Il presidente della Regione Calabria cerca di non lasciare campo libero al Movimento 5 stelle: mette paletti alla bozza Calderoli e difende il reddito di cittadinanza ma deve risolvere il paradosso della norma sul “consigliere supplente” che allarma l’opinione pubblica e potrebbe essere varata oggi dal Consiglio regionale (ASCOLTA L'AUDIO)
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Se Roberto Occhiuto è riuscito ad attraversare da protagonista vent’anni di politica italiana e calabrese è perchè non solo è capace e preparato, ma ha anche quel quid in più che possiamo definire fiuto politico.
Quel fiuto da giorni gli sta mandando messaggi d’allarme. Lo stesso tormento, fra l’altro, vive la premier Giorgia Meloni ovvero la forza del populismo (ma quello buono, però) nel Sud. Il timore cioè che prendere a picconate il reddito di cittadinanza e far partire l’autonomia differenziata rischia di trasformarsi in un boomerang per il centrodestra e un assist per il MoVimento 5 Stelle già pronto a cavalcare l’indignazione del Meridione.
Nonostante il Ministro Roberto Calderoli dica ad ogni occasione, con malcelato ottimismo, che «sta andando tutto bene», il Governo ha legato l’autonomia a doppio filo con la riforma presidenziale; non il migliore dei modi per dare un’accelerazione alla riforma. Anche sul Rdc le posizioni della Meloni hanno assunto toni differenti rispetto quelli della campagna elettorale nella quale si parlava di abolizione tout court.
Roberto Occhiuto ha intuito e frena. Sa che l’abbinata autonomia differenziata e RdC farebbe volare il M5S che in Calabria è già primo partito. Così dopo una prima dichiarazione più possibilista sui nuovi poteri da trasferire alle Regioni, da qualche giorno si mostra più prudente. «Non ho pregiudizi nei confronti dell’autonomia differenziata, l’ho detto al ministro Calderoli - ha detto ieri a SkyTg24 - L’autonomia differenziata, per funzionare, ha bisogno che i diritti civili e sociali siano garantiti nello stesso modo dappertutto, attualmente non è così nel nostro Paese. Quindi, sì all’autonomia differenziata, a condizione che siano realizzate anche le altre indicazioni che ci dà la Costituzione».
Anche sul reddito di cittadinanza, Occhiuto si è mostrato morbido: «La Calabria - ha detto intervistato dall'Adnkronos - è una Regione con uno dei tassi più alti di povertà assoluta. Per questo motivo, il reddito di cittadinanza, nella parte che riguarda il contrasto alla povertà, è una misura che in un periodo come questo non si può cancellare».
Il problema è che proprio mentre provava a rintuzzare le pulsioni populiste nazionali, il problema gli è scoppiato in casa. Prima la notizia del vitalizio di 4700 euro al mese per l’ex Governatore di centrodestra Giuseppe Scopelliti che a soli 55 anni incasserà una cospicua pensione al contrario della stragrande maggioranza degli italiani costretti a lavorare fino ai 67 anni. Poi la vicenda del consigliere supplente che i capigruppo della sua maggioranza vorrebbero inserire subito, approvando già lunedì pomeriggio la norma in consiglio regionale.
Naturalmente Occhiuto non ha colpe nel primo caso. Scopelliti merita la pensione perché così prevede la legge. Nel secondo invece qualcosa di più potrebbe fare. Potrebbe per esempio chiedere ai suoi capigruppo qual è lo scopo della leggina che si vogliono approvare. I dati su questo sono impietosi.
Il Consiglio regionale della Calabria dal suo insediamento avvenuto il 15 novembre 2021 si è riunito in Assemblea 13 volte in un anno, quindi al netto della seduta d’insediamento, in media una volta al mese; anche i lavori delle Commissioni consiliari si svolgono con una frequenza media di una, al massimo due, riunioni mensili. Non sono sufficienti, al di là se la spesa varierà o meno, venti consiglieri di maggioranza per svolgere le attività istituzionali? È davvero questa la Calabria “che non t’aspetti?”. A noi sembra piuttosto che la Calabria, o meglio la sua classe politica, in questa versione sia la stessa di sempre.
Il presidente della giunta regionale lo sa e difatti ad oggi non ha preso una posizione ufficiale sull’argomento. Probabilmente la prenderà domattina quando si terrà la capigruppo allargata al presidente per discutere proprio di questo punto. Dal centrodestra la consegna è quella del silenzio chè su questa vicenda di polemiche ne sono scoppiate già troppe. Ma la stessa riunione di maggioranza a ridosso del consiglio fa capire che il centrodestra in fondo non è così compatto sull’opportunità della norma.
Lo dimostra anche la recente dichiarazione del presidente del consiglio regionale, Filippo Mancuso, che in una nota ha difeso la legittimità della legge, ma non ha speso una parola sulla sua opportunità. D’altronde la Lega sul punto si è defilata con la capogruppo Simona Loizzo che non solo non ha firmato la proposta di legge, ma nemmeno le dichiarazioni a difesa della stessa che i suoi colleghi capigruppo hanno diffuso qualche giorno fa.
Dall’entourage del Governatore dicono che ad Occhiuto questa storia gli sarebbe rimasta un po’ sul gozzo e che nelle ultime ore abbia avuto interlocuzioni con autorevoli esponenti di Fratelli d’Italia per far rinviare la proposta. In fondo tutta questa vicenda nascerebbe proprio all’interno dei meloniani e dall’esigenza di accontentare sia Giuseppe Neri sia Giovanni Calabrese.
L’imprenditore reggino era convinto di aver trovato la quadra con se stesso da spedire in giunta e il sindaco di Locri in consiglio. La strada adesso si è fatta molto in salita. È vero che la legge è stata inserita nell’ordine del giorno del consiglio regionale di domani, ma la capigruppo potrebbe decidere per un rinvio. È questa l’ipotesi più accreditata.
Vedremo se il presidente Occhiuto stupirà davvero la Calabria, denunciando pubblicamente e con coraggio, come ha già fatto in altre occasioni (vedi Sacal) che questa legge non ha senso politico e finirebbe per consegnare ai calabresi l’immagine di una politica capace di guardare solo al proprio ombelico mentre fuori dal palazzo la crisi morde madri e padri di famiglia.