«Prendiamo atto del pronunciamento del Tar, ma non sfuggono più a nessuno le contraddizioni di un governo che chiude la Calabria ma salvaguarda Regioni amiche».

Lo dice l’assessore regionale all’agricoltura, Gianluca Gallo, commentando la sentenza con cui il Tribunale amministrativo regionale ha cassato l’ordinanza adottata il 30 Aprile scorso dalla Regione Calabria, nel punto in cui si autorizzava la ripresa all’aperto delle attività di bar e ristoranti.

 

«Un comma finalizzato a ridare ossigeno ad un’economia strozzata dalla crisi sanitaria – afferma Gallo – è stato trasformato in materia di duello istituzionale da un Governo che nel mentre si appresta a riaprire, da qui a qualche giorno, le stesse attività di cui ha ottenuto oggi la chiusura in Calabria, si muove con passo diverso nei riguardi di Regioni che hanno autorizzato attività ben più invasive. Si pensi che la Puglia, qualche giorno fa, ha emanato un’ordinanza per consentire, a nostro parere giustamente, la riapertura di estetisti e parrucchieri. Eppure, non una parola l’esecutivo ha ritenuto di dover spendere al riguardo, a dimostrazione di una differenza di trattamento che spiega tante cose».

 

Prosegue Gallo: «La Calabria, con la sua battaglia, ha impresso un’accelerazione al processo delle riaperture che da qui a poco riguarderà gran parte dell’Italia. Abbiamo inteso rappresentare, nel primario rispetto delle esigenze di carattere sanitario, la voce del popolo delle partite Iva, dei piccoli imprenditori, di quanti ogni giorno hanno la necessità di sbarcare il lunario perché non garantiti da un posto fisso o da rendite di posizione. Il governo, però, ha preferito imboccare altra strada».

 

Conclude l’assessore regionale all’agricoltura: «Dispiace constatare che il centrosinistra calabrese, invece di sostenere questo percorso o quantomeno di sollecitare il governo al mantenimento degli impegni assunti con lavoratori e cittadini, strumentalizzi la sentenza ergendosi a paladini di etica, legalità e ed epidemiologia, con disciplina di partito al fianco di coloro i quali dopo aver dichiarato a Roma l’emergenza sanitaria il 31 gennaio, a fine febbraio correvano a bere aperitivi in Lombardia a favore di telecamera, al grido di “Milano non si ferma”. Oggi festeggiano per aver chiuso la Calabria, invece di aiutarla a ripartire».