Una delle più brutte pagine del consiglio regionale si è consumata oggi a Palazzo Campanella. L’assemblea dopo essere stata smascherata, grazie alla denuncia di LaCnews24, nell’approvazione, di una norma che concedeva i vitalizi ai consiglieri decaduti o con elezione annullata, è stata costretta a fare mea culpa e ad abrogare quello che può considerarsi uno scempio giuridico e morale.

 

Anche stavolta all’unanimità ma, a quanto, pare senza piena coscienza di quello che è accaduto.

Assemblea blindata

Assemblea nuovamente blindata, senza stampa e dipendenti in Aula per la normativa anti Covid applicata in maniera esasperata, e con le forze dell’Ordine schierate per evitare invasioni della stampa. Anche la giunta pare aver preso le distanze da quanto avvenuto considerato che Jole Santelli si è tenuta alla larga da Reggio Calabria e ha lasciato Mimmo Tallini a sbrigare la vicenda.

Maggioranza e opposizione, tranne qualche eccezione, hanno provato a difendere l’indifendibile. E mentre sono stati costretti dalla vergogna a cancellare il misfatto hanno provato a scagliarsi contro il populismo, i giornalisti e le fake news.

Mimmo Tallini che si è scagliato contro “il cartello degli sciacalli”, provando ad occultare una verità chiara: la classe dirigente calabrese è capitolata solo dopo la denuncia della stampa che si è limitata al suo unico dovere: raccontare i fatti. E i fatti dimostrano anche che questo dibattito segna il limite e l’inadeguatezza di una classe dirigente che «non ha letto», «ha sottovalutato», «ha fatto un errore».

 

Incomprensibile poi la posizione di Pippo Callipo, il candidato governatore del centrosinistra, che plaude al lavoro del Consiglio e si dimentica di avere annunciato denunce e querele per essere stato raggirato con l’approvazione della legge. Tutto dimenticato e ridotto a chiacchiere «sostenute da cialtroni di televisioni da quattro soldi».

Alla fine della fiera, dunque, di buono rimane soltanto il risultato finale: il Consiglio è stato costretto a tornare indietro e a rimangiarsi la legge vergogna.

Il dibattito

Il capogruppo del Pd Mimmo Bevacqua si è scagliato contro la maggioranza che non ha ancora costituito le commissioni, motivo per il quale l’assemblea non ha modo di approfondire le leggi, ma poi si assume la propria responsabilità. «Voglio chiedere scusa ai tanti elettori del Pd che non hanno apprezzato l’approvazione di questa legge. Voglio chiedere scusa anche a Francesco Pitaro e Pippo Callipo che hanno firmato il documento dopo aver visto la mia firma sul documento. Devo ammettere che, con ingenuità e superficialità, abbiamo approvato un provvedimento sbagliato. Un errore che non deve ripetersi mai più e annuncio, a tal fine, che non avalleremo più il richiamo in Aula di proposte di legge che non siano state adeguatamente approfondite».

 

Anche il capogruppo della Lega Tilde Minasi ha ammesso l’errore. «Voglio rivolgere le più sentite scuse senza infingimenti ha rappresentato una brutta pagina di questa assise che non ho ben vissuto da rappresentante delle istituzioni e come componente della Lega. Per questo dico: mai più spazio a situazioni borderline dalle quali si possa desumere che privilegi e personalismi siano la nostra priorità».

Graziano Di Natale (Iric) ha confessato di provare «profondo imbarazzo, ma una presa di coscienza era doverosa. Sono alla prima consiliatura – ha detto ancora –. Non vogliamo passare per sprovveduti, ma come rappresentanti dei calabresi onesti».

Duro e fuori dal coro Francesco Pitaro (Misto). «Una pagina oscena per il consiglio regionale. Ci hanno rifilato una proposta di legge diversa rispetto a quella discussa in Conferenza dei capigruppo. Si era detto una proposta di legge di adeguamento alla normativa statale. È vero che siamo stati leggeri ma i calabresi devono essere informati che viene dal centrodestra la mano di un furfantello che ha elaborato la proposta nel suo interesse e non in quello della Calabria. All’interno di un ordine professionale sarebbe radiato. Tocca a voi della maggioranza di individuarlo o individuarli e renderli innocui dal punto di vista politico. Siamo davanti a un furfantello ignorante che non sapeva che questa legge non avrebbe superato il vaglio di costituzionalità».

Pietro Molinaro (Lega) ha auspicato maggiore consapevolezza rispetto a quanto avvenuto, mentre Giuseppe Aieta dei Dp ha avuto il coraggio di avanzare una proposta di maggiore contenimento proponendo di ridurre le spese dei gruppi. Nicola Irto ha provato a non usare il politichese e non ha cercato facili assoluzione non avendo preso parte alla votazione della legge vergogna.

 

«Il populismo si combatte con il coraggio e la verità. Dobbiamo sapere che in Calabria è tutto più difficile e operare per mettere mano alle leggi che disciplinano gli stipendi dei burocrati e delle strutture speciali. Senza demagogia, ma con consapevolezza e responsabilità».