Il segretario provinciale di Catanzaro vede la presentazione del libro di Marco Minniti come l’occasione per riflettere sulla crisi della sinistra
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«La presentazione del libro “Sicurezza è libertà” di Marco Minniti a Catanzaro, è stata l’occasione per riflettere a tutto campo sul clima di rabbia e di paura che nel paese ha preso il sopravvento dopo il 4 di marzo, per ritrovare la forza per reagire e superare questo stato di cose.
Ritorno di proposito su questo incontro, e lo faccio per sottolineare la qualità della riflessione che ho avuto modo di ascoltare, e che, a distanza di qualche giorno mi è rimasta impressa, coinvolgendo, non solo Marco Minniti, l’arcivescovo monsignor Vincenzo Bertolone, quest’ultimo si è prodotto in una pregevolissima analisi sociale e il giornalista Filippo Veltri, ma anche i tanti presenti alla presentazione del libro, molti dei quali gruppi dirigenti non provenienti dalla politica che operano quotidianamente in Calabria e nella provincia di Catanzaro.
Il risultato è stato sorprendente, per una volta abbiamo visto la politica che interroga criticamente se stessa, che recupera lenti per leggere la realtà e si sforza di capire, cogliendo la consapevolezza della gravità del dato attuale, tanto da non escludere pericolose strade autoritarie e antidemocratiche.
Da qui il senso nuovo di responsabilità, che deve indurre il Pd e la sinistra ad una riconsiderazione di sé, ad un andare oltre per creare condizioni nuove per ritornare a parlare, o per dirla con Marco Minniti, per tornare a “comunicare” con il paese e con la sua gente, tenuto conto della “frattura sentimentale” prodotta.
Urgente quindi ritornare ad una battaglia delle idee da combattere corpo a corpo nella società per riprendere ruolo e identità, sintetizzata nella cruda domanda: “Se non è più la sinistra a difendere i ceti sociali più deboli ed esposti, chi altri lo può fare?”.
Tali interrogativi coinvolgono tutti i democratici quotidianamente, e ci costringono a riconsiderare il nostro agire politico, permeandolo di un senso di solidarietà e di comunità più forte, favorendo il coinvolgimento e la libera espressione della opinione di tutti. Abbiamo la necessità di includere potenza sociale, contributi personali, recuperando uomini e donne che hanno deciso di allontanarsi perché si sono sentiti traditi.
Il prossimo congresso questo deve essere. Non il prevalere di un candidato sull’altro, l’ennesima disputa sulle persone, magari attraverso l’inutile ostentazione muscolare di ricerca di firme, ma come un tentativo di tornare a comunicare all’esterno per rimarginare la ferita sentimentale con il nostro popolo. La vera discontinuità in Calabria, parola che spesso viene usata in maniera audace, è questa. Altrimenti si avrà dato modo di aver capito poco della lezione che ci è stata data e rischiare una ulteriore rovinosa ripetizione del 4 marzo».
Gianluca Cuda