Riparte Perfidia, il talk più pazzo, ironico e dissacrante della tv italiana. Ed è subito Antonella Grippo show. Ieri sera su LaC è andata in onda la prima puntata della nuova stagione della creatura tv targata Diemmecom. Un esordio rutilante di novità, musica e ironia, con un parterre du roi ricco di nomi della politica e del giornalismo che ha ben poco da invidiare a trasmissioni (immeritatamente) più blasonate. Un talk che si muove sui binari della dissacrazione, della sconsacrazione e del rivolgimento di tutto ciò che è banale nel linguaggio comune dell'infotainment. Un circo colorato, che mette in pista acrobati delle idee e giocolieri della parola, accompagnato dai commenti sonori affidati al pianoforte del (bravissimo) Pasquale Tucci, che ha il compito non semplice di spezzare, come un Demo Morselli d'antan, i (pochi) momenti di down di una trasmissione frizzante e piena di ritmo.

Il brivido dell'imponderabile è d'obbligo, insomma, a partire dal titolo: Santi, navigatori e puttanieri, che riecheggia la frase di Mussolini “Italiani, popolo di santi, poeti e navigatori” adeguandola al mala tempora currunt odierno di Ciceroniana memoria.

L'argomento per questa prima puntata è apparentemente discutibile. Ad assurgere al ruolo di simbolo dell'italico mandrillismo c'è colui che probabilmente meno incarna questo topos: il ministro Sangiuliano, che di mandrillo ha proprio poco e nulla, essendosi fatto sbeffeggiare da mezzo mondo per una storia degna di una sceneggiatura sporcacciona degli anni '70. Inoltre, almeno in apparenza, la saga del ministro Sangiuliano e della bionda Mata Hari di Palazzo Chigi, Maria Rosaria Boccia, sembra ormai argomento di ieri. Trito, ritrito, digerito ed espulso. La sfida di Perfidia appare quindi, almeno nei prodromi, sicuramente difficile e scivolosa, capace di far cadere ben altre teste televisivamente parlando. Ma non quella di Antonella Grippo che, alla sua maniera, la rianima con una respirazione bocca a bocca fatta di ironia, sberleffo, parole alla riscossa. E la lavora alla grande, declinandola – e qui ecco che esce il provetto navigatore che è in lei – verso lidi cercati e voluti, riuscendo a tirarne fuori, alla fine, una puntata divertente e divertita.

Maurizio Costanzo, esci da questo corpo! verrebbe da esclamare, ovviamente in versione bionda, alta e canterina, visto che la conduttrice non è solo un'abile corsara della parola, ma anche un'arrembante femme fatale, capace di conquistare tutti tra cantate e passi di danza, risate e provocazioni. E, come le ciliegie di primavera, ecco la lista degli ospiti, dove uno tira l'altro. Peccato che il comune denominatore, in sala e in collegamento, sia uno solo: non aver capito che Perfidia è fatto di ironia e provocazione, che in studio non alberga la realtà vera delle ideologie, della politica e della cronaca, ma quella di un universo parallelo creato ad hoc proprio per affrontare ogni argomento ridendoci sopra, anche i più delicati e improponibili.

E così, presto, il topos del mandrillo finisce sullo sfondo e si contrappone la dialettica tra sacro e profano. Con i consueti personaggi da commedia dell'arte pronti a recitare sul palco di Perfidia la loro parte: c'è l'ottima giornalista Giada Fazzalari, direttore del glorioso Avanti, che – sapientemente spinta dalla diabolica Grippo – finisce per incarnare il ruolo della maestrina dalla penna rossa di deamicisiana memoria, battibeccando con la conduttrice per alcune definizioni, a suo dire lasciate passare con troppa transigente facilità.

Ma proprio qui è il gioco perfido (perdonatemi il pessimo gioco di parole) di Perfidia: lasciar parlare, affidandosi al giudizio di chi guarda. La fantasia distruggerà il potere ed una risata vi seppellirà, diceva uno motto anarchico di fine '800. E così a Klaus Davi, normalmente lucido comunicatore, viene permesso impunemente di tessere l'elegia di Netanyahu, negando l'innegabile in un’arringa assolutoria su Israele tanto fideistica quanto discutibile. E terminando con un «Tutti desiderano la vittoria di Trump in America» che appare perlomeno esagerato, improbabile e sopra le righe.

E che dire di Francesco Toscano, ex candidato alle elezioni liguri per Democrazia Sovrana Popolare, che sembra essersi spinto tanto a sinistra da apparire ormai come il portavoce dei più triti populismi di destra? Come un Santoro-DiBattista-Travaglio qualsiasi, non riesce a finire alcun discorso senza un riferimento elegiaco a Putin – il suo supersanto per antonomasia visto il tema della puntata – risultando a volte fuori luogo come un acrobata nella gabbia dei leoni. Anche perché riuscire a tirar fuori la propria fedeltà al Cremlino anche quando si parla di Maria Rosaria Boccia è esercizio dialettico apparentemente superiore alle sue capacità. Alla fine dimostra di essere migliore come cantante intonando “Io, un giorno crescerò…”.

A scuotere le menti e riportare tutti allo spirito della trasmissione ecco la perfidia di Gasparri che straborda, sbulacca, esagera volutamente i toni in un messaggio registrato anti magistrati. La sua è un'invettiva senza mezzi termini: «La magistratura va riformata. Vergogna, giudici», tuona senza peli sulla lingua in un impeto di cattivismo senza veli. E poco importa se la dem Enza Bruno Bossio, toccata nel vivo, ricordi quante giravolte di valzer abbia fatto in passato passando dal chiedere l'intervento di giudici e pm contro i nemici a denunciarne le malefatte quando al centro del mirino ci sono amici e compagni di partito.

Proprio la stessa BB (Bruno Bossio, non Brigitte Bardot) regala però anche alcune chicche, come quando confessa di trovare sexy Tananai e quando dice di considerare fondamentale la seduzione. Mostrando una discreta (e simpatica) autoironia quando accetta di cantare – non proprio intonatissima – La canzone del sole in una clip che andrà dritta dritta a Paperissima.

Insomma, i 90 minuti di Perfidia (ce ne vorrebbero di più) scorrono senza un attimo di pausa, con i politici chiamati a cantare (e a stonare) le loro canzoni simbolo in un simil X Factor che darà grandi soddisfazioni. Mentre scorrono piacevoli gli interventi di ospiti del calibro di Vincenzo Speziali (se Sangiuliano è un tombeur de femme c’è speranza per tutti) e Andrea Nicastro da Beirut e del sempre lucido Luigi Bisignani, che mette in testa all'elenco dei santi Marco Minniti, l'ex ministro degli interni tanto miracoloso da far sparire in un baleno i pezzi che lo riguardano dai giornali online.

A Perfidia, come dice Antonella Grippo, non c'è tempo per cassamortari del pensiero guizzante, piazzisti di cloroformio e spacciatori di camomilla. E quindi l'apoteosi con una serie di interventi da parte del politologo Gianfranco Pasquino, da standing ovation. A conti fatti proprio lui, apparentemente così distante dai toni e dai ritmi di Perfidia, ne appare l'interprete più lucido e inarrestabile: «Le cose non vanno bene e si preparano ad andare peggio», è l’esordio. E poi su Sangiuliano: «Il vero mandrillo non va a piangere al Tg 1. Sa farsi rispettare». Ma la chicca è sui giornalisti sdraiati davanti ai potenti: «I peggiori sono quelli del Corriere della Sera!». E quindi: «Santi? Non ce ne sono neanche tra i religiosi. Siamo in un mondo in cui i superficiali stanno vincendo perché si spalleggiano tra di loro... dicono le stesse cose, senza sapere, senza approfondire, magari aggiungendo una loro piccola chiosa per risultare più autorevoli. Anche se sanno che ciò che dicono non è la verità».

Da Perfidia è tutto... Sipario!