Calabria non più governabile: commissariatela e non chiedete il voto ai cittadini

Anche questa legislatura regionale rischia di chiudersi anticipatamente sotto i colpi delle inchieste giudiziarie. Prima Scopelliti e il Comune di Reggio, adesso Riace e il governatore Oliverio. In mezzo una miriade di Comuni sciolti per mafia e il commissariamento di tutti i principali centri di potere. In che Regione stiamo vivendo?

di Riccardo Tripepi
23 dicembre 2018
12:39
La Cittadella regionale
La Cittadella regionale

Calabria ferita e colpita al cuore. L’operazione “Lande desolate” ha travolto il governatore Mario Oliverio e gli annunci del procuratore Nicola Gratteri in ordine ad “altre sorprese”, lasciano pensare ad esiti ancora imprevedibili, e comunque inquietanti. Un colpo durissimo per un centrosinistra ridotto al lumicino, complice la crisi del Pd, e che aveva ricevuto già una ulteriore mazzata con i provvedimenti che avevano colpito il sindaco Mimmo Lucano e il sistema di accoglienza messo su a Riace.

Sembra di tornare al recente passato. Anche la scorsa legislatura fu tormentata dai guai giudiziari della giunta guidata da Giuseppe Scopelliti che poi fece finire il suo mandato anzitempo con le dimissioni del governatore dopo la sentenza di condanna per il caso Fallara. Anche allora venne travolto un altro simbolo del governo del centrodestra (“Il modello Reggio”), con lo scioglimento per infiltrazioni del civico consesso guidato allora dal sindaco Demetrio Arena.
Nel mezzo decine e decine di scioglimenti di Comuni per mafia che hanno fatto balzare la nostra Regione ai primi posti per il numero di amministrazioni infiltrate.


Ed, allora, senza entrare sul ring della finta lotta tra garantisti e giustizialisti che passano da uno schieramento all’altro a seconda del colore del politico indagato o condannato, rimane solitaria e triste una domanda: la Calabria è governabile?

L’alternanza perfetta tra centrodestra e centrosinistra alla guida della Regione, fin dalla sua creazione, ha dimostrato che cambiando i timonieri i risultati sono rimasti gli stessi: sanità al collasso, infrastrutture al palo, fondi europei che evaporano, assistenzialismo e nessuna politica occupazionale e scandali su scandali. Elencare il numero di consiglieri e assessori indagati o arrestati sarebbe occupazione tediosa e infinita.

Diventano tutti corrotti appena siedono su quegli scranni? Ci arrivano già appoggiati dalle consorterie? Oppure sono i dirigenti e le burocrazia a dettare le regole del gioco come pure sembra emergere dalle carte di alcune inchieste?

Un dato è certo: la cura non ha sconfitto e non sconfigge il male, perché si limita a operare sugli effetti e non sulle cause. La legge sullo scioglimento per i Comuni operativa dal 1991 non ha migliorato per nulla la vita delle Città calabresi, né le ha rese impermeabili alle infiltrazioni. Il caso emblematico è quello di Lamezia arrivata al terzo scioglimento in pochissimi anni.

Alla Regione il quadro è similare. Come dimenticare lo spettacolare arresto di Franco Pacenza (poi risultato innocente) in spiaggia alla vigilia di ferragosto? O l’inchiesta che portò all’arresto del presidente della Commissione “Bilancio” Franco Morelli, ancora in carcere, con il coinvolgimento perfino di alti magistrati reggini?

Inchieste su inchieste, alcune con impianti accusatori solidi, altre più discutibili, che dimostrano negli anni un dato soltanto: la Calabria non è più governabile. Ed allora piuttosto che questo stillicidio, se davvero lo Stato e le nostre comunità non hanno speranza o altre risposte, l’unica via è il commissariamento totale. Sospendete gli Istituti democratici e inviate forze dell’Ordine e commissari. Si bonifichi il campo e si torni alla normalità. Sempre meglio di questo commissariamento soft al quale stiamo assistendo. Carabinieri ed ex prefetti sono alla guida di Calabria Verde, della Sanità, della Sacal. A loro si aggiunge l’esercito dei commissari prefettizi in tutti i Comuni infiltrati. Una certificazione occulta di mafiosità non curabile per l’intera Regione.

Non chiedeteci il voto, allora. Non ha senso. Non ci sono candidati adeguati e l’elettorato ormai è allo sbando con una voglia di sangue e manette ad ogni arresto che poi si trasforma nel voto all’amico che può fare un favore o sistemare un figlio al momento delle elezioni. I cittadini sono poveri, sfiduciati, e non hanno lavoro. Il loro stato di bisogno accresce le sacche del malaffare e della corruzione in un circolo vizioso che, questo sì, andrebbe interrotto.

Qui si dovrebbe intervenire se lo Stato volesse davvero salvare la Calabria. Cultura, sviluppo e lavoro. Ma evidentemente una Regione fallita e in manette fa comodo a tutti.

Giornalista
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