell’attesa magari di ricevere un trapianto di rene, ma l’artificialità del trattamento aumenta purtroppo anche il rischio di complicanze cardiovascolari, alcune volte fatali. Si stima che nel 2040 le malattie renali avanzate diventeranno la quarta causa di morte nel mondo, superando persino il diabete ed il cancro al polmone».

Tra prevenzione e ricerca

La diagnosi precoce rimane quindi fondamentale. Come si inserisce la vostra attività di ricerca in questo ambito? «Da diversi anni la nostra attività di ricerca, sia in maniera individuale sia nel contesto di collaborazioni multicentriche, si è focalizzata sullo studio di diversi “biomarcatori”. Si tratta di molecole biologicamente attive quali proteine, ormoni o frammenti di materiale cellulare, che analizziamo in vari fluidi biologici come sangue, urine o saliva e che possono essere utili per comprendere meglio il rischio di alcune persone di sviluppare malattie renali o, in chi già ne è affetto, di andare incontro ad un peggioramento della malattia fino alla necessità di avviare la dialisi. Nei soggetti già sottoposti a dialisi, inoltre, alcuni di questi biomarcatori possono aiutarci a prevedere il rischio di complicanze cardiovascolari o, talvolta, di morte. Si tratta di una ricerca con importanti ricadute cliniche che però non sono immediate. Nel frattempo – conclude -, come nefrologi, continuiamo a spenderci per raccomandare ai nostri pazienti la massima aderenza alle prescrizioni terapeutiche, un corretto stile di vita (astensione dal fumo, attività fisica, riduzione del sale nella dieta...), il controllo della pressione arteriosa e dei valori glicemici (per chi è diabetico) e, soprattutto, visite periodiche dal nefrologo».