Vivere il dolore, affrontarlo, metabolizzarlo e trasformalo in aiuto verso il prossimo. È quello che ha fatto Danilo Bellantone, professionista di 42 anni della provincia di Cosenza che nel 2016 ha perso la persona più importante della sua vita, la mamma, per colpa di un brutto male. La sclerosi laterale amiotrofica, una grave malattia neurodegenerativa progressiva, è entrata prepotentemente nella loro famiglia come uno tsunami. La diagnosi è arrivata nel maggio 2011: «Mia madre non si è resa conto più di tanto di quello che stava accadendo. È stata colpita dalla malattia in modo molto aggressivo e nel giro di pochi mesi che non ha avito modo di metabolizzare. I primi sintomi sono quelli comuni a tutti: debolezza, fatica nel parlare».

Nel ricordo della mamma

Mamma Antonietta Conti, conosciuta come Antonella, ha trascorso i suoi ultimi 6 anni di vita al Centro Clinico San Vitaliano di Catanzaro, specializzato nell'assistenza alle persone affette da sla. È qui che Danilo ha conosciuto a fondo la malattia, ne ha vissuto le conseguenze e ha visto pian piano spegnersi il sorriso di una donna forte e coraggiosa a soli 64 anni. «La mamma è sempre la mamma. Era una donna fantastica, si è ammalata sei mesi prima di andare in pensione dopo 40 anni di insegnamento. Il suo era un sorriso solare, era una grande donna».

Il coraggio di reagire al dolore

Una donna che ha lasciato il segno, che ha trasmesso a Danilo un grande amore per la vita tanto da dargli la forza di trasformare il dolore e la rabbia in impegno verso gli altri diventando un volontario dell'Aisla, l'associazione che si occupa dei bisogni dei malati e delle loro famiglie per la provincia di Cosenza, che si batte per i diritti di chi deve convivere con una malattia che richiede grandi sforzi fisici ed economici, diventando così un esempio per molti: «Non è facile gestire una malattia del genere perchè lo Stato non c'è, soprattutto in Calabria. Sono patologie complesse che hanno bisogno di tante risorse fisiche, economiche e mentali. Noi abbiamo trovato conforto in questa struttura, unica nel suo genere, ma il problema è che fuori c'è un pò un deserto dal punto di vista dell'assistenza e c'è ancora tanto da fare. Anche io prima ne avevo sentito parlare solo in tv senza immaginare cosa potesse essere realmente.

È qualcosa che sconvolge la vita di chi si ammala e dei familiari. Il fatto che sia successo a noi bisogna accettarlo, nessuno può cambiare le cose ma il sacrificio fatto da mia mamma deve servire a noi per poter dare una mano agli altri. Certo non salveremo il mondo ma l'impegno di alcune persone può fare bene a tanti altri perchè, come diceva Papa Francesco in merito alla pandemia Covid, se una volta passata non saremo migliori di prima avremo sprecato una grande occasione. La stessa cosa vale per la Sla: se dopo che ti è successo non ne uscirai migliore, sarà stato un sacrificio inutile soprattutto per chi non c'è più».