Ancora acque agitate nel Movimento 5 stelle dopo l’apertura del procedimento disciplinare da parte dell’ormai noto collegio dei probiviri (formato da Raffaella Andreola che a LaCNews24 in esclusiva ci aveva detto di essere contraria alle espulsioni, dalla ministra Fabiana Dadone e dal consigliere regionale Jacopo Berti) nei confronti dei parlamentari dissidenti che hanno votato contro la fiducia al Governo Draghi.

Sei i grillini calabresi espulsi

Tra questi si è destato un certo “protagonismo” tra i (quasi?) ex grillini calabresi. Alla Camera sono stati espulsi dal capogruppo M5S Davide Crippa i due corigliano-rossanesi Francesco Forciniti e Francesco Sapia (quest’ultimo è stato il primo consigliere comunale grillino in Calabria). Crippa, commentando pubblicamente le espulsioni è stato lapidario: «Si è scelta una forma oggettiva, non personalizzata, per dare atto di un inadempimento formale rispetto allo statuto del gruppo parlamentare...Chi vuole intraprendere una battaglia legale contro il Movimento, dopo aver votato contrariamente al parere degli iscritti, è libero di farlo. Io ribadisco che rispetto allo statuto del gruppo è un comportamento grave che prevede l'espulsione».
Sulla stessa linea il capogruppo pentastellato in Senato Ettore Licheri che ha anch’esso firmato la lettera di espulsione per i quindici senatori dissidenti, tra cui i quattro calabresi Bianca Laura Granato, Rosa Silvana Abate, Margherita Corrado e Nicola Morra.
La foltissima pattuglia parlamentare calabrese che nel 2018 era composta da 18 parlamentari, dopo l’addio di Silvia Vono, trasmigrata verso le sirene renziane, tocca, quindi, quota 11.

Dissidenti in ordine sparso

Se il deputato Francesco Sapia ha dichiarato che esce dal Movimento «a testa alta, ritenendo di non averne tradito i principi e i valori democratici, sicuro di averli difesi fino alla fine», aggiungendo che proseguirà «nell’impegno a favore del Mezzogiorno e della Calabria», differente visione offre Francesco Forciniti, da tempo in rotta con i vertici pentastellati: «Sono stato espulso dal gruppo parlamentare del M5s. Non ho rancore verso chi ha preso questa decisione, ma sono molto dispiaciuto perchè una storia d’amore lunga dieci anni non meritava di finire così... La velocità con cui sono arrivate queste espulsioni lascia quasi pensare che qualcuno ai vertici non vedesse l’ora di smembrare il Movimento e liberarsi di quella parte più restia ad accettare la svolta moderata e di sistema verso cui i vertici stanno portando il Movimento».

Mentre la catanzarese Bianca Laura Granato, vicina ad Alessandro Di Battista, ha pubblicamente lanciato una “dead line” ai vertici del Movimento sulla sua pagina Facebook: «Come possiamo rimanere parcheggiati nel misto nell’attesa di un provvedimento dei probiviri che non potrebbe far altro che confermare quello dei gruppi parlamentari? E se anche così non fosse, come possiamo noi con un piede fuori e uno dentro cambiare il Movimento dall’interno se non ci siamo riusciti con due piedi dentro? Lascio a voi questo interrogativo sempre ringraziando coloro che ci credono. Io per credere la cosa fattibile ho bisogno di un iter concreto e percorribile in tempi ragionevoli... per me la decisione su una eventuale mia riammissione nel gruppo deve pervenire entro martedì e a condizione che saremo lasciati liberi di votare e agire secondo coscienza, dato che non condivido e non accetto di stare al governo con Berlusconi. Altrimenti mi riterrò libera di assumere tutte le iniziative utili a dotare il mio mandato dei più efficaci strumenti di intervento, perché 50 rappresentanti del popolo hanno il dovere e non solo il diritto di portare in quelle aule la voce di chi li ha eletti e di prestar fede al mandato elettorale sulla scorta degli impegni programmatici che abbiamo sottoscritto (anche quelli passati da Rousseau) e non di un partito che li ha traditi con un inaccettabile cambio di anima, pur restando nella medesima casacca».

Più ermetica la morriana Rosa Silvana Abate che sul voto di fiducia ha dichiarato: «Me ne assumo tutte le responsabilità e le conseguenze - ha detto, avvertendo -. Attenzione, non facciamo parte del gruppo del Senato ma siamo sempre nel Movimento. Attenzione siamo grillini all’opposizione».

Morra fa l’Azzeccagarbugli

Il leitmotiv “Grillini all’opposizione” e “espulsi solo dal Gruppo parlamentare e non dal Movimento” è diventata una litania mediatica veicolata dai pentastellati dissidenti che vorrebbero congelare le espulsioni (con il placet della probivira nazionale a loro vicina, Raffaella Andreola) e contestualmente candidarsi nel nuovo comitato esecutivo (un organo collegiale di Governo del M5S composto da 5 persone che, a seguito delle ultime modifiche dello Statuto, supererà la figura del capo politico) per legittimare una sorta di “scalata” interna.
«Sono fuori dal gruppo del Senato ma non del M5s, c'è una decisione che devono prendere i probiviri e poi deve essere ratificata on line, quando la procedura sarà conclusa allora si portà dire che sono fuori» ha dichiarato il senatore cosentino Nicola Morra a RaiNews24 – aggiungendo: «Il capo politico è l'eligendo comitato, siamo senza capo politico».

Ciò, però, fanno notare fonti pentastellate, pare non sia vero. Lo stesso Vito Crimi ha definito «informazioni erronee» quelle in merito alla fine del suo incarico che, invece, durerà fino all’elezione del “Comitato dei 5”, come confermato dal Garante (anche dell’interpretazione autentica delle norme interne) Beppe Grillo.
In più, secondo l’articolo 11 dello Statuto dell’Associazione Movimento 5 Stelle "l’espulsione dal gruppo parlamentare e/o consiliare, disposta in conformità con le procedure dei rispettivi regolamenti, comporta l’espulsione dal “MoVimento 5 Stelle”, “qualora il regolamento consenta al capogruppo del gruppo parlamentare e/o consiliare del quale l’iscritto espulso fa parte di allontanare il medesimo, il mancato allontanamento costituisce comportamento passibile di essere sanzionato con l’espulsione del capogruppo stesso”, mentre sulla necessaria votazione online, l’articolo 21 del regolamento del gruppo M5S del Senato non la prevede “in casi eccezionali, nonchè su indicazione del Capo Politico”.

Tranchant nel chiudere le polemiche, l’ex capo politico (e probabilmente candidato nel nuovo direttorio a 5) Luigi Di Maio: «Se c’è un voto interno quel voto si rispetta. Sono stufo di strumentalizzazioni varie... il Movimento 5 Stelle non è un brand, ma un progetto».
E da più parti si vocifera che l’iper-presenzialismo mediatico del Presidente della commissione parlamentare antimafia sia dovuto al tentativo di rimanere in sella a quella “casella” che, ormai da tempo, vede in lui una figura da sostituire, soprattutto dopo la sua gaffe su Jole Santelli che gli è costata una indagine per diffamazione aggravata, e l’aventino del centrodestra che per mesi non ha partecipato ai lavori della Commissione. Se a ciò si aggiunge la recente insistenza di Morra (col placet del centrodestra, tornato in antimafia) di voler audire Luca Palamara, con il netto diniego del Pd e di Italia Viva, il numero degli antimorriani dentro e fuori il M5S è in aumento.