Oliverio sempre più solo e senza maggioranza ha scelto di rinunciare a cambiare la Regione

Gruppi, personaggi e uomini che sembravano inossidabili, pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, stanno prendendo le distanze dalla sua esperienza politica. Se avessero voluto veramente cambiare l'ente regionale, abbattere un sistema burocratico soffocante e pericoloso, bisognava evitare di imbarcare le peggiori lobby della Regione rappresentate da noti e stranoti manager e personaggi politici interni ed esterni al Pd

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di Pasquale Motta
19 luglio 2018
08:38

Il quadro politico calabrese targato Pd e company, giorno dopo giorno, è oggetto di un processo di disgregazione politica, sociale, elettorale e istituzionale. L’ufficio comunicazione della presidenza della Giunta Regionale snocciola bandi, progetti e intenti. Frutto di una imponente programmazione.  La spesa tuttavia è ferma. Quattrini in giro se ne vedono pochi, almeno da quello che ci dicono gli indicatori economici, i sindaci e i rappresentanti di Categoria. E, per quanto Oliverio si sforzi per dimostrare il contrario, senza “piccioli” non si canta Messa. E’ probabile che qualcosa si attiverà durante la campagna elettorale certo, ma sarà difficile, tuttavia, invertire un’opinione ormai diffusa in maniera capillare tra i calabresi: il fallimento di Oliverio e la sua Giunta.

 


In una nota stampa i consiglieri regionali Neri, Scalzo e Sergio annunciano la costituzione di un nuovo gruppo in consiglio regionale: potremmo facilmente e, forse, fatalmente,  dire a Mario Oliverio:  “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Il Presidente della Regione, a questo punto, si ritrova senza più una maggioranza politica. Gruppi, personaggi e uomini che sembravano inossidabili, pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, stanno prendendo le distanze dalla sua esperienza politica. Era prevedibile che prima o dopo sarebbe finita in questo modo? A ben vedere, si, era prevedibile.  Anche perché,  il legno sul quale si teneva la maggioranza  “non era  legno con il quale si potevano fare Crocefissi”. Solo che, il “legname” a disposizione non era il frutto di un “destino cinico e baro” ma, il frutto di una precisa scelta politica  voluta  da Oliverio e Nicola Adamo, i quali, fin dall’inizio, hanno preferito rinunciare ad un processo di rinnovamento della politica e della Calabria per avere la certezza della vittoria. Se avessero voluto veramente cambiare la Regione, abbattere un sistema burocratico soffocante e pericoloso,   bisognava evitare di imbarcare le peggiori lobby della Regione rappresentate da noti e stranoti manager e personaggi politici interni ed esterni al Pd. Il sistema Regione è un sistema marcio, corrotto. Pensare di rinnovare il sistema Regione con personaggi che un tale sistema hanno contribuito a crearlo,  era da folli, oppure una grande bufala.  Protendo per la seconda ipotesi. Una bufala che Oliverio ha confezionato ai danni dell’elettorato del centrosinistra calabrese.

 

A novembre del 2014 Oliverio avrebbe potuto vincere anche se avesse scelto di concorrere con liste costituite da illustri sconosciuti. Il vento tirava a suo favore.  Invece ha preferito percorrere la strada elettoralmente più sicura, quella dei signori delle tessere e dei voti clientelari. C’era stato, per esempio,  un timido tentativo di non ricandidare Tonino Scalzo alle regionali ma le truppe cammellate del consigliere regionale di Conflenti scesero  dai monti del Reventino e dalla vicina montagna Sambiasina assediando l’hotel nel quale si era barricato Nicola Adamo, costruttore delle liste che hanno sostenuto Oliverio. Alla fine, a cadere furono solo alcuni, magari, chissà, erano i veri obiettivi di Oliverio e Adamo, considerato che erano tutti interni al PD.  Scalzo, invece,  non solo fu candidato, ma venne eletto Presidente del Consiglio regionale,  mentre il suo competitor interno, Enzo Ciconte, altro signore delle tessere e di clientele, fu nominato vice presidente della Giunta regionale. I due medici avevano entrambi la stessa matrice: esponenti dalla corrente di Loiero.   Oliverio e Adamo, dunque, preferirono percorrere la comoda strada della continuità, del compromesso sicuro, della legittimazione del trasformismo, perpetuando la peggior tradizione politica calabrese. La si può girare come si vuole, la realtà dei fatti, purtroppo, è questa.

In tanti avevamo creduto e ci eravamo illusi che, Oliverio, al termine della sua “luminosa” carriera politica, avrebbe fatto un regalo alla nostra terra: ci avrebbe traghettato verso una nuova regione. Un mondo nuovo.  Pensavamo, ci illudevamo che ci sarebbe riuscito nonostante il pastone indigesto della sua coalizione. Ci siamo sbagliati. Al tramonto della legislatura, il governatore si lascia alle spalle una montagna di macerie politiche. La sinistra disgregata. Il PD polverizzato. Una maggioranza liquefatta. Un quadro sociale quasi in rivolta. Il mondo sindacale di sinistra ostile.  Nonostante ciò, il governatore, per il futuro, non riesce a vedere altro che se stesso. E  con un quadro politico distrutto, difficilmente troverà ostacoli nell’obiettivo dichiarato di una seconda candidatura.  

 

Chiaramente, gente come Scalzo e company, non  determineranno mai lo scioglimento anticipato della legislatura. Nessuno di costoro ha minimamente intenzione di rinunciare a circa 19 mensilità di stipendio da consigliere regionale. La politica alle nostre latitudini è anche questo (o soprattutto). Scalzo, Sergio e Neri (ma a breve altri li seguiranno), si stanno semplicemente riposizionando rispetto alla maggioranza, con l’obiettivo  non celato di contrattare meglio, di aumentare il loro potere di contrattazione. A queste gente serve “carburante” per poter continuare a sopravvivere sulla piazza politica. In un passaggio della loro comunicato sono stati chiari: “mentre la prima Giunta regionale “tecnica” nasceva dalla contingenza del momento politico, la seconda, che ha visto la luce ormai da diversi mesi, non ha dimostrato una capacità risolutiva delle tante questioni aperte per il futuro della Calabria. Abbiamo il tempo necessario per tornare ad essere forza di governo in Calabria se avremo la capacità di cambiare rotta, in fretta e con convinzione”. In due righe hanno bocciato la seconda giunta tecnica. Il segnale è stato diretto, forte e chiaro: a casa la Giunta tecnica, si ritorni alla politica. Una tegola sulla testa di Oliverio, considerato che,  senza questi consiglieri, la maggioranza non esiste più.    I consiglieri regionali hanno bisogno di maggior potere per tentare di sopravvivere politicamente ed elettoralmente. Scalzo, tra l’altro, da mesi partecipa già a un tavolo diverso da quello del centrosinistra, al tavolo dei fratelli Gentile. E tuttavia, anche la prospettiva del cambio di carro, ha bisogno, comunque, di un cospicuo carico di prebende e clientele da soddisfare. Dunque, Oliverio deve mettere mano al portafogli delle cariche e delle risorse, altrimenti, il consiglio regionale, nei prossimi mesi potrebbe trasformarsi in una sorta di “Vietnam” politico.  

Pasquale Motta

 

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Giornalista
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