La strana atmosfera che caratterizza Catanzaro in vista delle Comunali 2022 è sempre più indecifrabile o, se la si vede sotto il profilo opposto, al contrario abbastanza leggibile. Il flirt tra centrodestra e centrosinistra appare molto evidente, solidissimo sull’asse costituito fra il neopresidente Filippo Mancuso e il segretario-questore Ernesto Alecci molto dialoganti - per così dire - fin dal momento immediatamente successivo alle Regionali dello scorso ottobre.

Sullo sfondo il patto - con la forte accelerazione impressa da Mancuso - sulla fusione fra le due aziende ospedaliere dei Tre Colli (la Pugliese-Ciaccio e la Materdomini) che ormai pare la “manna dal cielo” per il capoluogo. Tutti concordi o quasi, peraltro, sui positivi effetti della creazione di una struttura unica, non certo a caso denominata “Renato Dulbecco” (omaggio alla memoria dello scienziato di origine catanzarese, premio Nobel, ma anche nome accattivante per la nascente realtà). Che, però, l’ex candidata a governatore del Pd e attuale leader dell’opposizione a Palazzo Campanella, Amalia Bruni, ha avversato per il metodo con cui è stata concepita. Portata cioè a compimento in tutta fretta, sorvolando ad esempio sulle implicazioni tecniche (gestionali e amministrative) quali il bilancio comune di Aziende con una massa debitoria assai diversa. Ma nulla. Nessuna discussione in merito con gli esperti (dirigenti della Sanità e clinici) quasi snobbati.

Strano modo di procedere messo bene in risalto dalla prof Bruni, che con ogni probabilità avrebbe molta più voce in capitolo ad esprimere un parere qualificato della maggior parte dei colleghi per le sue indubbie competenze scientifiche rispetto al delicato argomento. Ma tant’è, ormai chi doveva scegliere in proposito, ha deciso. Nell’auspicio che lo abbia fatto per il meglio e non debba quindi essere oggetto di critiche future da parte dei catanzaresi, comunque d’abitudine distratti su vicende pubbliche di primaria importanza salvo poi recriminarvi quando è troppo tardi.

Sul piano politico bisogna tuttavia spiegare perché si parli di accorduni possibile, anzi probabile, fra schieramenti sulla carta rivali. Semplice, il perché è presto detto: i maggiorenti del centrodestra locale con il citato Mancuso, più degli altri, ma anche il giovane consigliere regionale Antonio Montuoro - persino in misura maggiore dei soliti “azionisti” di Catanzaro da Vivere, in ribasso dopo le recenti sconfitte nelle urne ma sempre ospiti d’onore al tavolo delle trattative sulle sorti della città - non vogliono restare ai margini del contesto comunale pur sapendo di essere sfavoritissimi alle elezioni. Ecco allora che la scaltra via praticata sarebbe costituita dall’appoggio, seppur in maniera indiretta e quindi non ufficiale, a chi parte con i favori del pronostico. Il riferimento è all’aspirante sindaco del centrosinistra, che tuttavia non è ancora stato designato.

O meglio: ci sarebbe l’indicazione di massima sul prof Nicola Fiorita, a cui spetta però sciogliere tanti nodi prima di avere semaforo verde. Ma che per giunta non è detto coincida con una corsa solitaria. Anzi. Resta infatti in campo la candidatura Valerio Donato, con a fianco un pezzo di partito lettiano e di coalizione (ma non solo), scettico sull’ipotesi Fiorita salvo intervenga qualcuno - o qualcosa - a fargli cambiare idea. Al di là di tutto, lo stesso Donato ha per ora chiuso la porta a soggetti incompatibili (già big del centrodestra) con il suo progetto di governo.

Gente che però continua a organizzarsi, percorrendo una strada alternativa al tortuoso iter di uno schieramento in cui la confusione regna sovrana e senza soluzioni in grado di portare alla sospirata unità. Ci sono inoltre posizioni, tanto a destra quanto a sinistra (dove si dovrà affrontare a breve il passaggio, spinoso, dei congressi Democrat sui quali torneremo), che bisogna capire come si definiranno. Si tratta, su tutte, di quelle dei fratelli Guerriero, di Sergio Costanzo e dei membri di Fdi “sotterraneamente” in conflitto con la plenipotenziaria deputata Wanda Ferro.