VIDEO-INTERVISTA | La nomina del dirigente nazionale democrat di origine crotonese è vista come un segnale di rinnovamento dei quadri. Su Irto: «Al suo posto non avrei ritirato la candidatura. Spesso chi critica le correnti ne fa parte»
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È il crotonese Eugenio Marino il nuovo vice responsabile nazionale per l’organizzazione del Pd al Sud e nelle Isole. La scelta di Enrico Letta punta a rafforzare l’azione dem nel Mezzogiorno e anche a fare uscire dal commissariamento le tante federazioni che ancora non hanno segreterie democraticamente elette. Una nomina che arriva proprio mentre il partito vive la crisi provocata dal ritiro della candidatura di Nicola Irto.
Marino, dirigente politico formatosi alla vecchia scuola del Pd, poi de Ds passando per l’Ulivo fino ad arrivare al Pd, non ha mai ricoperto incarichi istituzionali, né è stato mai candidato in Calabria. La sua nomina può dunque essere interpretata come un segnale di rinnovamento. Tra le sue passioni spiccano l’amore per i dischi in vinile (soprattutto dei cantautori italiani) che colleziona da tempo e la Citroen 2CV Charleston, con la quale si muove d’estate nel suo paese in Calabria, dove passa ogni anno parte delle vacanze e dove torna ogni volta che può. Ama leggere (soprattutto saggi) ed è un appassionato di America Latina, che considera la sua seconda patria e della quale scrive, di tanto in tanto, anche sull’Huffington Post.
Serve una riorganizzazione del Pd nel Mezzogiorno dove negli ultimi anni il partito ha arrancato sia dal punto di vista elettorale che di azione politica
«Si bisogna intensificare l'organizzazione del partito. Il Pd al Sud c’è da sempre con i suoi alti e bassi negli ultimi anni ha avuto qualche problema di tipo politico organizzativo ci sono in diverse aeree nel Mezzogiorno diverse federazioni sia regionali che provinciale e dopo la batosta elettorale del 2018, un risultato che è pesato, è cominciata l’azione di rilancio che adesso va ristrutturata in maniera più forte e dinamica e politicamente identitaria per far diventare il Pd quello strumento che serve per migliorare le condizioni di vita generale della comunità».
La sua nomina arriva nel momento in cui in Calabria Irto annuncia il ritiro della candidatura dicendo che il partito è in mano a correnti e feudi. Letta, riconfermando la fiducia a Irto, ha annunciato il rinnovo delle classi dirigenti. Condivide?
«La critica sulle correnti non mi appassiona tanto. Ci sono sempre state nei grandi partiti di massa dalla Dc al Pc, come ci sono nei grandi partiti plurali come il Partito democratico americano. Non mi spaventano neanche nel Pd. Spesso chi critica le correnti lo fa mentre fa parte organica di una corrente. Devono essere semplicemente luoghi di maturazione del pensiero, magari anche pensieri diversi, che poi devono trovare sintesi. Forse è stato questo il difetto: non si è riusciti a fare sintesi e si è invece esasperata la discussione tra le varie anime sull’identità del partito. Ma questo non ha impedito al Pd di svolgere un ruolo fondamentale nel Paese sia quando è stata forza di governo, sia quando è stato all’opposizione. Credo che la mia nomina sia anche segno di un rinnovamento, al Sud non ho mai ricoperto alcun ruolo né politico, né istituzionale. La riorganizzazione certo si incrocia con gli appuntamenti elettorali dei quali si occuperà il responsabile nazionale degli Enti Locali Francesco Boccia che arriverà giovedì per definire alleanze e candidature. Confido che Boccia lavorerà per consolidare le politiche del Pd sul piano del rilancio della Calabria soprattutto nella gestione della sanità, delle infrastrutture e del rapporto con il governo nazionale e Unione europea per creare lavoro. Spero che tutto il partito lavori unito in questa direzione e con spirito costruttivo mettendo al primo posto il bene e il progresso dei calabresi nei prossimi dieci anni e solo dopo le legittime aspirazioni dei singoli».
Le primarie possono essere un modo per risolvere l’attuale situazione di stallo?
«Su un piano teorico possono essere uno strumento come prevede lo statuto del Pd. Anzi una parte dei miei compagni di partito vede nell’impegno sulle primarie un elemento di identità del partito. Non sono radicale su questo, ma penso che possano essere uno strumento. Ma le decisioni le prenderanno Boccia e gli altri a partire da giovedi»
Considera definitiva la decisione di Irto di ritirare la candidatura?
«Credo che in politica non ci sia mai nulla di definitivo. Fossi stato in Irto non avrei fatto un gesto di questo tipo e non avrei ritirato la candidatura. Semplicemente Sarei andato al tavolo degli alleati per capire se c’erano le condizioni per farla diventare la candidatura di tutti oppure se un’altra candidatura avrebbe potuto allargare la coalizione. Riprendendo la discussione interrotta a gennaio. Non considero definitivo il ritiro della candidatura, ma non può considerarsi neanche inamovibile se si deve discutere con gli alleati. Io ai tavoli di discussione non sono mai andato con out out, ma con la volontà di trovare una soluzione di sintesi»
Dopo la discussione accesa su Recovery Plan e Pnrr sembra riproporsi una questione meridionale fatta di nuove esclusioni e penalizzazioni per il Sud. Credo che il Pd riuscirà a prendere sulle sue spalle questa battaglia?
«Credo che il Pd sia in grado prendere sulle sue spalle questa questione. Credo lo abbia fatto anche in passato. Sono stato nel Conte bis e sono stato uno dei consiglieri del ministro Provenzano che più di altri conosce il meridionalismo e le questioni meridionali. Provenzano aveva presentato un piano di rilancio per il Sud decennale per diminuire le distanze con il Nord e tra aree interne e metropolitane. Avevamo ottenuto alcune certezze come quella di avere i finanziamenti non più sullo storico, ma alla popolazione effettiva o la necessità di legare i progetti per ottenere i fondi del Pnrr allo sviluppo del Sud e all’abbattimento dei diversi livelli di sviluppo. Il problema, però, non è solo quanti fondi vengono assegnati al Sud, ma anche relativo alla capacità di presentare progetti in grado di andare nella direzione indicata dall’Europa. Negli anni abbiamo avuto ingenti fondi strutturali che non siamo stati in grado di spendere. Serve una classe dirigente in grado di amministrare e presentare progetti concreti e finanziabili. Per questo serve ristrutturare il partito non guardando alle elezioni, ma ai prossimi dieci anni. Serve una classe dirigenti di giovani che non pensino alle prossime candidature, ma pensino a fare del Pd uno strumento forte in grado di creare visione per il futuro. Questo sarà sicuramente uno degli obiettivi che perseguirò dal ruolo che mi è stato assegnato».