Il neosindaco non avendo i numeri necessari in Aula sarà costretto a contrattare con un'opposizione che è in realtà maggioranza, almeno sulla carta
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Una settimana esatta potrebbe separare il sindaco di Catanzaro dal suo ultimo passaggio cruciale prima di iniziare a tutti gli effetti il mandato: l’elezione del presidente del consiglio comunale. Una figura chiave per i lavori assembleari, che naturalmente Nicola Fiorita vorrebbe fosse espressione del suo cerchio magico.
In cima alla lista, manco a ripeterlo, il fido Gianmichele Bosco, che del sindaco è un alter ego. Tutto risolto, allora? Nemmeno per sogno. Perché, anche se sembra inutile persino ricordarlo, quella iniziata a seguito del ballottaggio dello scorso 26 giugno sarà la consiliatura dominata dalla cosiddetta anatra zoppa in cui - almeno sulla carta - il vertice dell’Amministrazione non gode della maggioranza in assemblea, invece appannaggio del gruppo Rinascita che ha superato la fatidica soglia del 50% più uno dei voti validi al primo turno. Una bella gatta da pelare, dunque, per Fiorita e chi gli sta intorno.
Una situazione che lo costringe insomma a scendere a patti con gli avversari, alla ricerca di quelle preferenze indispensabili per far passare in Consiglio le pratiche licenziate dall’Esecutivo ma anche per approvare una delibera fondamentale come il bilancio e, in primis, proprio per eleggere il presidente del civico consesso. Ecco forse il motivo per cui il sindaco si è tenuto in serbo l’asso nella manica: una fedelissima quale l’avvocato Daniela Palaia. Che nel caso in cui qualcuno provasse ad affondare il “designato Bosco” non garantendo, nel segreto dell’urna, i consensi fondamentali poiché mancanti, come si è spiegato, potrebbe tornare utile quale figura spendibile per ricoprire la prestigiosa carica. Una funzione che il presidente del consiglio regionale Filippo Mancuso, nella veste di maggiorente della Lega locale e leader di Rinascita fra i più riconoscibili, parrebbe invece intenzionato a opzionare per uno degli elementi della compagine a sostegno di Valerio Donato.
Il riferimento è appunto all’appena citata Rinascita che dovrebbe presentarsi al… tavolo con la proposta di Eugenio Riccio. Una sorta di “furbata” di Mancuso, però, che asseconda da maestro certe vecchie liturgie della politica, favorendo - quasi d’ufficio - lo stretto collaboratore Riccio ma sapendo già come le possibilità di farcela di quest’ultimo siano ridotte al lumicino. E che - si aggiunga - tale bassa percentuale di chance è determinata proprio da resistenze interne alla stessa area mancusiana. Una pietra tombale, quindi, sulla candidatura avanzata.
Cosa potrebbe di conseguenza accadere? Semplice: si allargano i margini per permettere a chi può vantare numeri interessanti in Aula di tirare dalla giacca Fiorita, costringendolo sin da subito a ulteriori concessioni pur di avere Bosco (o, in subordine, Palaia) alla presidenze dell’assise cittadina. Una strategia che si consuma tuttavia più nell’interesse dei singoli, per la verità, rispetto ai partiti e movimenti quasi incapaci (con poche eccezioni) di approdare in Consiglio con una strategia univoca e generale. A riguardo ci sta provando il competior sconfitto Donato, ma francamente può ormai contare su numeri esigui. Comunque sia, il gioco dei patti e delle intese (alla luce del sole o di contro nascosti, i famosi accorduni) verrà svelato presto. Forse fra sette giorni contati, lo si ribadisce, ovvero quando l’era fioritiana alla guida di Palazzo De Nobili dovrebbe prendere piede nel luogo deputato: il consiglio comunale.