Nel PD, siamo al solito teatrino con  all’opera i soliti pupi e pupari. Tutti impegnati in una demenziale resa dei conti tra i protagonisti equamente responsabili del disastro elettorale. Protagonisti un po’ malconci, ingrigiti dal tempo, logorati dalle lotte di potere e di correnti, ma determinati più che mai a tenersi tra le mani il loro “giocattolo partito”, il quale, nel tempo, ha fruttato cariche, seggi parlamentari, carriere e incarichi politici. In Calabria di queste cose sono campioni. Del futuro della sinistra, dello smarrimento di tanti militanti che ancora ci credono, del dolore della disfatta di tanti elettori di sinistra, a costoro, non frega assolutamente niente. Quello che sta avvenendo in queste ore tra Roma e la Calabria è vergognoso.

 

Mi correggo,  forse sarebbe più giusto dire penoso. Comico per altri aspetti. A Roma sono passati dalla demenziale discussione sul segretario reggente (se continua così ci sarà poco da reggere), al ritiro nelle verdi praterie dell’opposizione. Di una riflessione sul perché il popolo abbia abbandonato la sinistra, se non per qualche accenno di facciata, nella discussione non c’è traccia.  Alla fine hanno optato per Maurizio Martina al posto di Matteo Renzi. Il quale ha sentenziato ne’ opposizione ne’ governo, ne’ aderire ne’ sabotare.  Un inno alla chiarezza.  E viene da chiedersi: ma Martina con questo disastro non c’entra niente? Considerato che  Martina è Ministro, vice segretario nazionale del PD, capo corrente dell’area alleata di Renzi? Evidentemente no, visto che lo hanno chiamato a reggere la ricostruzione (o la restaurazione). Infatti, toccherà a lui indagare le cause della sconfitta. Insomma si chiede al becchino di resuscitare il moribondo. Siamo su scherzi a parte? Ma neanche per sogno, siamo a Largo del Nazareno.  Ma restiamo alle nostre latitudini. Magorno si dimette, anzi no, non si dimette, è semplicemente scaduto, tiene a precisare lo stesso ex segretario democrat,  quindi bisognerà celebrare i congressi. Ma i congressi non si possono celebrare perché il segretario reggente, Martina, che in quanto ad energia fa invidia alla  camomilla sedativa, ha chiesto il congelamento  di tutti i segretari regionali, quindi, il rischio è quello di un commissariamento calabrese in attesa che Martina scongeli i congelati. L’ingegneria del rallentamento è in atto. Guccione intanto ha ricominciato a martellare Oliverio, reo a giudizio dell’ex assessore regionale al lavoro,  di essere uno dei responsabili della disfatta elettorale. Chiaramente, Guccione, ha poco da rimproverare a se stesso, e così, da giorni o in prima persona o attraverso le seconde linee spara siluri all’indirizzo dell’asse Oliverio/Adamo/Guglielmelli, i quali hanno ridotto il PD cosentino al 13%. Il fuoco incrociato di Guccione è indirizzato soprattutto su Luigi Guglielmelli che, ad avviso di  Carletto Guccione, potrebbe essere il “delfino” designato  da “Maruzzo e Nicola” a succedere a Ernesto Magorno. Oliverio, dal canto suo, dopo un anno e mezzo di riflessione, forse, si è convinto che sarebbe ora di mettere mano al rimpasto. Evviva, esultano i componenti del suo staff, e forse, sono gli unici ad esultare, anche perché tra i corridoi si vocifera che il Governatore stia pensando seriamente a ricandidarsi.

 

La rapidità governativa di Oliverio, tuttavia, sarà ricordata perché misurata in tempo geologico. E almeno su questo un record è stato battuto. I retroscena si sprecano, ma , forse, siamo all’ultimo sforzo interpretativo: come sarà composta la Giunta Regionale? In un primo momento pare si stesse pensando a una Giunta del “risarcimento”: i migliori perdenti delle politiche al posto dei tecnici (Brunello Censore era già con le valigie in mano, direzione Cittadella). Ma poi sono emersi dubbi, quindi, contrordine, fermi tutti: si opta per altri tecnici. Nuova riflessione, nuovo contrordine, fermi ancora, forse si potrebbe tornare ai Politici,  l’importante che non siano consiglieri regionali.  Troppa tensione. Fermi ancora. Forse sarebbe meglio metà consiglieri regionali e metà tecnici. E così, tra un summit e una cena, tra un porcino della Sila e una grigliata di pesce sulla costa tirrenica,  tra una riunione di capigruppo e di maggioranza, tra un caminetto e una stufa a pellet, le formule si sprecano,  le decisioni stentano si celebra la “rumba” di quel che rimane del potere in salsa democrat in Calabria.

 

E intanto Matteo Salvini atterra a Lamezia, tra una puntatina al Cantagalli di Sambiase e Rosarno, viene accolto da trionfatore in un bagno di folla. Parla di ordine, sicurezza e contro lo sfruttamento dell’immigrazione e promette via la tendopoli di san Ferdinando. La stessa tendopoli che dal 2010, prima Loiero, passando per Scopelliti, fino ad Oliverio non sono riusciti a smantellare. Spende le parole giuste, tocca  temi sentiti e viene applaudito, osannato, coccolato.  E sui social le solite accuse di razzismo o di antimeridionalismo al leader della Lega da parte di qualche temerario militante del Pd e della sinistra, viene ricoperto da una valanga di pernacchie.

E con tutto ciò, come se non bastasse,  la classe dirigente del PD, gli  eredi  della tradizione del PCI e di una parte della DC, invece di preoccuparsi e analizzare seriamente sul perché il capo della lega stia conquistando il cuore dei calabresi, continuano a parlare e fare cose demenziali, prima nell’indignazione e adesso nella più completa indifferenza del popolo calabrese. Solo Ernesto Magorno riesce a sussurrare qualche parola improntata al realismo politico:   “Davvero credono questi signori che quel 18% parli solo di Renzi? O invece non contiene anche il fallimento di un'intera classe dirigente disattenta ai bisogni dei più, incapace di elaborare una visione compiuta del mondo e delle sue nuove dinamiche”, parole sacrosante quelle pronunciate dall’ex segretario del PD calabrese, ma completamente ignorate da capi corrente e capibastone del PD calabrese, i quali, invece, hanno abbassato il capo e si sono tuffati alle loro pratiche, alle loro riunioni, alle loro eterni liti per la difesa dei loro orticelli sempre più piccoli e come sonnambuli vagano nella notte della sinistra,  in un mondo parallelo alla realtà.

Pablo