Si fa presto a dire Lep. Per garantire effettivamente identiche prestazioni dal Nord al Sud bisognerebbe garantire eguali strumenti per erogarle. La calda estate dei treni dimostra che non è così. È al Sud, ad esempio, che si trovano quasi tutti i cinquemila chilometri di ferrovie che in Italia sono attraversati ancora dai treni a diesel. La lunghezza complessiva dei binari in Calabria ammonta a 1131 km di cui soltanto 852 sono in esercizio. Di queste più della metà, esattamente 573 km, sono a binario unico. Ancora. Le linee elettrificate sono lunghe 489 km, mentre quelle in cui i convogli hanno una trazione a diesel sono invece 363 km.

L’alta velocità, ovviamente resta per il momento un miraggio. Il Pnrr ha finanziato l’intervento fino al Nord della Calabria. Dalla galleria Santomarco in poi è ancora tutto avvolto nel mistero, ci sono solo i soldi, nel fondo complementare, per pagare i progetti. Giusto per fare un esempio di paragone la Campania su una lunghezza complessiva di 1089 km ne ha soltanto 240 a trazione diesel, ma può contare su 128 km di alta velocità. La Lombardia su 2598 km di linea ferroviaria ha soltanto 283 km non elettrificati e può contare su 143 km di alta velocità.

È questa infrastruttura che ha dovuto sopportare i disagi dovuti allo sviamento del treno merci a Cintola, in provincia di Salerno, che di fatto ha paralizzato il traffico ferroviario verso il Sud del Paese. E’ il Nord e il Sud a due velocità che di certo l’autonomia differenziata non aiuterà a superare.

Fra le materie che potrebbero passare a competenza regionale ci sono anche i trasporti. Ma decenni di mancati interventi dello Stato, come si possono colmare? Non a caso il Pd aveva provato a presentare al Ddl Calderoli una serie di emendamenti che prevedevano la “perequazione infrastrutturale” ovvero prima ancora di definire i Lep, mettere tutte le regioni su un piano se non uguale di relativa omogeneità. Va considerato, infatti, che la velocità di spostamento di merci e persone è anche una leva importante del Pil.

Ma le ferrovie calabresi non hanno solo un problema legato alle infrastrutture. Il Rapporto Pendolaria 2024 di Legambiente denuncia un Paese spaccato, dove il divario infrastrutturale tra Nord e Sud è sempre più marcato: nel Mezzogiorno i treni sono i più vecchi, l’età media dei convogli è di 18,1 anni, in calo rispetto a 19,2 anni del 2020 e dei 18,5 del 2021, ma ancora molto lontana dai 14,6 anni del nord. Due i casi record di “anzianità” dei parchi rotabili: in Molise l’età media è di 22,6 anni, in Calabria 21,4 anni.

Quattro delle dodici linee ferroviarie peggiori, segnalate da Legambiente nel 2024, si concentrano al Sud, fra cui le linee a scartamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi, il cui servizio è sospeso da 11 anni e dove non vi è alcun progetto concreto di riattivazione Per i pendolari calabresi persistono da molti anni situazioni preoccupanti, con interi tratti ferrati privi di elettrificazione, binari unici e una vera e propria distesa di passaggi a livello non custoditi. In molti ricorderanno il tragico incidente del 28 novembre 2023, presso il passaggio a livello del Posto Movimento di Thurio, che ha coinvolto un treno regionale e un camion, con la morte del capotreno, del camionista e 8 feriti.

La linea Jonica, che collega Taranto e Reggio Calabria, tre regioni e tanti centri portuali e turistici, continua a essere protagonista in negativo, nonostante il progetto di adeguamento, velocizzazione, elettrificazione e upgrading tecnologico previsto da RFI. I lavori, iniziati nel 2018, si sono improvvisamente fermati nel 2019 per poi riprendere con inevitabili ritardi, visto che si sarebbero dovuti concludere nel 2023. L’ultima data fissata al momento è non prima della fine del 2026. Ma mai dire mai.

Nel frattempo, sono state molte le stazioni che hanno visto un declassamento in fermate o posti di movimento, a partire dal 2013: Marina di San Lorenzo, Bova Marina, Capo Spartivento, Ferruzzano, Ardore, Gioiosa Jonica, Caulonia, Riace, Squillace, Roccabernarda. Nel frattempo, per i pendolari proseguono ritardi e disagi quotidiani su una linea vecchia, a binario unico non elettrificato e con i bus sostitutivi da, Isola di Capo Rizzuto, Thurio, Roseto Capo Spulico, Policoro-Tursi. In questo caso, oltre al disagio generato nei confronti dei pendolari, bisogna aggiungere l’ enorme potenziale turistico perso, aggravato dall’assenza di un servizio adeguato a causa delle sole due coppie di treni Intercity tra Reggio Calabria e Taranto.

Mentre il ministro Salvini continua a mettere quattrini sul Ponte, per l’alta velocità ci sono solo i finanziamenti nel fondo complementare. In questo quadro di ristrettezze economiche pensare di trovare le risorse adeguate per finanziare i lavori effettivi diventa una bella sfida.