Dopo “Cast away” l’attore torna a recitare in solitaria con un cane e due robot (tenerissimi) che l’accompagnano fino alla fine del mondo
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Con Tom Hanks abbiamo qualche problema. Nessuno vuole recitare con lui, o meglio, lui vuole recitare da solo. Questa è solo una boutade per parlare di “Finch”, film Apple tv original, in cui l’attore prediletto da Spielberg e Zemeckis, è ancora una volta il protagonista solitario di una favola post-apocalittica.
Tom Hanks balla da solo
Dopo “Cast away” e “The Terminal”, Hanks si cimenta ancora con una narrazione che quasi gira interamente su di lui, dimensione in cui pare trovarsi molto a suo agio.
Diretto da Miguel Sapochnik, che agguantò un Emmy alla regia di uno degli episodi più belli de “Il trono di Spade” (“La battaglia dei bastardi”), “Finch” è il viaggio di un uomo, un ingegnere esperto di robotica, che vive la tragedia di un mondo ormai allo spasimo. Un’eruzione solare ha disintegrato l’atmosfera e i raggi Uv hanno distrutto tutto, uccidendo la maggior parte dell’umanità e della natura. In questa landa desolata Finch, accompagnato da un cagnolino (GoodYear) e due robot (Dewey e Jeff), parte a bordo di un camper in cerca di riparo.
La classica favola del futuro
In questa opera c’è lo zampino dell’amico Robert Zemeckis in veste di produttore, l’uomo che non sbaglia un colpo neppure a mirare alto, e l’aria della favola lo rende un film adatto a tutta la famiglia, una di quelle classiche opere filmiche di cui ogni tanto si sente la mancanza e che alla fine lucidano gli occhi ma senza far male.
«Cast Away è avvenuto per caso – raccontò Hanks nella conferenza a margine delle riprese di “Finch” - ha sempre saputo che il resto del mondo sarebbe andato avanti senza di lui. In Cast Away abbiamo parlato di fuoco, riparo, acqua e cibo. Ma un requisito per vivere è anche la compagnia. Conoscevo tutte le battute di Wilson. Non so cosa stia pensando Goodyear. C’è una diversa inclinazione filosofica qui nel cercare di scoprire cosa c’è là fuori».
Il robot, il miglior amico dell’uomo
In origine il film aveva un altro titolo: “Bios”, e per un soffio le riprese non sono saltate per via del Covid che ha silenziato il mondo dei set per molti mesi. Adesso, dopo un anno e mezzo, il film arriva in televisione per presentare questa bizzarra famiglia in viaggio verso il ponte di san Francisco per lasciare un traccia del loro passaggio e saggiare una briciola di umanità rimasta a sperare in un futuro migliore. Un grande pregio del film è aver regalato il personaggio di Jeff, il robot assemblato da Finch. La sua tenerezza è merito di Caleb Landry Jones, l’attore che grazie agli effetti speciali, è diventato un robot speciale, come non si vedeva dai tempi del Numero 5 di "Corto Circuito" o di Wall-E.
Attraverso gli effetti speciali Jeff è diventato umanizzato fino allo spirito: ingenuo, affezionato, con l’iniziativa di un ragazzo e la delusione di un figlio. Così la macchina è diventata umana e l’umano robot. Ma quel che conta è sempre lo spirito che ci palpita dentro.