Nel 2015 la Regione aveva stanziato risorse, spese solo in parte. Mentre nel 2019 la Calabria è risultata inadempiente sulla prevenzione delle patologie oncologiche
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Quasi tre milioni stanziati, poco meno di un milione speso. Il programma screening dimostra ancora una volta vistose lacune che la Calabria paga con il mancato raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza, ma non solo. Il piano per la prevenzione delle patologie oncologiche da anni, infatti, fatica ad ingranare la marcia e al netto degli obiettivi puramente amministrativi a pagarne lo scotto sono i calabresi, impossibilitati ad accedere ad un servizio in alcuni casi salvavita, poiché utile per l'individuazione di tumori in uno stadio ancora precoce.
Calabria inadempiente
E invece l'organizzazione del programma fa acqua da tutte le parti e non da ora. Per anni, ad esempio, si sono patite le difficoltà d'uso di un software costato fior di quattrini ma rivelatosi poco funzionale nella gestione degli inviti. Il sistema prevede infatti che ogni singola azienda sanitaria provinciale organizzi una serie di inviti alla popolazione target a sottoporsi a visite periodiche. Tuttavia, almeno all'esito delle ultime verifiche (2019) la Calabria risulta pesantemente inadempiente al di sotto della soglia della sufficienza. La quota di residenti che hanno effettuato test in programmi organizzati resta inchiodata a 2, mentre dovrebbe raggiungere almeno 9.
I finanziamenti
Fulgido esempio del fallimento nella gestione del programma di prevenzione ne è l'odierna delibera firmata dalla terna commissariale alla guida dell'Asp di Catanzaro che testimonia plasticamente la mancanza di personale, di attrezzature e di tecnologie ma non di denaro. Nel 2015 l'azienda sanitaria provinciale è stata, infatti, destinataria di fondi per l'organizzazione del servizio screening: quasi 3 milioni di euro, 2.818.360 per la precisione. «Solo in parte sono stati utilizzati» recita il provvedimento, ovvero poco meno di un milione di euro: 925mila euro. La restante quota - 1.892mila euro - risulta ancora nelle casse dell'azienda che dichiara oggi la necessità, a distanza di sei anni, di «stornare alcune somme da un obiettivo ad un altro per assicurare le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi previsti dal programma di screening».
Basse adesioni
La delibera, nei fatti, altro non è se non un adegumento delle azioni volte al rafforzamento dei piani richiesto nell'ottobre del 2020 dall'ex commissario ad acta, Saverio Cotticelli, con relativo decreto. In quel provvedimento, intanto, si evidenziava l'ennesimo flop nell'estensione e nell'adesione ai programmi di prevenzione. Nel 2019, nell'ambito dello screening del cancro della cervice uterina, erano stati effettuati 13.493 inviti per Hpv e 57.298 per Pap test, con un’estensione, su base annua, rispettivamente del 12% e del 15% e con un’adesione, su base annua, rispettivamente del 30% e del 32%; per lo screening del cancro della mammella erano stati effettuati 22.574 inviti con un’estensione, su base annua, del 22,94% e un’adesione del 40,70% e, infine, per lo screening del cancro del colon retto erano stati effettuati 32.609 inviti con un’estensione, su base annua, del 17% e un’adesione del 20,3%.
Le criticità, poco o nulla è cambiato
Già nel 2015 però erano state evidenziate «criticità che sottendono la caduta dell’estensione e dell’adesione ai tre programmi di screening»; in estrema sintesi, mancanza di personale specializzato (ostetriche, infermieri, medici e tecnici di radiologia), assenza o obsolescenza delle attrezzature e scarsa organizzazione dei percorsi. Un quadro che, tuttavia, appare immutato ancora oggi se si sfoglia il fabbisogno di risorse umane, strumentali e tecnologiche messo agli atti dall'Asp. Mancano ostetriche e infermieri, mancano tecnici di laboratorio, biologi, ginecologi, medici endoscopisti e per effettuare gli esami radiologici.
Attrezzature, poche e obsolete
Non va meglio se si esaminano i punti dove effettivamente vengono svolti i test: l'Asp, ad esempio, dichiara che su 11 centri prelievo per il pap test e hpv test solo 5 risultano attivi e su 4 centri per l'erogazione delle mammografie solo 1 risulta attivo. Ma soprattutto manca l'attrezzatura: colposcopia con archiviazione digitale delle immagini, laser, aspiratori di fumo, elettrobisturi, ecografi, colonscopi, lavaendoscopi. E la lista è ancora lunga se a tutto ciò si assomma anche la strumentazione da lavoro: pc e stampanti, lettori barcode, stampanti etichettatrici e persino il potenziamento della rete internet e l'adeguamento del software gestionale. Solo quest'ultima integrazione dell'applicativo costerà 100mila euro più iva.