Deve essere proprio in difficoltà il fronte del sì al referendum per spingere Renzi all’atto di imperio con cui ha imposto ai suoi l’approvazione in Commissione “Bilancio” della Camera la norma “De Luca”, dal nome del governatore della Campania, che aspira a diventare commissario della Sanità. E sulla cui scia si è inserito anche Mario Oliverio, che dal suo insediamento lotta per questo obiettivo e che per raggiungerlo ha scatenato una guerra senza quartiere nei confronti del commissario governativo Massimo Scura.

 

L’emendamento approvato è una versione più edulcorata rispetto alla prima stesura che aveva suscitato un vero e proprio vespaio di polemiche, anche all’interno del Pd, e che prevedeva  un ritorno al passato con la coincidenza della figura del governatore e quella del commissario per la sanità, con la possibilità che fossero soltanto le Regioni stesse a chiedere l’invio dei commissari.

 

La riformulazione della norma prevede invece una forma più soft per accontentare i due governatori: la disapplicazione della legge di stabilità 2015 e la possibilità dei presidenti di Regione di riprendere la sanità, ma a condizioni più stringenti. Saranno cioè previste verifiche semestrali per monitorare l’andamento dei conti e la regolarità nell’erogazione dei Lea (Livelli di assistenza essenziali), con la possibilità di revocare i commissari in caso di disfunzioni. Ma la circostanza più singolare è che, se dovesse passare il sì alla riforma costituzionale, la decisione di revocare i governatori spetterebbe al Senato, cioè alla Regioni stesse.

 

Un vero e proprio pastrocchio, insomma, che ha fatto imbufalire anche il ministro alla Sanità Lorenzin e che trova molte resistenze in casa Pd. Tensioni che potrebbero anche trovare sfogo in sede di discussione finale in Parlamento.

Intanto De Luca e Oliverio portano a casa il risultato e non vi è osservatore che non abbia visto la mossa di Renzi come quella di chi prova a mettere sul piatto tutto quello che ha in tasca per stringere accordi sui territori e provare a far salire sul carro del sì alla riforma costituzionali tutti i presunti portatori di voti, anche perché i sondaggi continuano ad essere negativi.

Un mercato di pessimo livello che prescinde dal merito della riforma costituzionale sulla quale gli italiani saranno chiamati a votare il prossimo 4 dicembre e che sembra un colpo basso alla stessa dignità del Paese.

 

Ma a rendere tutto “grave ma non serio” per citare Flaiano, ci ha pensato il governatore Oliverio che proprio mentre il Pd si spaccava in Commissione Bilancio alla Camera, ad Amantea si affannava a spiegare che dietro la sua decisione di appoggiare il sì al referendum non c’era nessun patto con il governo Renzi.

Una bella pagina di alta politica, insomma, e di esaltazione dei valori della trasparenza nella comunicazione con i cittadini.

 

 

 

Riccardo Tripepi