Bakhmut come già scritto in passato è sempre stata un’arteria di collegamenti importanti e sin dall’inizio è stata presa di mira dall’offensiva russa. La controffensiva ucraina ha respinto sin dal primo periodo della guerra i cruenti attacchi sulla strada che veniva definita “della vita”. Ad oggi le condizioni di combattimento sono cambiate e sono diventate più cruente. La Wagner PMC continua ad avanzare a Bakhmut. Secondo Denis Pushilin, capo dell'annessa DPR, e dell'American Institute for the Study of War (ISW), le truppe russe controllano oltre il 75% della città, quasi tutto il suo territorio, ad eccezione della periferia occidentale.

In un report del 12 aprile, nel nord-ovest, la PMC avanzava verso Khromovo, attraverso il quale passa la principale “strada della vita”, che collega la guarnigione a ovest di Bakhmut ancora sotto il controllo delle autorità di Kyiv/Kiev e dove le forze armate ucraine sembrano aver respinto gli attacchi rivolti a nord di Khromovo.

La resistenza dei residenti nella città di Avdiivka

I locali vivono in guerra costante da 415 giorni, la vita è stata stravolta da cambiamenti e distruzione e da un qualcosa di completamente inimmaginabile nel XXI secolo. La guerra fa paura, ma alla fine ci si abitua a tutto anche al conflitto, così come ci si abitua all’idea che domani ci si potrebbe non svegliare più.

All’inizio si fuggiva per paura di morire, si andava via con la speranza che ci fosse una guerra “lampo” e con l’auspicio di tornare in dietro e trovare ancora qualcosa che si legasse a delle radici, come una casa, ma oggi la triste realtà ha preso il sopravvento e chi si aggrappava (in occidente) alla assurda idea che in questa primavera tutto sarebbe finito è stato deluso. Ricordo che già a luglio di un anno fa i locali parlavano di almeno 2 anni di guerra e di una battaglia di logoramento e fino ad ora le previsioni non sono state disattese. Così in continuo contatto con militari volontari al fronte apprendo che la stanchezza la fa da padrone, ma che non si ha alcuna intenzione di mollare.

Avdiivka è una città in prima linea situata a sud di Bakhmut e a circa 20 chilometri dal Donetsk. A marzo, le autorità locali hanno annunciato l'inizio dell'evacuazione. Dall'inizio della guerra su vasta scala, Avdiivka è stata costantemente bombardata, secondo il capo dell'amministrazione militare-civile della città, Vitaliy Barabash, non sono sopravvissuti edifici, ma rsti di palazzi e case ancora abitati.

Anche se Avdiivka è regolarmente soggetta ad attacchi aerei, in città rimangono circa 1,8mila abitanti (prima dell'invasione vi vivevano circa 32,5mila persone). Le autorità ucraine devono costantemente affrontare il fatto che coloro che resistono si rifiutano di evacuare. Oleksandra Gavrilko, la portavoce della polizia della regione di Donetsk, ha raccontato a TCH.ua del salvataggio di una famiglia con due bambini e una nonna, che in precedenza si era nascosta dall'evacuazione per sei mesi.

“C'è stato un caso in cui un bambino di cinque mesi è morto a causa del bombardamento del luogo dove era nascosto. Il giorno prima - continua la portavoce - abbiamo cercato di convincere la madre di questo bambino ad evacuare, ma lei si è rifiutata. A causa del bombardamento il bambino e la nonna sono morti e la mamma e il papà sono sopravvissuti”. Ma racconti del genere non sono isolati, difatti sempre la portavoce Gavrilko parla di un’altra donna che si era rifiutata di lasciare la casa perché era in costruzione e probabilmente vedendola in quelle condizioni nessuno avrebbe pensato di attaccarla. Ma l’artiglieria e le bombe hanno un solo obiettivo, colpire. La decisione della donna era stata irremovibile e il giorno dopo il suo bambino è morto nell’attacco subito.

Ad Avdiivka, tra l'altro, è in corso l'evacuazione forzata dei bambini assieme a parenti e alcuni genitori. Secondo la polizia ucraina della regione del Donetsk alcuni nascondono i propri figli e cambiano deliberatamente il loro luogo di residenza per non andare via. L’idea di fuggire, così come mi raccontavano sul treno verso Kyiv le donne che stavano rientrando a Chernihiv, non era più pensabile. “In Europa ci hanno trattato benissimo, ma noi qui abbiamo le nostre radici, quello che resta delle nostre case e abbiamo i nostri affetti”. La figlia mi diceva “Io devo tornare a prendere il mio diploma, voglio iscrivermi all’università. Se resto via perderò tempo” e così come mi raccontava Anastasia “Anche se non avremo più una casa troveremo chi amiamo e ricostruiremo con loro”.