La parola rinvio, in Calabria, rischia di diventare sinonimo di fallimento. Ormai il centrodestra la usa per abbellire i propri flop, per mascherare le proprie contraddizioni interne. Dopo settimane di polemiche, e per effetto delle barricate montate da associazioni anti-ludopatia, comunità di recupero, sindaci e Conferenza episcopale calabra, alla fine il centrodestra è costretto a capitolare anche sulla legge sul gioco d’azzardo. 

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Il caso del consigliere supplente

La riunione di maggioranza che oggi ha preceduto la seduta del Consiglio regionale è servita solo a prendere atto che il rinvio del testo era l’unica via di fuga possibile per una maggioranza capace di incartarsi per la seconda volta in poche settimane.

Il centrodestra non ha perciò avuto nemmeno il tempo di metabolizzare il primo, grande, fiasco della legislatura: il rinvio – cioè il ritiro definitivo – della legge sul consigliere supplente, affossata dalle critiche e demonizzata anche da stampa e opinione pubblica nazionali.

Ma se la “moltiplica-poltrone” è finita definitivamente in archivio, la legge sul gioco è invece destinata a un difficile restyling in commissione. La modifica dovrà tenere nel giusto conto sia le ragioni delle attività economiche – che, con l’entrata in vigore della legge 9 del 2018, rischiano di chiudere a causa delle rigide prescrizioni previste su orari di apertura e distanziamento delle sale slot –, sia le richieste dell’amplissimo fronte che non ha esitato a denunciare gli effetti nefasti della ludopatia sulle famiglie calabresi.

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Il passo falso sul gioco d’azzardo

Al di là della soluzione di compromesso che il Consiglio sarà costretto a trovare, il passo falso sul gioco d’azzardo è un fatto inoppugnabile che mette in luce, ancora una volta, lo scollamento tra la società calabrese e la sua classe dirigente; una divaricazione che era apparsa evidente anche nel caso di una legge come la “moltiplica-poltrone”, controversa proprio perché ritenuta utile solo ai professionisti della politica. 

I due flop legislativi, oltre alle lotte intestine che hanno preceduto l’ultimo rimpasto della Giunta regionale, hanno anche mostrato il precoce logorio della maggioranza che ha vinto le elezioni poco più di un anno fa.

Non è – non è ancora – una crisi in grado di minacciare la legislatura, ma il governatore Roberto Occhiuto non può certo permettersi di ignorare i segnali di malessere che arrivano dalla sua coalizione. Non è un più mistero: molti consiglieri masticano veleno per la presunta marginalizzazione dell’assemblea regionale, dovuta – a loro parere – al decisionismo del presidente ma anche alla presenza di una Giunta composta quasi esclusivamente da assessori esterni.