Radici vibonesi, una vita spesa ad insegnare e scrivere nella lontana Milano. La sua proposta a cittadini, associazioni e forze politiche in una nuova fase segnata da scandali e degrado della cosa pubblica
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Li definisce «giorni di assoluta abiezione». Quelli nei quali anche il presidente del Consiglio regionale viene arrestato, mentre la Calabria è guidata da un presidente facente funzioni con un passato da autore televisivo ed un presente nel quale rivendica il diritto di chiamare - fino all’ultimo dei suoi giorni - «negri» e «froci» i neri e gli omosessuali.
Pino Tripodi, filosofo calabrese della diaspora, svela il suo intento proprio adesso: lanciare una «proposta luminosa» davanti all’oscurantismo. Si chiama Un voto per la Calabria, che è in sé un manifesto, una piattaforma programmatica, un progetto politico, una lista da approntare in vista del ritorno alle urne nella regione più disastrata d’Italia.
«Basta briciole e favori»
Filosofo nato a Vibo Valentia e residente a Milano, presidente della Banca della Solidarietà, ha scritto Io sono un black block, Io servo dello Stato, Lo Stato e la globalizzazione, Per sempre partigiano, Vivere malgrado la vita, La zecca e la malacarne, è protagonista di un’analisi è lucida e alfiere di una mossa «semplice». «Inutile - dice Tripodi - sperare nel governo della cosa pubblica. La politica è divenuta un'arma consunta, fonte organica di caos e di corruttela. Come rimediare? Certo non con il lamento, il vittimismo, le clientele. Tutto il vetusto armamentario della ritualità politica va lasciato in soffitta. Ci vuole un'insurrezione generale delle coscienze, una rivolta concreta e spirituale condotta senza le armi e senza spargimento di sangue. Allora come? Basta cambiare totalmente segno al significato del voto. Non più espressione del rito con cui i sudditi tollerano di farsi governare, non lo scambio promissorio di briciole e favori, ma impegno solenne e sacro. Il voto come promessa rivolta a se stessi di impegnarsi a fondo nello spazio pubblico come custodi del suo benessere e germogli di un futuro meno cupo».
Il santo divenuto pedina
L'obiettivo della lista elettorale Il Voto, qualora «conquisti campo d'esistenza, non sarà la presa del potere», continua il filosofo. «Neanche lucrare specularmente all'opposizione - aggiunge - Cambiando l'ordine dei governanti infatti il risultato non cambia. Anche chi entra sinceramente e lealmente nelle stanze del governo si accorge presto di non apportare il cambiamento desiderato. Se ciò è vero in assoluto, la pia illusione del cambiamento per mezzo del governo si è rivelata tale soprattutto in terra di Calabria, dove anche i migliori propositi politici devono fare i conti con dinamiche radicate e condivise tese sempre al peggio del possibile. In quella macchina del governo anche il santo finisce inesorabilmente per divenire pedina stupida del sistema».
Se cambiare governanti non serve, quindi, che fare? «Inutile affidare la frustrazione delle masse all'indifferenza, al disinteresse, all'astensione, all'abbandono della sfera pubblica, alla cura degli interessi piccini. Occorre al contrario una nuova forma di protagonismo per plasmare l’anima della Calabria, per ricostruire la sua società in macerie. Una specie di governo del non governo, di potere dei governati».
Eletti… ma fuori dai palazzi
Tripodi invita a perseguire una rivolta del voto in «semplici mosse». Presentando una lista, Il Voto appunto, che abbia il compito di «raccogliere consensi per candidati che non siederanno negli scranni del potere, che rimarranno fuori dai palazzi del governo». Per fare che cosa? «Per controllare in maniera spietata l’efficienza e la legittimità di ogni atto pubblico assieme alle associazioni, ai singoli cittadini organizzati nei Comitati del Voto da formare in ogni Istituzione». Inoltre «bombarderanno il governo della cosa pubblica con idee-progetto da realizzare. In questo modo ognuno potrà divenire protagonista e forgiatore di una società nuova».
Tripodi evoca la formazione di un’etica pubblica diffusa. Solo a quel punto ci si potrà occupare direttamente del governo della cosa pubblica. Fin qui il progetto e le speranze di Tripodi. «Qualora si realizzassero, quello calabrese potrebbe essere un modello per il resto del mondo - assicura -. La Calabria, infatti non è l'eccezione alla regola. È semplicemente la sua piaga».
Noi, i senzasperanza
Ma la questione vera è: la Calabria è pronta per realizzare quest'utopia concreta? È domanda tosta con cui fare i conti. «Il timore - evidenzia il filosofo - è che noi calabresi, a furia di umiliazioni, vessazioni, malcontento e diaspora ci sentiamo impotenti, inclini al vittimismo e alla disillusione, affetti dal sentimento di inerzia per una realtà che ormai sembra troppo consunta per essere risanata. Nella totale rassegnazione è gioco forza che le nostre genti si affidino ancora al solito tran tran che li macina. D'altronde, noi calabresi, i senzasperanza dell'umanità, non assistiamo increduli ai giochini di palazzo già iniziati per le prossime regionali? Dov'è finita l'etica pubblica, la speranza di una regione migliore tra quei candidati protesi ad affermare la loro egoicità, che spingono la Calabria cieca verso il baratro prossimo venturo?».
La zecca e la malacarne
Interrogativi con i quali devono misurarsi associazioni ed elettori confusi e persi. «Ma anche le forze politiche tradizionali - osa Pino Tripodi - dovrebbero riflettere attentamente, accettare la sfida lanciata dalla nuova proposta». In un libro, La zecca e la malacarne, Tripodi aveva già gettato i semi etici e letterari di una proposta per il Sud. Quei semi - afferma - «adesso sono germogliati in una nuova visione della filosofia politica».
Riusciranno a trovare terreno fertile nella nostra Calabria? Gli intellettuali, i politici, i cittadini comuni firmeranno quella proposta o la rigetteranno con fastidio? O rimarrà l'ennesimo messaggio in bottiglia lasciato a navigare per acque putride e perigliose?