Regionali, il M5S pensa anche a Pino Masciari. Patto con il Pd sempre in bilico

I pentastellati avrebbero aggiunto il nome del testimone di giustizia alla lista dei candidati. Nesci non molla e sfida Di Maio. E intanto Oliverio va avanti

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di Pietro Bellantoni
8 ottobre 2019
13:48

Mentre non si hanno notizie sullo stato di salute dell'intera trattativa, i dissidenti calabresi di Movimento 5 Stelle e Pd continuano a disfare la tela dell'accordo giallorosso.

Il dialogo tra Di Maio e Zingaretti è sostanzialmente fermo al palo e uno dei principali effetti di questa situazione è quello di aver alimentato le speranze di attivisti pentastellati e dirigenti dem ostili alla replica dell'alleanza governativa in regione.


Infatti i 17 parlamentari, dopo aver consegnato a Di Maio un documento per dire no all'accordo con il Pd, continuano ad avanzare proposte per la candidatura alla presidenza della Calabria, nella speranza di trovare una sintesi che possa infine convincere anche il capo politico.

 

Nel dossier consegnato a Pietro Dettori, braccio destro di Davide Casaleggio e uomo di fiducia del ministro degli Esteri, la delegazione di deputati e senatori aveva fatto i nomi del medico ambientalista Ferdinando Laghi e dell'imprenditore del tonno Pippo Callipo.
Nelle ultime ore è spuntato un terzo nome, gradito a diversi parlamentari. È quello di Pino Masciari, testimone di giustizia e già candidato dal M5S alle ultime Politiche in un collegio senatoriale piemontese.

Non era stato eletto, ma adesso alcuni portavoce 5 stelle sono convinti che possa essere la persona giusta per guidare il Movimento alle Regionali. Senza il Pd, ovviamente, dato che i parlamentari intendono mantenere la barra dritta e acconsentire solo a intese civiche, così come previsto dalla recente modifica dello Statuto.

Nesci non molla

Chi è contraria a tutto – dal Pd a Laghi, da Callipo a Masciari – è la deputata Dalila Nesci, che non intende ritirarsi dalla corsa per la Regione e che è arrivata a sfidare pubblicamente perfino Di Maio.

Il caso nasce dalle colonne del Fatto Quotidiano. In un'intervista, Nesci aveva ribadito la sua volontà di candidarsi alla presidenza e chiesto una deroga ad hoc al capo politico. Immediata e inequivocabile la risposta dell'ex vicepremier, ancora una volta affidata al giornale diretto da Travaglio: «Dalila è intelligente e sa che non si può fare. Abbiamo delle regole e vanno rispettate. Non esistono deroghe».

 

La parlamentare di Tropea non intende però arretrare. E, poche ore dopo, verga una replica che – tra battute e posizionamenti non in linea con le direttive romane – a Di Maio non piacerà affatto: «Caro Luigi, leggendo le tue rassicurazioni circa la mia intelligenza ti ringrazio per averle fatte, di questi tempi frequentando i palazzi della politica a qualcuno potrebbero esser sorti dei dubbi».

Nesci, sempre rivolta al capo politico, spiega di sentire «il dovere e la necessità di proporre un’alternativa ai modelli elettorali “civici” che hai deciso di sperimentare cambiando le regole del M5S, modelli che senza garanzie a mio avviso rinnegano le motivazioni che ci hanno generato».

 

La deputata insiste e boccia alleanze innaturali nascoste sotto il marchio del civismo: «Non possiamo sconfessare il fatto che noi siamo nati per essere alternativa credibile e vera a quel sistema di specchi riflessi di cui si sono serviti i partiti: se oggi peschiamo nel cosiddetto “civismo” come foglia di fico perché non abbiamo creato i presupposti organizzativi per la formazione di una classe dirigente all’altezza delle responsabilità che ormai il popolo ci ha consegnato, noi abbiamo il dovere di porvi rimedio».

È la premessa che giustifica l'insubordinazione: «Per questi motivi, in attesa di una strategia più delineata per la Calabria, io rimango a disposizione con la mia proposta di candidatura alla Presidenza della Regione; proposta che non credo debba essere “giudicata” (né tanto meno incidentalmente), ma vagliata con la serietà che deve contraddistinguere una forza politica, ancor di più la nostra che è giovane ed in evoluzione sin dalla nascita».

Di Maio in difficoltà

A Di Maio la situazione sta sfuggendo di mano. Dopo il “tradimento” della senatrice soveratese Silvia Vono, passata con Renzi, e la fronda dei parlamentari contrari all'abbraccio con il Pd, l'ex vice di Conte ora deve fare i conti anche con le proteste della base calabrese, che chiede un ritorno al Movimento delle origini e una selezione rigorosa dei candidati.

Una posizione ben espressa dai 90 attivisti di “#noalleanze”, che nei giorni scorsi hanno sottoscritto una sorta di “Carta di Catanzaro”, un documento con il quale – oltre a ribadire il veto nei confronti del partito di Zingaretti – vengono invocati «graticole e voto online per tutti i candidati del M5S alla prossime elezioni regionali calabresi».

Stop, dunque, ai «nomi calati dall'alto» e perfino alla leadership di Di Maio: «Chiediamo un ritorno a quello che era il Movimento ab origine. Al 4 ottobre del 2009, periodo in cui il Movimento non sentiva ancora la necessità di un capo politico...».

Le rimostranze non risparmiano nemmeno i parlamentari calabresi, “rei” di aver già avanzato i nomi di Laghi e Callipo, proposte da cui gli attivisti prendono «fermamente le distanze».

Caos diffuso

Nel Movimento calabrese regna insomma un caos diffuso che mette a rischio la riproposizione di un «patto civico» sul modello dell'Umbria. A metterlo in pericolo è anche il Pd. Perché se la segreteria nazionale e i suoi rappresentanti nel territorio (su tutti il commissario Stefano Graziano e il responsabile per il Sud Nicola Oddati) spingono per sigillare un accordo che potrebbe permettere alla coalizione giallorossa di contrastare un centrodestra unito versione revival, dall'altra parte l'area Oliverio non ci pensa proprio a ritirarsi dalla partita per favorire la nuova alleanza.

 

Di più: il governatore, come confermato dal suo staff, sarebbe a buon punto per la creazione di ben sei liste a supporto della sua candidatura. La settima, nei suoi piani, sarebbe quella del Pd, che però non lo vuole perché brama il Movimento. Che a sua volta è scosso da tutti quei ribelli che non accettano matrimoni controversi. Con ogni probabilità, quando Di Maio e Zingaretti si decideranno, la coalizione giallorossa diventerà realtà anche in Calabria. Per adesso, tuttavia, è proprio un bel casino.

Giornalista
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