Il neosindaco e il maggiorente leghista dialogano a distanza mentre si profila fra loro un tacito accordo sull'affidamento delle deleghe ai Lavori pubblici per permettere al fedelissimo fioritiano di trovare in Aula i voti necessari per diventare presidente dell’Assemblea
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Se uno degli accordi politici più noti e discussi della storia italiana è passato agli annali come il patto della crostata, quello in preparazione a Catanzaro potrebbe essere definito “l’intesa dell’assessorato”. Ai Lavori Pubblici, nella fattispecie. E attraverso la designazione di un ingegnere (un esterno, non in lizza per il civico consesso e dunque non eletto come ovvio, ma vicino a una candidata) espressione di uno studio privato molto quotato e soprattutto assai gradito a quanti hanno voce in capitolo nel determinare la prestigiosa nomina in un settore chiave.
Ragion per cui, il cedimento di Nicola Fiorita, che sembrerebbe incline ad accettare il suggerimento di Filippo Mancuso o comunque della sua area per l’ambita “assegnazione”, produrrebbe il risultato di ottenere l’appoggio per tentare un complicatissimo blitz inerente all’elezione alla presidenza del Consiglio comunale. Che il neosindaco, manco a dirlo, vorrebbe appannaggio del braccio destro: l’alter ego Gianmichele Bosco, senza se e senza ma, of course. Ecco allora che, l’unico a poterlo accontentare sarebbe proprio Mancuso.
O, meglio, i componenti del gruppo che si richiamerà a quest’ultimo in Aula Rossa (si fa per dire, essendo la sede per antonomasia dei catanzaresi inagibile da oltre 4 anni). A loro, comunque sia, Fiorita ha lanciato una sorta di messaggio sotterraneo (mica tanto poi) pro Bosco, contando oltretutto sui voti di un centrosinistra allo stato - più o meno - compatto e del contingente di Antonello Talerico. Che, accantonati i voli pindarici proprio sulla presidenza dell’assemblea per mancanza di numeri più di ogni altro discorso buono per i social e la propaganda, resterà tuttavia uno dei protagonisti della prossima consiliatura con l’opportunità di fare tanti “giochi di sponda”.
In particolare con i fioritiani, come ovvio, considerato lo scarsissimo feeling con il fronte donatiano. Che peraltro si sta sempre più sciogliendo come neve al sole, seguendo il destino dei grandi cartelli elettorali del passato nel capoluogo quali Nuova Alleanza del 2006 (guidata da Franco Cimino) e la Città Cresce del 2017 (alla cui testa c’era Enzo Ciconte). Tant’è vero che Valerio Donato, peraltro impegnato ieri in una riunione con chi mai l’ha tradito, starebbe pensando di varare una strategia in… Comune insieme a un gruppetto di fedelissimi e dunque senza fare alcun affidamento su una coalizione (Rinascita) in totale disfacimento. Lo si ribadisce. Una condizione diversissima da quella di un centrosinistra ancora unito attorno al primo cittadino.
Un Fiorita che però non ha mancato di far inarcare molti sopraccigli nel Pd per il metodo finora seguito nella scelta delle persone da collocare nei posti di governo e sottogoverno. È il caso, tanto per fare un esempio eclatante, appunto di qualche maggiorente Dem che avrebbe gradito la vecchia impostazione delle interpartitiche in cui discutere ogni aspetto della delicata faccenda. Ma niente da fare, perché la via seguita dal sindaco in carica è stata di trattare in maniera diretta e autonoma con figure non legittimate a parlare in nome e per conto delle segreterie di riferimento però a lui legate da rapporti di amicizia. Almeno al momento, però, tale modus operandi ha provocato solo “mal di pancia” con relative lamentele. Che non dovrebbero tuttavia assumere contorni preoccupanti. Di crisi aperta, insomma. Salvo il leader di Cambiavento non ragioni troppo per conto suo, applicando a proprio piacimento il Manuale Cencelli.
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