Una donna tenace che ha raccontato del suo percorso in questi 500 giorni di conflitto e di come l’immensa sofferenza che l’ha circondata l’ha spinta a diventare cappellano
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Alla guerra non si possono di certo dare accezioni positive, tutti gli strascichi, le conseguenze psicologiche, economiche, umane e sociali creano danni incalcolabili ed enormi divari generazionali difficili da colmare in pochi decenni. Le storie che arrivano dall’Ucraina sono molteplici, i numerosi amici al fronte mi raccontano di perdite incolmabili, di cari amici e nuovi commilitoni diventati come una famiglia, visto che le famiglie alcuni di loro, non le vedono ormai da tempi quasi immemori.
Ma come ogni storia che segue il corso degli eventi, oltre alle tragedie esistono anche storie di “rinascita”, che vengono portate alla luce da chi ogni giorno ne segue gli eventi da vicino. Così Natalya mi chiede di raccontate una bella storia, che secondo molti di loro merita di essere conosciuta. «Questa è la nostra Ucraina, questi siamo noi». Mi scrive su WhatApp e mi mostra la storia di Maryna Serdichenko, una donna partita come volontaria e diventata successivamente cappellano militare per una vocazione umana che ha scoperto in mesi di tragedia, in quello che gli ucraini ormai chiamano “il ground zero”.
Maryna ha raccontato, in un video pubblicato sui media locali, del suo percorso in questi 500 giorni di guerra e di come l’immensa sofferenza che l’ha circondata l’ha spinta a diventare cappellano.
Più di cento i viaggi effettuati come volontaria e con i militari in questo lungo periodo di guerra nei territori ucraini colpiti dalla violenza del fuoco. Nella prima fase dell’offensiva russa, questa splendida donna, è stata occupata come volontaria. Impegnata nell’evacuazione e nell’aiuto ai profughi e a coloro che non potevano fuggire, ha poi saggiato sulla propria pelle le conseguenze psicologiche inflitte dal conflitto, decidendo di alleviare anche in altro modo le sofferenze di chi è rimasto.
Al quotidiano TSN, Maryna Serdichenko racconta come sia diventata cappellano della Chiesa ortodossa militare da sei mesi. Il tutto, nato dal desiderio di aiutare psicologicamente i soldati. Una semplice donna di Odessa, che da direttrice di una scuola parrocchiale ed educatrice di molti bambini è diventata membro del Corpo dei Cappellani Militari dell'Ucraina.
«Mi chiamo Maryna, sono un cappellano militare. Vado molto spesso in posti non facili e di certo poco calmi. Dove vado io c’è ‘frastuono’, chiasso, dove vado io si sparano bombe e si vedono lacrime e disperazione».
Una donna tenace, poiché nonostante il lavoro che svolge sia provante riesce anche a trovare il tempo di comunicare con i numerosi migranti della guerra e durante le brevi pause che intercorrono con le missioni al fronte riesce anche ad organizzare e gestire la raccolta di beni umanitari.
Dalla primavera del 2022 Marina, insieme ad altri volontari, ha consegnato quasi 1.300 tonnellate di aiuti alimentari ai distretti in prima linea, portando lei stessa, nelle zone definite rosse i beni di prima necessità, riuscendo anche a contribuire all’evacuazione di persone a rischio. Ma questo iniziava a sembrarle poco e umanamente parlando ha sentito di dover fare di più per tutta quella sofferenza che avvertiva e vedeva attorno a se, così sei mesi fa ha capito che avrebbe potuto fare altro.
«Tra i militari, che lavorano direttamente a ground zero, c'è sempre una parola gentile, sempre supporto, sempre occhi luminosi. Come Cappellano possono fornire più aiuto umano oltre a quella di quella per una lattina di stufato. Inoltre il supporto spirituale è molto importante per una persona, perché – in questa guerra Maryna ha compreso che - ci sono molti ospedali per curare le ferite fisiche ma, purtroppo, non vi sono cure per quelle dell'anima».
Il marito di Maryna serve come vescovo nella chiesa di Odessa e non sorprende che sua moglie sia diventata cappellano militare. Da tempo desiderava aiutare psicologicamente i militari al fronte e nonostante il suo ruolo sia difficile, in quanto anche donna, lei non molla.
Il marito Denys Serdichenko ha dichiarato: «Bisogna circondarli di bene, bisogna dire le parole giuste e parlare con loro in modo materno. Quando Maryna ha detto che voleva diventare cappellano ero felice». Nei pericolosi viaggi di lavoro, il marito cerca di accompagnarla sempre, ma se non ci riesce lei è “protetta” dal suo elmo corazzato con una croce. Nella vita civile, questa splendida donna ha conseguito un master in ecologia alimentare e uno in gestione delle attività educative oltre a gestire la scuola parrocchiale. Suona professionalmente diversi strumenti musicali ed è madre di tre figli. A causa dei suoi lunghi spostamenti al fronte, non vede i figli da parecchio tempo, ma la sua missione oggi è servire la patria.
Parlando fluentemente quattro lingue collabora anche con una fondazione di beneficienza e si occupa di coadiuvare il lavoro con i donatori ed i partner stranieri. A suo dire questa Fondazione sarebbe già pronta a stanziare denaro per la ricostruzione delle terre distrutte dai russi, affermando come tutti sperino in una vittoria e già si proiettino in un imminente futuro fatto di ricostruzione e pace.