E senza neanche finire le scorte di farina 00 (ancora, ma siamo lì lì) eccoci arrivati al finale della terza stagione (e speriamo non sia l'ultima). Diventata un piccolo cult, la serie MondoVisione, in poco più di due anni è riuscita a registrare ascolti record tenendo incollati ai divani miliardi di spettatori (e i loro congiunti). La prima stagione era partita decisamente in salita e non aveva convinto, sulle prime, per lo script considerato dalla critica un po’ debole e poco originale.

Solo un regista come Soderbergh, con “Contagion”, era riuscito a riportare sullo schermo in modo fascinoso la storia del virus che mette in ginocchio il mondo. E proprio dal regista di Atlanta gli sceneggiatori di MondoVisione, hanno preso spunto (in alcuni casi al limite del plagio, in qualche scena sembra sia stato usato il medesimo storyboard) per confezionare un’opera che è cresciuta in ritmo e drammaturgia più in fretta del caro benzina di oggi.

La trama della prima stagione (no spoiler)

Ma andiamo con ordine. Siamo nel dicembre del 2019 quando in una città della Cina, Wuhan, un virus fa quello che gli scienziati chiamano “il salto di specie”. Non è ben chiaro come sia accaduto, perché in alcune scene si intravede un laboratorio in cui vengono coltivati virus ad alto grado tossico, in altre un affollato mercato di bestie e insetti, in altre ancora un pipistrello che lecca una vongola che poi finisce in una “mare e monti”. Il regista non indugia troppo sul “come” ma si focalizza sull’effetto domino. E fa bene.

Il contagio tiene sotto scacco gli scienziati di tutto il mondo e soprattutto i Virologi. L’evoluzione di questi protagonisti (rigorosamente attori non professionisti), da semplici medici considerati meno dei geriatri, a ospiti fissi in tv con agente alle spalle e phonata da diretta, è uno degli aspetti più interessanti (e misteriosi) della prima parte della serie che si chiude con un suggestivo collage di strade vuote, balconi pieni e forni sempre accesi.

Medical drama

Con il cambio alla macchina da presa, il nuovo regista (caldeggiato dalla Curia) s’è concentrato sulla parte sanitaria, religiosa (la puntata del Papa a San Pietro è stata la più tweettata) e ultratechno. Menzione d’onore per il montaggio alternato che balla tra le riunioni dei Ceo di aziende che in Borsa hanno investito tutto sui titoli dell’Amuchina all’Aloe, alla guerra di Anonymous ai registri elettronici delle Elementari, fino alle videocall con pigiama sotto e giacca sopra e ai tutorial per fare la pizza con schermata in basso sulle lezioni di biologia molecolare spiegate facili. Questa stagione è uscita trionfalmente dai Bafta agguantando il premio per la migliore colonna sonora con il pezzo interpretato dalla Pausini: "Riparte la Dad".

Il coup de théâtre dei vaccini e le minacce al cast

Il colpo di scena dei vaccini ha ridato linfa in un momento di stallo degli ascolti coincidente con la ripresa della Champions League. I fan si sono divisi tra i pro e i contro, arrivando finanche a minacciare via social gli attori che vestivano i panni dei Virologi, i quali hanno chiesto (e ottenuto) una bella ritoccata al loro cachet per comprare la villa in Toscana. Disordini che hanno fatto il paio con le recriminazioni del servizio catering della troupe che ha preteso l’asporto anche sul set.

Le critiche del Codacons e le pressioni dell’opinione pubblica hanno provocato, in autunno, l’ennesimo cambio al vertice della squadra di scrittura e portato a un finale di stagione aperto alla speranza ma con un piccolo cliffhanger tutt’altro che rassicurante: un uomo biondo di spalle, davanti a una cartina dell’Europa che poggia il dito su un bottone rosso dicendo: «E tanti saluti a Dudù».

La terza apocalittica stagione 

Dunque eccoci alla terza stagione. Non era facile tirare su un’idea vincente che fosse all’altezza della pandemia, ed è stato un rischio aprire un fronte così caldo e complesso come la politica internazionale (con la parentesi Sanremo ancora tiepida). Ma a giudicare dalle prime critiche apparse su Rotten Tomatoes, l’idea del conflitto bellico che spiezza in due Russia e Stati Uniti con in mezzo l’Europa che combatte sul fronte facebook a botte di condivisioni del gatto che graffia il simbolo della Pace, funziona ancora dai tempi di Rocky. Dunque, con arie da ucronia, si viaggia verso un nuovo taglio della serie: si è passati alle tinte fredde da Europa dell’Est, c’è la macchina a spalla al posto delle inquadrature fisse di Conte (sostituito nel finale della prima stagione come un Ridge qualsiasi) e qualche incursione di troppo nelle sottotrame dedicate agli hacker che bloccano le ferrovie neanche si trattasse della Calabria. Si è, infine, arrivati alla carrellata sui salotti televisivi dove un personaggio decisamente ispirato ad Albano, viene invitato come opinionista ed esperto di politica estera. Decisamente un po’ troppo, non fosse per l’apparizione di Salvini pronto a una marcia per la pace in Ucraina, un cameo che ha riportato la serie meno dalle parti di Black Mirror e più da quella di Balle Spaziali.