«Le peggiori riforme della scuola vengono approvate in estate, quando la luce dei riflettori è puntata su altro. Così fu per la contestata legge 107/2015 del governo Renzi, così è per la proposta di legge sulla regionalizzazione del ministro Bussetti. Il disegno di legge prevede l'autonomia delle regioni in merito alle procedure concorsuali, alle risorse economiche da destinare all'edilizia scolastica e agli stipendi dei docenti che, de facto, diventerebbero impiegati regionali. Una rivoluzione in materia di istruzione che sembra avere tutti i connotati per apparire incostituzionale. "La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi"». Così in una nota stampa Orlandino Greco, consigliere regionale e segretario federale Idm.

 

«Allo Stato – prosegue la nota - quindi compete, in via generale, la predisposizione dei mezzi di istruzione e la creazione delle norme generali in materia. Se dovesse essere approvata appare reale il rischio di una differenziazione concreta delle risorse tra nord e sud Italia. I bilanci economici non fanno presupporre prospettive diverse. Ne è testimonianza la scelta di Bussetti di non includere nel nuovo esame di stato 2019 l'alternanza scuola - lavoro che, secondo quanto dichiarato dal ministro in un'intervista, sarebbe impari per gli studenti meridionali».

 

Secondo Greco, «attraverso la regionalizzazione dell’istruzione sarà consentito alle regioni di stabilire in autonomia la propria offerta formativa e il trattamento economico degli insegnanti, attraverso concorsi regionali ad hoc. Addirittura in queste ultime ore, dopo l’abolizione avvenuta nel 1972, si torna a parlare di gabbie salariali, ovvero l’adeguamento degli stipendi degli insegnanti in ragione del costo della vita. Un modo come un altro per abbassare gli stipendi al sud e aumentarli al nord. Offerta formativa, alternanza scuola-lavoro, assegnazione di contributi alle scuole paritarie, quelli per il diritto allo studio, personale amministrativo Ata: sono gli altri ambiti entro cui ricadrebbero le competenze delle Regioni dopo il processo di regionalizzazione. Una delle questioni più spinose, riguarda la differenziazione degli stipendi che si verrebbe a creare con il provvedimento. Stipendi differenziati per regione e per risorse da destinare alla scuola. Tutto ciò metterebbe a rischio l'unità del sistema scolastico nazionale e creerebbe una scuola differenziata, soprattutto in base alla ricchezza di un territorio. La parità di retribuzione è uno dei pilasti del sistema scolastico nazionale, così come l'uniformità delle proposte e offerte educative».

 

E ancora: «Come se non bastasse, la regionalizzazione della scuola metterebbe in discussione la partecipazione democratica degli studenti e delle loro famiglie introdotta nell’attuale normativa come strumento di interazione volto a consentire il coinvolgimento delle forze sociali, delle comunità locali e degli interessati (studenti e genitori) ai problemi della scuola, e viceversa l’approfondimento dei problemi della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti».

 

Per tutte queste ragioni «l’Italia del Meridione sarà al fianco di docenti e studenti che si schiereranno contro una riforma palesemente nordista, che punta a spaccare il Paese e a creare inaccettabili forme di disuguaglianza».