Una sentenza dichiara illegittimo un decreto del governo gialloverde che, di fatto, bloccava la concorrenza. La decisione parte dal giudizio su una legge approvata in Calabria nell’aprile 2023 che apriva a 200 nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente
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Lo slancio e la soddisfazione per la nuova vittoria sul governo sembrano quelli di un rappresentante dell’opposizione. Arrivano, invece, dal governatore della Calabria Roberto Occhiuto: il tema è quello delle licenze Ncc (Noleggio con conducente), terreno di uno scontro già consumato con il governo. L’arbitro è la Corte costituzionale e la Calabria ha avuto di nuovo ragione.
La sintesi di Occhiuto è efficace: «Calabria-Governo 2-0. Non è una partita di calcio, ma il risultato decretato dalla Corte Costituzionale che ha rigettato entrambe le impugnative di Palazzo Chigi contro le nostre due leggi regionali costruite con l’obiettivo di distribuire nuove licenze Ncc in Calabria per favorire la mobilità di cittadini e turisti».
Più che Calabria contro Governo è Occhiuto contro Salvini, con tutte le fascinazioni politiche che il faccia a faccia riesce a evocare: Forza Italia contro la Lega, Sud contro Nord (leggasi confronto sull’Autonomia differenziata) e via dicendo. Il ministro leghista dei Trasporti ha chiesto al governo di impugnare entrambe le leggi: ha perso due volte davanti alla consulta.
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«Lo scorso 7 marzo – sottolinea Occhiuto - avevamo vinto il primo tempo, con il via libera della Corte alla nostra prima legge». La sentenza di marzo riguardava la legge regionale numero 37 del 7 agosto 2023: Disposizioni per l’esercizio del trasporto pubblico non di linea e norme concernenti il ruolo dei conducenti dei servizi pubblici di trasporto non di linea.
Oggi il secondo round: la Consulta - nel giudicare la norma calabrese (la numero 16 dell’aprile 2023) che prevede la possibilità di assegnare 200 nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente - «ha sollevato davanti a sé la questione di legittimità costituzionale della legge dello Stato che regolamenta l’intero settore, e ancora una volta ci ha dato ragione», spiega il governatore.
Una sconfitta che amplia il contesto: «Il divieto di rilasciare nuove licenze Ncc è incostituzionale. Questo divieto, si legge nella sentenza della Corte Costituzionale, “ha alzato una barriera all’ingresso dei nuovi operatori”, compromettendo gravemente “la possibilità di incrementare la già carente offerta degli autoservizi pubblici non di linea”».
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È la stessa Consulta a spiegare, in un comunicato stampa nel quale dà notizia della decisione che la norma dichiarata illegittima ha pertanto causato, in modo sproporzionato, «un grave pregiudizio all’interesse della cittadinanza e dell'intera collettività».
I servizi di autotrasporto non di linea, infatti, concorrono a dare effettività alla libertà di circolazione, «che - viene sottolineato nella sentenza - è la condizione per l’esercizio di altri diritti, per cui la forte carenza dell'offerta» - che colloca l’Italia fra i Paesi europei meno attrezzati al riguardo - generata dal potere conformativo pubblico ha indebitamente compromesso «non solo il benessere del consumatore, ma qualcosa di più ampio, che attiene all’effettività nel godimento di alcuni diritti costituzionali, oltre che all’interesse allo sviluppo economico del Paese».
«Siamo davanti a una decisione storica e senza precedenti – chiosa Occhiuto – che ammacca le corporazioni e che finalmente rende il mercato realmente libero a vantaggio dei cittadini e di chi vuole fare impresa». Un colpo della Consulta alla lobby dei tassisti e uno di Occhiuto al governo.
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La sentenza dei giudici costituzionali dichiara incostituzionale l’articolo 10 del decreto del 2018 varato dal governo Conte 1 (maggioranza Lega+M5S) in questo passaggio: «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto ...non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del servizio di noleggio con conducente con autovettura».
Lo stop ha permesso «di alzare una barriera all’ingresso di nuovi operatori» con le conseguenze che abbiamo visto in termini di disservizi e code degli utenti alla ricerca di un’auto pubblica. «È rimasta inascoltata - sottolinea il provvedimento - la preoccupazione dell’Autorità Garante della concorrenza per la quale l’ampliamento dell’offerta risponde all’esigenza di far fronte a una domanda elevata e insoddisfatta soprattutto nelle aree metropolitane caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall'incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione».
A commentare con favore la decisione anche anche di Uber, piattaforma interessata allo sviluppo del servizio di trasporto da poco sbarcata proprio in Calabria: «La sentenza pone fine a uno stallo durato 6 anni e rimuove gli ostacoli all’endemica scarsità di servizi di trasporto delle città italiane. Speriamo che il governo prenda atto della decisione», dichiara il general manager della società, Lorenzo Pireddu.