La federazione del Partito democratico catanzarese è l'unica, insieme a quella di Vibo Valentia, a non essere stata commissariata dal Nazareno, nonostante che dall'insediamento del segretario provinciale ed ex sindaco di Pianopoli (datato, ormai, novembre 2017), Gianluca Cuda, una parvenza di segreteria è stata costituita solo tre anni dopo, con nel mezzo la “trombatura” eclatante dello stesso Cuda alle scorse regionali.

Oggi, però, con le nuove elezioni alle porte, il Pd “cudiano” è in subbuglio, al netto degli ulteriori “innesti” simil dirigenziali fatti di nomine “vuote” all'interno della segreteria stessa all'insegna del “volemose bene”, come la delega all'attuazione del programma all'ex competitor al congresso provinciale, Ernesto Palma (che di programma, ne aveva un altro), quella all'ambiente al l'ex cicontiano Andrea Iemma, quella alla comunicazione data alla giovanissima girl-scout Lidia Vescio.

Il fardello “quote rosa”

I dem si stanno scontrando in queste ore con il “nuovo” (per la Calabria, causa colpevole ritardo nell'adeguarsi alla normativa nazionale) obbligo del 40% di donne nelle liste elettorali regionali. Questo ha scoperchiato l'assenza plateale di dirigenza femminile e la scarsa utilità delle passerelle in rosa delle “donne democratiche” riunite in conferenze e caminetti, ma non (ancora) in grado di incidere su un management partitico tutto maschile quando si tratta di scelte che contano, come quella di sostenere una candidatura regionale. Basta ricordarsi come lo scorso anno l'ex assessora regionale al lavoro Angela Robbe (convertita allo zingarettismo all'ultimo minuto) è stata messa in lista e abbandonata dal Pd stesso, arrivando così ultima tra gli 8 competitor interni.

Ora, a flagellare il Pd catanzarese c'è, in primis, ma non solo, proprio l'assenza di una candidatura femminile. Se inizialmente si è paventato il nome della componente della segreteria cittadina del Pd lametino Annita Vitale, figlia della ex senatrice di Forza Italia Ida D'Ippolito, per un breve momento è uscito il nome della citata componente della segreteria provinciale Lidia Vescio. Prima delle non elette alle ultime amministrative di Lamezia Terme nella lista del Pd, ma con un discreto numero di preferenze racimolate grazie alla “accoppiata” elettorale con l'ex consigliere comunale Vittorio Paola. Giovane avvocata uscita dall'orticello politico della sinistra dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, sulla carta poteva incarnare quel nuovo corso del Pd “viscomiano” (che strizza l'occhio a un certo clero) che a distanza di più di tre anni dall'elezione del deputato-docente di Catanzaro non è decollato. Anche in questo caso sarà così, la Vescio è stata ritenuta troppo acerba.

Molto più in linea con il noto familismo calabrese potrebbe, invece, essere la candidatura della consigliera comunale di Lamezia Terme e già candidata al collegio uninominale del Senato a Catanzaro con il Pd nel 2018, Aquila Villella, cognata della candidata alla presidenza Amalia Bruni. Una sua elezione farebbe subentrare in consiglio comunale la Vescio e in quel di Lamezia sarebbero tutti contenti.

A Catanzaro il Pd è “imbarazzante”

Peccato per i lametini, ma il baricentro politico (e numerico, in termini di voti) del Pd è da tutt'altra parte, ossia a Catanzaro, dove, però, i dem hanno più di una situazione “imbarazzante” da risolvere.
In primis, il fatto che il consigliere regionale Libero Notarangelo (che da tempo ha manifestato l'intenzione di non ricandidarsi) ha come capostruttura l'attuale candidato col centrodestra e consigliere comunale di Catanzaro, Sergio Costanzo, pagato ben 3.397,72 euro al mese per fare la “sua” campagna elettorale contro il Pd. Lo stesso gruppo di Costanzo nei mesi scorsi ha beneficiato di numerosi contratti di collaborazione pagati dal gruppo consiliare del Pd su impulso dello stesso Notarangelo. Inoltre, Sergio Costanzo (si specifica, non indagato per reati di mafia) è cugino di primo grado del boss dei Gaglianesi, Girolamo Costanzo, detenuto nel carcere di Opera perché condannato all'ergastolo.

La grana Pitaro

A togliere il sonno ad un ipotetico nuovo corso del Pd catanzarese, che nel capoluogo si riunisce con giovani emergenti di belle speranze intorno ad un tavolo di centrosinistra allargato al M5s, ci sono le trame di palazzo che vorrebbero l'ex callipiano Francesco Pitaro nella lista del Pd, partito al quale recentemente si è tesserato.

Ci sarebbe la sua presenza dietro le dimissioni, poi congelate, del segretario provinciale Gianluca Cuda, forse pronto a fare un passo indietro per un futuro da portaborse. Ipotesi non peregrina se pensiamo che l'ex segretario regionale di Fratelli d'Italia Ernesto Rapani oggi è portaborse dell'assessore sovranista al Turismo Fausto Orsomarso.

Pitaro ha fatto storcere il naso ai più, non solo per motivi familiari. Suo fratello Pino, ex sindaco di Torre di Ruggiero, è a processo per concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito dell'inchiesta “Orthus” di Nicola Gratteri. Per lui la procura ha chiesto 6 anni di carcere e si attende sentenza.

L'altro fratello, Romano, è al centro dello scandalo dei giornalisti del Consiglio regionale che per 25 anni sono stati strapagati senza aver fatto alcun concorso pubblico. Il ministero delle finanze contesta a Romano Pitaro, per i soli anni 2008-2012, degli “importi illecitamente riconosciuti” pari a quasi un milione di euro. Sul tema è intervenuta anche la Corte Costituzionale e di recente la segretaria generale del Consiglio regionale Maria Stefania Lauria ha provveduto a cessare ogni rapporto lavorativo (ma ancora non ha richiesto indietro le somme).

Nel “team Pitaro” non c'è solo la famiglia, ma anche personaggi di peso come l'ex assessore all'Ambiente di Sergio Abramo, Giampaolo Mungo, recentemente condannato a nove mesi di reclusione per traffico di influenze illecite. La figlia Cristina è portaborse di Pitaro a 1.698,86 euro al mese.

Presente anche l'ex consigliere comunale di centrodestra Giulio Elia come “supporto tecnico”. Come autista a 1.196,12 euro al mese ha Mattia Corsi, parente del consigliere comunale di Catanzaro Jonny Corsi, candidatosi nel 2017 con l'Udc e subentrato dopo l'arresto di Tommaso Brutto nell'ambito dell'inchiesta “Basso Profilo”.

È proprio in questa inchiesta che compare l'ex vicesegretaria provinciale di Catanzaro dell'Udc Amanda Lamberti, oggi portaborse di Pitaro. Agli atti dell'inchiesta (ma nessuno di loro risulta indagato) c'è la richiesta del marito della Lamberti a Tommaso Brutto di voti per la consorte alle elezioni comunali di Catanzaro.

Tra i portaborse è presente anche Fabrizio Borrello, parente dell'ex consigliere regionale pizzitano dell'Udeur Antonio Borrello. Tra i supporter, più sotto traccia, c'è anche la consigliera comunale di Catanzaro, ex talliniana, Manuela Costanzo, parente del citato Sergio.

Certo è che qualora Pitaro divenisse l'unico consigliere regionale del Pd di Catanzaro, lo zampino sul nome per la sindacatura post-Abramo ce lo metterebbe, con buona pace dei tavolini di centrosinistra e dei sogni dell'eterno civico Nicola Fiorita.

La "soluzione" Soverato

C'è chi ritiene che ad arginare l'ondata pitariana (un po' destrorsa) ci penserà il sindaco di Soverato, Ernesto Alecci, già candidato del Pd e non eletto alle politiche del 2018 e alle provinciali del 2019. Candidatosi in passato contro il Pd, ha sempre avuto coi democrat un rapporto altalenante. Forte della rielezione plebiscitaria nel suo Comune, gode del sostegno dell'ex ministro Luca Lotti e della corrente “base riformista”.

L'unico cruccio è che il giovane Alecci alle ultime regionali, come lui dichiarato pubblicamente in televisione, abbia sostenuto e votato Pietro Matacera, suo vicesindaco, candidato nella lista di Forza Italia.
Quest'ultimo, con i suoi 2211 voti (801 solo a Soverato) ha “retto” la lista azzurra facendo eleggere l'ex presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini, bollato come “impresentabile” dalla Commissione parlamentare antimafia.
Insomma, nel Pd “cudiano” è lotta tra notabili in crisi ed in pensiero per il futuro... proprio.