Dopo le dimissioni di Mangialavori, gli Uffici di palazzo Campanella rispondono alla diffida dell'escluso: «Non è competenza del Consiglio decidere sulla regolarità delle operazioni elettorali». Il politico cosentino ammonisce i consiglieri regionali: «Non votate questa surroga»
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Sarà Claudio Parente ad occupare lo scranno lasciato vuoto dal senatore Giuseppe Mangialavori che ha formalizzato le proprie dimissioni dopo che giunta delle elezioni lo aveva dichiarato incompatibile.
Non hanno avuto esito le reiterate richieste di Gianpaolo Chiappetta che aveva inviato una pec agli Uffici di palazzo Campanella rivendicando il posto che fu di Wanda Ferro, eletta alla Camera dei deputati. Secondo l’interpretazione dei legali di Chiappetta andava valutata la miglior prestazione elettorale nel collegio unico calabrese (dove è stata eletta la Ferro) e non quello circoscrizionale in cui è stato eletto Mangialavori. In quel collegio il primo dei non eletti sarebbe stato proprio il cosentino.
Palazzo Campanella dopo mesi di silenzio ha finalmente risposto alla richiesta di Chiappetta rimettendo tutto alla magistratura. «Al Consiglio regionale è inibita la possibilità di valutare e/o aderire alla sua richiesta. E ciò proprio per il prescritto difetto che sottrae ai Consigli regionali quella prerogativa tipica delle Camere del Parlamento cui invece è riconosciuta la possibilità di valutare la regolarità delle operazioni elettorali».
In sostanza anche se Chiappetta avesse ragione non sono gli Uffici di palazzo Campanella a doverlo stabilire limitandosi a chiamare il primo dei non eletti nel collegio dell’eletto da surrogare.
«Una decisione pilatesca» il primo commento di Chiappetta che annuncia ricorsi per via giurisdizionale e che comunque ha già proceduto a diffidare i consiglieri in carica che saranno chiamati ad approvare la surroga, per come proposta dall’Ufficio di presidenza, al prossimo Consiglio regionale utile. E che, secondo il consigliere cosentino, approvando una surroga errata si assumerebbero, per loro parte, la responsabilità dell’atto.
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