Un "frantoiano" innamorato della sua terra, nell'alto Crotonese. Il suo uliveto è coltivato per 80% con la Pennulara: una varietà che si vuole risalga ai tempi dell’ abate Gioacchino da Fiore
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Raccontiamo la storia di Peppino Lopez. Ma prima di tutto dell’olearia Sant’Antonio, nell’alto crotonese, un’azienda che ha radici antiche. Peppino Lopez rappresenta la terza generazione della famiglia Lopez (il nonno, il padre ex insegnante della Scuola Agraria di San Giovanni in Fiore). Lavora nel frantoio da quando aveva tredici anni e continua a fare questo mestiere con passione, forza e determinazione. La sua è una storia olivicola-frantoiana lunga circa mezzo secolo.
«Tutto comincia con il mio bisnonno, proprietario degli uliveti in agro ‘Bordò’ del comune di Caccuri, con annesso piccolo frantoio di famiglia (a quei tempi era tradizionale a presse).
Ho sempre vissuto tutto questo con tanta passione- ci dice Peppino- tanto che all'età di 13 anni uscivo da scuola e subito correvo in frantoio per aiutare mio padre, che lo aveva ereditato da mio nonno».
L’uliveto di Peppino Lopez è coltivato per 80% con la Pennulara (il restante è Carolea): una varietà di oliva che si vuole risalga ai tempi dell’ abate Gioacchino da Fiore, intorno al 1200. Ma potrebbe essere arrivata in questa zona con i monaci Basiliani. La sua coltivazione raggiunge una quota altimetrica di circa 700 s.l.m. tra i comuni di Caccuri, Cerenzia, Castelsilano.
Peppino Lopez ricorda: «Il lavoro maggiore lo abbiamo fatto dando un servizio ai clienti del territorio, trasformando le olive per conto terzi, tutto questo fino al 1998 mantenendo il frantoio tradizionale. Successivamente un anno dopo subentro a mio padre creando una società insieme ad un amico, una persona fidata, Loria Giovanni, proprietario anche lui di uliveti sempre nel comune di Caccuri. Da qui il mio primo investimento societario per un frantoio a ciclo continuo e sostituendolo nuovamente nel 2008 con un impianto più grande e a tecnologia più avanzata. Così facendo nasce la prima etichetta dell'azienda, le prime fiere, i primi contatti fuori della nostra regione, per far conoscere il nostro territorio, il nostro Borgo e l'eccellenza che produciamo».
Rispetto a tanti anni fa è molto cambiato il modo di produrre l’olio. E questo Peppino lo sa benissimo: «Un tempo si pensava soltanto ad una maggiore resa in olio, il raccolto dalla pianta incominciava nel mese di gennaio e a fine marzo si era ancora in lavorazione. Certamente le nuove generazioni di produttori e ‘frantoiani’ non hanno vissuto tale periodo, ma per fortuna con il trascorrere degli anni tutto ciò si è evoluto, nei produttori e nei frantoiani, maggiore attenzione alla qualità a discapito della quantità, ed infatti adesso il raccolto lo si incomincia in ottobre con le olive ancora verdi, cariche di sostanze organolettiche e ben fruttato, come la maggior parte dei clienti preferiscono».
Anche il sistema di raccolta oggi e totalmente cambiato. «Sì, si è passati dalla "pertica in legno" agli agevolatori meccanici, così facendo si ha un raccolto meno drastico sui rami giovani della pianta ma molto veloce nei tempi, il trasporto al frantoio viene effettuato con bins di plastica forati (anziché sacchi di plastica ammassati l’uno sull'altro) e subito trasformate in olio presso frantoio moderno, con requisiti igienico sanitari a norma di legge, oltre al rilascio di una certificazione biologica se richiesta dallo stesso cliente».
L’olio calabrese col passare degli anni è sempre più apprezzato sul mercato. Però nonostante questo, c’è ancora poca trasformazione, poche olive poi diventano olio. Eppure le nostre olive vengono acquistate anche da altre regioni. «In Calabria fino a molti anni fa - racconta Peppino Lopez- eravamo etichettati come i produttori di olio lampante. Con il passare degli anni, il cambio di mentalità e le tecniche elencate in precedenza, il nostro prodotto adesso è apprezzato sul mercato nazionale ed internazionale stiamo ottenendo diversi premi di rilievo, ciò significa che ognuno di noi abbiamo intrapreso la strada giusta, anche se nel nostro territorio c'è ancora molto da fare.
Sul fatto che in Calabria ci sia poca trasformazione di olive in olio, non sarei molto d'accordo. Noi siamo la seconda regione per produzione in olio dopo la Puglia, e la prima per numero di frantoi attivi».
Ma c’è un futuro in agricoltura qui in Calabria? Spesso si dubita che un giovane possa fare quello che facevano un tempo i genitori o i nonni. «Se sono rimasto in questa terra, ho seguito la tradizione di famiglia e ho investito molto in questa attività, significa che cI ho creduto, pur con tanti sacrifici. I giovani di oggi non credo possano fare ciò che abbiamo fatto noi quarant'anni fa, tempi e periodi troppo diversi, ma sicuramente ne hanno tutta la capacità di farlo, stando al passo con il progresso, con la tecnologia (e ora in agricoltura c'è ne tantissima) e principalmente con lo studio. Ma come ogni attività da intraprendere, fattore fondamentale è che ci sia tanta passione, senza la quale sarebbe impossibile andare avanti».