A Rende tutti aspettavano Sandro Principe e Principe finalmente ha deciso. Parlerà alla città lunedì alle 18 all'hotel San Francesco, altro luogo simbolo del riformismo rendese. Cosa dirà è facile intuirlo.

Per capirlo basterebbe leggere la sua recente autobiografia “Tre colpi al cuore”, edito per i tipi di Pellegrini, che racconta il rapporto viscerale fra Principe e la sua città e la politica in generale. Un titolo che dovrebbe essere, purtroppo, aggiornato. Perché nel frattempo i colpi al cuore sono diventati quattro. Se ne è infatti aggiunto il più doloroso che un uomo possa sopportare ovvero la prematura scomparsa dell'amata figlia Rosa Maria.

Gli altri sono il colpo in faccia che gli è venuto sparato durante l'inaugurazione della cattedrale di San Carlo Borromeo; la vicenda giudiziaria conosciuta come “Sistema Rende” che dopo dieci anni ancora non si è processualmente conclusa e il terzo è la scomparsa del glorioso Psi.

In quelle pagine si trova tutta l'epopea non solo del protagonista, cresciuto da sempre a pane e politica, ma di tutta una generazione che negli anni '80 ardeva per un'ossessione: Rende non deve essere periferia . «Non perché - ha spiegato Principe - richiedeva una stupida competizione con Cosenza, ma perché pensavamo Rende come città parte di un tessuto urbano più ampio».

Da qui le scelte urbanistiche che hanno trasformato un piccolo borgo nella città più dinamica della Calabria, con il Pil pro capite più alto della regione.

Il vero grande merito di Principe sindaco si può riporre certamente nelle politiche urbanistiche che ha sviluppato negli anni della sua sindacatura e di quella dei riformisti a partire dagli anni '80 in poi. Vere e proprie visioni di una città moderna che ogni anno venivano illustrati alla città nel corso delle molto partecipate convention riformiste dal titolo “Le mille luci di Rende” che si tenevano al cinema Garden. Qui maturarono politiche innovative che hanno fatto scuola, come la realizzazione del Villaggio Europa , il quartiere di alloggi popolari che è stato realizzato non alla periferia della città, ma al centro, con servizi innovativi che ne hanno fatto un modello.

Il problema urbanistico principale era quello di trasformazione Rende, attraversata dalla SS 19 e dalla Ss 19 bis, da città di passaggio a centro abitato e residenziale. L'ispirazione di fondo era quella dei distretti di Vienna.

Ma per realizzare il progetto c'era bisogno di cesure urbanistiche che i riformisti hanno saputo interpretare anche qui con scelte d'avanguardia. La prima è stata quella di realizzare il primo centro commerciale del cosentino, costruito proprio sulla SS 19, in pieno centro abitato e non in zona accessori come nel resto d'Italia. Dall'altro lato la visione si concretizzò nella costruzione del nuovo e moderno Municipio, realizzato accanto alla maestosa chiesa di San Carlo Borromeo .

E ancora la realizzazione di piazze, ville, scuole, biblioteche, musei. «Abbiamo realizzato 40 anni fa - dice Principe - quello che sta teorizzando ora Renzo Piano per rigenerare le periferie». L'idea attuale è quella di intervenire proprio sull'edilizia popolare. Stoppare le nuove costruzioni e intervenire per rimodernare gli alloggi e venire incontro alle giovani coppie, sempre più in difficoltà a trovare un istituto che possa accendergli un mutuo.

Ma sarebbe sbagliato confinare la personalità politica di Sandro Principe alla sola Rende. Sandro impara a fare politica sotto la guida del padre, Cecchino, fiero avversario di Giacomo Mancini nel Psi e capo della corrente di De Martino in Calabria, sindaco per quasi un trentennio di Rende oltre che sottosegretario e presidente di Regione negli anni Ottanta.

Per nulla intimorito da un padre così ingombrante, Sandro scala posizioni all'interno del partito, diventa uno dei maggiori esponenti della corrente craxiana dopo il Midas. Tanto che nel 1987, a soli 35 anni, è già in Parlamento, primo degli eletti alla Camera in Calabria. Nella legislatura successiva viene rieletto a Montecitorio e con i governi Amato e Ciampi diventa sottosegretario al Lavoro.

È tra i fondatori nel Pd ed è assessore regionale dem alla cultura nel 2005. Proprio in questo ruolo svolge un'attività fondamentale per far uscire la Calabria dai soliti cliché narrativi, con una interpretazione moderna del ruolo, chiamando a sé menti pensanti dell'intellighenzia calabrese come Franco Dionesalvi e Giancarlo Cauteruccio. Fu un periodo di grande fervore, interrotto però dalle solite logiche delle alchimie partitiche che lo spinsero fuori dalla giunta. Lo stesso Agazio Loiero, anni dopo, confessò di aver fatto un errore nel silurare l'ex sindaco di Rende.

Ora Principe torna a proporsi ai suoi cittadini con all'attivo non solo l'aver fatto di Rende uno dei centri urbanisticamente più funzionali e ordinati dalla Calabria, ma anche di aver animato con successo il “comitato per il No” alla fusione con Cosenza , Rende e Castrolibero. Un successo di grande valore politico. Non solo perché da solo è riuscito a sconfiggere praticamente tutti i partiti dell'arco costituzionale, ma anche per la dinamica del voto. Il no alla fusione, infatti, ha trionfato anche nei nuovi quartieri come Roges e Quattromiglia. Segno tangibile che il tentativo di trasformare una città di passaggio in comunità è riuscito. Il comitato, composto da esponenti di varie formazioni politiche, però si è via via sfaldato per le aspirazioni dei singoli e anche, dobbiamo dirlo, per i tentennamenti di Principe sulla candidatura.

Ora che ha deciso di scendere in campo per continuare con la sua visione della città, non è certo con chi lo farà. Il centrosinistra tradizionale non sembra entusiasta di sostenere la sua candidatura . A dire no con nettezza sono Avs e Rifondazione. Lo dicono anche i 5Stelle che da tempo avvertono del pericolo del giudizio incombente su Rimborsopoli, anche questa una storia risalente ad oltre dieci anni fa, che potrebbe far scattare la Severino e della vicenda non conclusa dell'operazione “Sistema Rende”, dove Principe è stato assolto sia in primo sia grado in Appello. Insomma è il solito spirito giacobino che si ritrova spesso a quelle latitudini politiche. Condito anche da una buona dose di ipocrisia. Nessuno fa riferimento a frasi e magistrati e il segretario provinciale del Pd, Vittorio Pecoraro, in una recente manifestazione del partito è arrivato a dire che in fondo anche Mitterand ad un certo punto si fece da parte.

Siamo certi che Principe non lo farà e certamente meriterebbe più rispetto. In fondo, come dice qualcuno, Rende ha avuto Principe e se ne fregava dei partiti.