Nemmeno la più grande crisi della storia recente è servita a insegnarci alcunché su autoconservazione e lontananza se puntualmente ci ritroviamo nell’epicentro delle nostre angosce. Tipo traffico, buffet, famiglia, caldo, ospiti, ecomostri social, colazione al sacco, balli, canti, pianti e smania di branco del 15
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Ferragosto, tra i masochismi il più incomprensibile. Me lo ripeto per la milionesima volta mentre dallo spam mi salutano i mostri. Quanto ci mette uno che per caso c’è passato accanto a scoprire il nostro gruppo sanguigno? Un secondo e mezzo (ad agosto solo mezzo). Non c’è scampo al delirio di mezza estate, puoi arrampicarti su vette irraggiungibili che in un attimo i tuoi incubi staranno reclamando 20 euro per quota vino e griglia in un gruppo whatsapp creato appositamente per fornire i tuoi dati ai nuovi stalker di cui sopra.
Eppure social distancing, remoto, didattica a distanza sono i termini più inflazionati degli ultimi anni ma è evidente che nemmeno la più grande crisi della storia recente è servita a insegnarci alcunché su autoconservazione e lontananza se puntualmente ci ritroviamo nell’epicentro delle nostre angosce. Tipo traffico, buffet, famiglia, caldo, ospiti, ecomostri social, colazione al sacco, balli, canti, pianti e smania di branco del 15. Ci siam cascati di nuovo!
Ma sono gli altri o siamo noi il problema? Mi chiedo mentre vivo il conto alla rovescia che mi separa dall’accensione dei forni come una condanna al patibolo ma tipo corpo posseduto da un’entità paranormale assemblo intanto la corte dei miracoli di domani. Siamo criminali seriali, questa la triste realtà. E la feria dedicata ad Augusto è solo uno dei tanti attentati pianificati contro noi stessi per scoprire i nostri limiti e in base a questi programmare i futuri attacchi. Più mirati, più cruenti. Altrimenti non si spiega come mai non abbiamo buttato il telefono, resettato il satellitare e bruciato la sim. Perché stiamo scrivendo una lista della spesa, banchettando coi nostri molestatori e non siamo genuflessi in preghiera nella cella di un monastero isolato.
La verità è che possiamo scappare quanto vogliamo ma non esiste meta abbastanza lontana per fuggire da noi stessi. Lo realizzo con profondo sgomento battendomi il petto per tutto il veleno sputato sugli altri ogni qual volta ultimamente mi sono sentita invasa. Una terra di nessuno calpestata da conquistatori e coloni, una porta girevole attraversata da unni e barbari, un trofeo di caccia per predatori e collezionisti. Per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa!
Sono Icaro che s’avvicina al sole, Tantalo che ruba il fuoco agli dei, io che taggo l’amico del maniaco accanto che in un nanosecondo si materializza in spam per portare a termine la missione di santificare la festa. Perché una festa non può dirsi tale se non giuri a te stessa «l’anno prossimo mai più»!