L’opposizione invita il governatore a una presa di responsabilità: «Nessuno ha mai avuto tanto potere, l’ingerenza della criminalità non sia un alibi». Mammoliti: «Servizi ko nonostante i cinque commissari in cinque anni»
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Non buttiamola (soltanto) sulle inflitrazioni della ’ndrangheta. Il senso del ragionamento del Pd calabrese all’indomani dello scioglimento dell’Asp di Vibo Valentia prova a non far passare in secondo piano le responsabilità della politica sulle tante precarietà della sanità in Calabria. «Il commissariamento per infiltrazioni dell’Asp di Vibo Valentia non cancella affatto le responsabilità istituzionali e politiche del governo nazionale sullo stato comatoso dei servizi sanitari nel Vibonese e negli altri territori della Calabria», spiegano i dem calabresi in unta nota.
«La ’ndrangheta è sempre un male, sia chiaro. Tuttavia, l’ingerenza della criminalità non può essere – incalzano i dem calabresi – un argomento per nascondere gli attuali fallimenti politici e organizzativi sulla sanità calabrese, tanto del governo nazionale quanto di quello regionale. Oltretutto, nessun presidente di Regione, nella storia del regionalismo italiano, ha mai avuto tanto potere quanto ne ha oggi Roberto Occhiuto».
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«Confidiamo che la commissione dell’Asp di Vibo Valentia ascolti i medici e le altre figure professionali che operano nella stessa azienda pubblica, perché c’è da assicurare legalità e trasparenza nella gestione ma è altrettanto indispensabile – conclude la nota del Pd della Calabria – riorganizzare i servizi partendo da una ricognizione dei bisogni, delle priorità e delle risorse umane disponibili».
È la stessa traccia seguita dal consigliere regionale (sempre del Pd) Raffaele Mammoliti: «Lo Stato – piega – deve ripristinare il governo della sanità pubblica nel Vibonese per affermare la necessaria supremazia in un settore che in cinque anni ha visto cambiare cinque commissari di cui due part-time». Per Mammoliti la scelta del Consiglio dei ministri «evidenzia, in modo incontrovertibile come, nonostante il precedente scioglimento, l’opera di bonifica non sia stata evidentemente tale da imprimere in profondità quella necessaria bonifica nel sistema di gestione della sanità pubblica».
Sono due le specificità di cui tenere conto nel territorio vibonese secondo il consigliere regionale dem: «Il primo. La costruzione del nuovo ospedale prevista con ordinanza di protezione civile ancora è sprovvista del progetto esecutivo dopo oltre 15 anni. La seconda. In cinque anni sono cambiati ben cinque commissari di cui due part-time. È evidente che con questa precarietà si è di fatto favorito un graduale smantellamento del sistema pubblico a causa del governo precario che non ha evidentemente avuto la forza di assumere provvedimenti urgenti, strutturali e straordinari come invece la criticità vibonese richiedeva».
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C’è una certa distanza dalle reazioni affidate dal centrodestra alla stampa. Ieri il governatore Roberto Occhiuto ha detto di non essere sorpreso dalla decisione: «Il provvedimento del Cdm si riferisce a fatti avvenuti tanti anni fa, noi negli ultimi tre anni abbiamo tentato di fare andare avanti un’azienda in enorme difficoltà». Segue a ruota Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati e membro della Commissione bicamerale antimafia: «È opportuno come dice giustamente il presidente Occhiuto che l'opinione pubblica sappia che lo scioglimento dell'Asp di Vibo per infiltrazione mafiosa è relativo a fatti vecchi e non alle nuove gestioni. È normale che un provvedimento del genere susciti sconcerto ma è doveroso che tutti insieme, senza distinzioni, si lavori, ognuno per le proprie competenze, per ripristinare la legalità. Su questo tema sarebbe sbagliato dividersi. La giunta regionale e il presidente Occhiuto sono una garanzia di legalità e di contrasto alle mafie, così come lo sono i rappresentanti istituzionali di tutti gli schieramenti politici».
Per l’opposizione non basta prendere le distanze e confermare l’impegno di contrasto alla criminalità: i nodi della sanità sono anche politici e gestionali e si ripercuotono su servizi spesso ridotti all’osso.